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Il diritto costituzionale alla salute ed il sistema sanitario

di - 5 Novembre 2019
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Ora, pur ritenendo che gli orientamenti giurisprudenziali citati siano apprezzabili, in tema di risarcibilità del danno biologico e di distinzione tra esso ed il danno morale, è opportuno ricordare che non sono mancate autorevoli opinioni dottrinarie critiche su questa giurisprudenza e meritevoli di essere richiamate.
Massimo Luciani ha notato, ad esempio, che nella giurisprudenza costituzionale in materia non mancano contraddizioni[12].
Infatti, “mentre la sentenza n. 88 del 1979 aveva affermato la diretta risarcibilità del danno alla salute … la sent. n. 202 del 1981 … muovendo da una lettura assolutamente riduttiva dell’art. 32 cost … ricollegò ancora una volta il ristoro del danno subito alle conseguenze di ordine patrimoniale”.
L’autore citato ricorda anche le sent. n. 132 del 1985, 184 del 1986 e 561 del 1987.
In ogni caso, con lenta evoluzione si giunse al risultato per cui quando vengono in considerazione situazioni soggettive costituzionalmente garantite, come specificamente quella inerente alla salute, è da escludersi una scelta discrezionale del legislatore circa l’adozione di trattamenti differenziati per la tutela risarcitoria di situazioni differenti.
Infatti, la garanzia costituzionale del diritto alla salute come fondamentale non può non implicare l’obbligo del legislatore di apprestare una piena tutela risarcitoria.
Sulla base di tale argomentazione la Corte sarebbe giunta ad individuare una piena autonomia del c.d. danno biologico riconducendo la sua tutela al combinato disposto degli arti. 2043 c. c. e 32 Cost. conseguenze d’ordine patrimoniale”.
Ora, la sent. n. 184/1986 “è il primo significativo passo in questo senso… La Corte afferma che il risarcimento del danno biologico si fonda non sull’art. 2059 c. c., ma sull’art. 2043 c. c. in combinato disposto con l’art. 32 Cost. (nello stesso senso, poi, sent. n. 561 del 1987). Il risarcimento ex art. 2043 c. c. è peraltro considerato dalla Corte la più modesta delle provvidenze a tutela di un diritto così fondamentale come la salute, sicché l’eliminazione o la limitazione della tutela risarcitoria si risolverebbe in pregiudizio del diritto, pregiudizio assai grave, perché il danno alla salute incide direttamente sulla capacità del danneggiato di compiere le “attività realizzatrici della persona umana” garantite dalla Costituzione”.
E’ importante sottolineare ancora il ruolo che la Corte costituzionale è chiamata a svolgere nel controllo sulla attuazione della Costituzione da parte del legislatore ordinario.
E ancora in tal ambito essa ha ribadito nella successiva sent. n. 356 del 1991, che “la considerazione della salute come bene e valore personale, in quanto tale garantito dalla Costituzione come diritto fondamentale dell’individuo, nella sua globalità e non solo quale produttore di reddito, impone invece di prendere in considerazione il danno biologico, ai fini del risarcimento, in relazione alla integralità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attività, le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica se stessa nella propria vita: non soltanto, quindi, con riferimento alla sfera produttiva, ma anche con riferimento alla sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva e ad ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua personalità, e cioè a tutte “le attività realizzatrici della persona umana”.
È opportuno anche non tralasciare che la Cassazione ha evidenziato la poliedricità del contenuto del danno biologico, pure se con una giurisprudenza non sempre costante: il danno infatti può riguardare tanto la sfera personale del danneggiato quanto quella interpersonale, estesa cioè alle relazioni della persona offesa con i terzi.
In alcune sentenze più recenti la Corte costituzionale, pronunciandosi su alcune questioni aventi ad oggetto norme del testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, ha ulteriormente specificato “il principio costituzionale della integrale e non limitabile tutela risarcitoria del diritto alla salute.”
In tali pronunce il Giudice delle leggi ha, infatti, sottolineato la non coincidenza tra la garanzia costituzionale del diritto alla salute, che si risolve nella tutela del danno biologico in sé considerato, e la copertura assicurativa prevista dal sistema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Del resto, tale copertura assicurativa, pur non avendo ad oggetto esclusivamente il danno patrimoniale in senso stretto, non giunge a garantire il risarcimento del danno biologico nella sua integralità, poiché le indennità previste dalla legge «sono collegate e commisurate esclusivamente ai riflessi che la menomazione psico- fisica ha sulla attitudine al lavoro dell’assicurato, mentre nessun rilievo assumono gli svantaggi, le privazioni e gli ostacoli che la menomazione comporta con riferimento agli altri ambiti … in cui il soggetto svolge la sua personalità nella propria vita»[13].

Le posizioni giuridiche tutelate: la salute come libertà
L’art. 32 della Costituzione recita, come è noto e come già ricordato, “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Ordunque, da codesta disposizione costituzionale si sono enucleate, nel corso della evoluzione giurisprudenziale e dottrinale, una serie notevole di situazioni giuridiche soggettive, tra loro neppure omogenee.
Ognun vede come tale disposizione abbia costituito “la copertura costituzionale di diversi diritti” che vanno raggruppati (o ricondotti) sotto l’etichetta «diritto alla salute».
Proprio la eterogeneità delle situazioni giuridiche soggettive, “la complessità delle loro fisionomie”, nonché “la differenza dei beni oggetto di quelle”, impongono un’analisi dettagliata.
Ora, dall’articolata struttura del «diritto alla salute» si evince – come accennammo nella prima parte – “un nucleo di diritti a prestazioni positive” e “un nucleo di diritti di libertà”.
Prima di svolgere ulteriori approfondimenti sulle singole situazioni giuridiche, vale la pena ricordare brevemente le differenze sostanziali fra le due differenti strutture normative, poiché in ragione di queste ultime le prime troveranno un diverso regime di tutela (e di limiti).
I diritti di libertà (non importa, per le ragioni espresse nella prima parte, la loro diversa origine) hanno lo scopo di «costruire» attorno al loro titolare una “sfera di intangibilità”, comprendono, cioè, una serie di situazioni giuridiche che la scienza del diritto definisce «finali».
Pur dovendo sul tema ancora ricordare che la dottrina negli ultimi decenni ha cercato di ridefinire la locuzione “libertà negative”, riferita ai diritti di libertà, chiedendosi se sia ancora utilizzabile “in un ordinamento democratico-liberale a connotato sociale come il nostro”.
Orbene, affinché il titolare del lato attivo del rapporto giuridico goda delle facoltà insite nel singolo diritto di libertà non si rende necessaria alcuna “cooperazione” dal lato passivo del rapporto giuridico stesso.

Note

12.  LUCIANI, Salute, I, Diritto alla salute – Diritto costituzionale, ad vocem, in Enc. giur., XXVII, Roma, 1991.

13.  Corte cost., sent. 56/199l su tali premesse ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1916 c. c. nella parte in cui consente all’assicuratore di avvalersi, nell’esercizio del diritto di surrogazione nei confronti del terzo responsabile, anche delle somme da questi dovute all’assicurato a titolo di risarcimento del danno biologico. v. anche Corte cost., sent. 485/1991 (su cui v. G. Bianco, Corte Costituzionale e danno biologico:incontri vieppiù ravvicinati, in Foro It., 1993, n. 1, cit), cit., con cui la Corte ha dichiarato l’illegittimità degli artt. 10, commi 6 e 7, e 11, commi I e 2, del d. P. R. 1124/1965, nella parte in cui prevede che il lavoratore infortunato o i suoi aventi causa hanno diritto, nei confronti delle persone civilmente responsabili per il reato da cui l’infortunio è derivato, al risarcimento del danno biologico non collegato alla perdita o riduzione della capacità lavorativa generica solo se e solo nella misura in cui il danno risarcibile, complessivamente considerato, superi l’ammontare delle indennità corrisposte dall’INAIL. In tema v. anche Corte cost., sent. 87/1991, cit., in cui la Corte ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, e 74 del d. P. R. 1124/1965 che il Pretore di Torino aveva sollevato nella parte in cui non prevedono il risarcimento del danno biologico patito dal lavoratore nello svolgimento e a causa delle proprie mansioni. Con riguardo ad un caso di “danno biologico da morte”, in cui la Corte ha escluso che, qualora stata morte immediata della persona offesa, possa aversi risarcibilità del danno biologico iure hereditario, dal momento che vita e salute sono beni giuridici diversi, oggetto di diritti distinti, sicché la lesione dell’integrità fisica con esito letale non può considerarsi una semplice sotto ipotesi di lesione alla salute in senso proprio, la quale implica la permanenza in vita del leso con menomazioni invalidanti” v. Corte cost., sent. 372/1994. Analogamente si è espressa la Cass. Con le sentt. nn. 106281/1995 e 4910 del 1996, la quale applicando i principi della Corte cost., ha ribadito come il diritto alla salute e il diritto alla vita siano da considerare «ontologicamente diversi, con la conseguenza che la lesione del secondo non genera una lesione del primo» (Cass. n. 7975/1997). v. pure A. De Cupis, Il diritto alla salute tra Cassazione e Corte Costituzionale, in Giur. Civ, 1980, I, 534 e G. Alpa, Danno biologico e diritto alla salute davanti alla Corte Costituzionale, in Giur. It., 1980, I, 1, 9 ss.).

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