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Il diritto costituzionale alla salute ed il sistema sanitario

di - 5 Novembre 2019
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L’autorizzazione è un provvedimento abilitativo semplice che ha un unico oggetto: i requisiti igienico-sanitari della struttura[20].
Il sistema del d.lgs. n. 502 del 1992 ha subito riforme volte a contenerne i costi in ragione delle note vicende connesse alla crisi finanziaria e dei debiti sovrani.
Si introducono, sul piano programmatorio, con varie disposizioni in leggi finanziarie (può citarsi, fra le altre disposizioni, l’art. 8 quinquies del d.lgs. n. 229 del 1999), tetti di spesa, e limiti quantitativi e tipologici, alle prestazioni erogabili a carico della finanza pubblica[21].
Il tetto di spesa non è complessivo ma è riferito a ciascuna struttura sanitaria pubblica e privata accreditata.
La libertà di scelta – a questo punto – non è una libertà sull’an e sul contenuto della prestazione ma è conformata dall’atto programmatorio della Regione.
La programmazione limita il libero mercato ai fini della razionalizzazione e del contenimento della spesa pubblica.
La finalità della pianificazione, in conclusione, è prevalentemente finanziaria[22].
Il ritorno della discrezionalità è chiarissimo, ma essa opera sul piano programmatorio generale e non degli atti amministrativi puntuali.
Il D.P.R. 14 gennaio 1997 poi ha tipizzato le strutture sanitarie:

  1. Strutture di ricovero;
  2. strutture specialistiche in regime ambulatoriale ;
  3. strutture in regime residenziale.

Gli accreditamenti sono funzionali alle esigenze programmatorie delle regioni e dello Stato, ne consegue, in ragione della esistenza di scelte politiche di conformazione di questo ambito di mercato, che l’accreditamento diviene nuovamente un interesse legittimo e non un diritto soggettivo[23].
Con il d.lgs. n. 229 del 1999 all’autorizzazione (per l’esercizio di attività sanitarie) ed all’accreditamento (per l’esercizio per conto del SSN) si sono affiancanti gli accordi contrattuali (per l’esercizio a carico del SSN).
Per gli studi odontoiatrici rilevante è la questione dell’individuazione dei requisiti della “particolare complessità” e del “rischio per il paziente” che implicano la sottoposizione alla procedura autorizzativa e che sono requisiti sui quali non sussiste una chiara normativa secondaria, ciò tuttavia non ha impedito alla giurisprudenza di definire la portata dell’obbligo autorizzatorio.
Va ricordato che per T.a.r. Veneto, sez. III, 14-07-2016, n. 822 : “ai sensi dell’art. 8 ter, 2° comma, d.leg. n. 502/1992, sono soggetti ad autorizzazione «gli studi odontoiatrici attrezzati per compiere procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente», di talché deve ritenersi legittimo il diniego di autorizzazione adottato nei confronti di uno studio odontoiatrico, qualora venga accertato che l’attività svolta, lungi dall’essere circoscritta alla mera igiene dentale, comprenda lo svolgimento di attività invasive e pericolose in quanto riconducibili alle cure canalari, alle devitalizzazioni, alle estrazioni dentarie e agli interventi di piccola chirurgia ambulatoriale e che lo stesso titolare, ripetutamente sollecitato dalle autorità sanitarie ad adeguare le studio ai requisiti prestazionali e strutturali richiesti dalla normativa di settore, non si sia mai conformato, tenendo atteggiamenti inerti o dilatori.
Per T.a.r. Veneto, sez. III, 25-06-2015, n. 730: “È legittima la diffida all’esercizio di attività sanitaria di studio odontoiatrico, con la presenza di apparecchiatura di radiodiagnostica, senza l’autorizzazione di cui alla l.reg. Veneto n. 22 del 2002, in quanto l’art. 8 ter d.leg. n. 502 del 1992 dispone che sono soggetti ad autorizzazione gli studi odontoiatrici attrezzati per compiere procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente, nonché per le strutture esclusivamente dedicate ad attività diagnostiche, svolte anche a favore di soggetti terzi, nel caso di specie la presenza di tale apparecchiatura costituisce un elemento che esclude che lo studio sia dedicato esclusivamente all’igiene orale o alle normali operazioni volte a conservare il buono stato dell’apparato dentale”.
Va ricordata altresì Corte cost., 29-04-2010, n. 150 secondo cui “È incostituzionale l’art. 3 l.reg. Puglia 23 dicembre 2008 n. 45, nella parte in cui esclude il regime dell’autorizzazione per gli studi medici privati o studi odontoiatrici privati, organizzati in forma singola o associata, in quanto studi professionali o gabinetti medici non aperti al pubblico.
Ancora: per Corte cost., 08-07-2010, n. 245, “È incostituzionale l’art. 1, 1º comma, l.reg. Abruzzo 26 settembre 2009 n. 19, nella parte in cui esonera dall’autorizzazione allo svolgimento dell’attività gli studi privati medici e odontoiatrici che non intendono chiedere l’accreditamento istituzionale, in relazione agli art. 8, 4º comma, e 8 ter d.leg. 30 dicembre 1992 n. 502, secondo i quali «gli studi medici e odontoiatrici ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente» devono essere autorizzati, previa verifica del possesso dei requisiti fissati dal d.p.r. 14 gennaio 1997, recante l’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private, emanato d’intesa con la conferenza Stato-regioni”.
La giurisprudenza ha quindi generalizzato l’obbligo dell’autorizzazione, escludendovi solo studi professionali odontoiatrici nei quali si pratica l’igiene dentale e poco più.

Conclusioni
L’excursus storico ed interpretativo compiuto cerca di dare conto dell’intreccio che in questa materia si verifica fra diritto costituzionale e diritto amministrativo, fra tutela degli assistiti e problematiche dell’organizzazione del servizio, sicché non è possibile comprendere un piano della disciplina senza tener conto dell’altro.
Il diritto alla salute rivela quindi la sua poliedricità e complessità, ma anche la sua centralità nel definire un modello di società insieme liberale e sociale, improntata al mercato ma con una forte presenza della sfera pubblica, rispettosa dei vincoli finanziari ma anche consapevole che un nucleo minimo del diritto fondamentale deve essere difeso a tutta oltranza dall’ordinamento nei suoi diversi livelli di governo e nelle diverse espressioni del potere pubblico (legislativo esecutivo e giudiziario) che concorrono alla sua protezione.

Note

20.  Tar Lombardia Sez. III n. 4246 del 2009.

21.  Per una ricostruzione del sistema della programmazione cfr. Corte Cost. n. 200 del 2005.

22.  CdS Ad. Plen. n. 3 del 2012.

23.  CdS V n. 1989 del 2008.

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