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Il diritto costituzionale alla salute ed il sistema sanitario

di - 5 Novembre 2019
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Emerge che la crescente attenzione, pur giustificata, nei confronti dei problemi di efficienza delle imprese sanitarie e della c.d. industria della salute possa mettere in ombra e fare apparire meno importante e rilevante la riflessione sul contributo che il sistema sanitario deve dare al miglioramento dei livelli di salute della collettività ed alla capacità di rispondere ai mutevoli bisogni della popolazione.
Un eccesso di attenzione al problema dell’efficienza del servizio mette in ombra la questione veramente centrale della sua efficacia, quest’ultimo tema si lega al tema della valutazione delle perfomance che il diritto amministrativo degli ultimi anni ha dimenticato per preferire un approccio basato sulla prevenzione della corruzione, approccio contenuto nelle leggi anticorruzione alle quali è legata la soppressione degli organismi che originariamente si dovevano preoccupare, in vari ambiti gestionali, dell’elaborazione degli indici misuratori delle performance.
Mi chiedo se non debba riprendersi il filo delle valutazioni dell’efficienza, senza trascurare gli approcci legati all’azione di contrasto, in termini general-preventivi, della corruzione amministrativa.
D’altra parte nelle valutazioni di efficienza, da riprendersi, senza trascurare i vincoli di bilancio, occorre, nel sistema sanitario, guardarsi dalla pur diffusa e criticabile convinzione che sia possibile applicare alla sanità modelli di analisi, valutazione e controllo che sono propri di altri settori produttivi, sperimentati nelle realtà delle imprese private di produzione e scambio di beni.
Del pari ingenuo è l’approccio che pensa di importare nel settore sanitario capacità manageriali acquisite in settori diversi da quelli della produzione di beni e servizi destinati alla persona umana.
Il servizio sanitario presenta delle peculiarità e complessità tali da rendere difficile la trasposizione di teorie, modelli e strategie, sicché occorre che gli economisti si specializzino nel settore dell’economia sanitaria ossia conoscano l’oggetto peculiare dell’impresa il cui modello vanno a studiare a fini regolativi.
Nel servizio sanitario centrale è la destinazione del servizio alla persona umana.
Ulteriore dato importante è che il servizio per essere universale e connotato da dominanza pubblicistica – fatto che non comporta per nulla l’esclusione o la marginalizzazione della c.d. sanità privata ma solo la costruzione di modelli di funzionalizzazione della stessa all’interesse pubblico – deve essere , prevalentemente , a carico della fiscalità generale e non dei singoli assistiti che, occorre non dimenticarlo, sono persone che si trovano in peculiari difficoltà e stati di bisogno, legati alla presenza della malattia.
Resta fermo e vero che l’approccio economico può contribuire sensibilmente al progresso dell’organizzazione e delle pratiche del settore sanitario ed è comunque indispensabile in un periodo connotato dal progressivo contenimento della spesa sanitaria e da profondi processi di trasformazione della pubblica amministrazione.
Resta ferma altresì la fatica delle decisioni quotidiane da prendere nel sistema.
Ogni operatore sanitario lo sa: quanto tempo dedicare ai propri pazienti e quanto agli informatori farmaceutici, quanto all’anamnesi e quanto agli accertamenti diagnostici, quanto all’attesa degli eventi di fronte ad una patologia cronica e quanto all’intervento immediato e di che tipo, quanto tempo dedicare all’aggiornamento professionale e quanto ai convegni, quanto privilegiare prodotti monouso e quanto prodotti riutilizzabili ed, in questo secondo caso, con quali cautele igienico-sanitarie.
Tutte valutazioni complesse, relative alla preparazione professionale ed all’approccio terapeutico, rese ancor più tali dalla natura probabilistica della indagine sui nessi causali tipica del lavoro medico-diagnostico e terapeutico.
Il settore sanitario è uno dei settori più complessi dell’intera economia, per livelli di specializzazione, innovazione scientifica, incertezza ed imprevedibilità, asimmetrie informative e da ultimo, per la posta in gioco la salute umana.
Ciò spiega la inevitabile presenza del diritto – e del diritto amministrativo in particolare – in questa materia.
Molte di queste tematiche tuttavia riguardano la deontologia medica.
Nonostante questo, in chiave generale, esse hanno anche una cornice giuridica nella quale devono essere inscritte.
Ciò che si vuol dire e che sono altresì possibili risposte (o quantomeno abbozzi di risposte) a questi complessi problemi che si sono appena accennati proprio a partire dalla Costituzione, risposte basate sull’approfondimento della nozione tecnico-giuridica di diritto alla salute.

Il diritto alla salute
A fronte di questi fenomeni va, in sostanza, sempre ricordato che il diritto alla salute costituisce un diritto fondamentale, inviolabile, avente un nucleo minimo collegato alla dignità umana.
La realizzazione di tale diritto, costituzionalmente tutelato, richiede una cooperazione sul piano culturale fra diversi attori sociali, ivi compreso il mondo della giurisdizione, che deve farsi più consapevole delle specifiche difficoltà, anche organizzative, delle professioni sanitarie ed altresì sul piano politico e sociale, un continuo affinamento delle scelte organizzative e gestionali, che sappia mantenere alti i livelli del servizio erogato pur in una realtà di risorse finanziarie scarse ed ormai decrescenti.
Una conferma circa la natura fondamentale di tale diritto si trova nell’orientamento della Suprema Corte di Cassazione (sezione lavoro; ordinanza, 03-04-2019, n. 9272), secondo cui l’erogazione gratuita di una terapia a carico del servizio sanitario nazionale presuppone che il giudice di merito abbia verificato l’appropriatezza e l’efficacia della terapia.
Per la Cassazione, “In tema di cure tempestive non erogabili dal servizio pubblico, il diritto alla fruizione di prestazioni sanitarie a carico del servizio sanitario nazionale deve essere riconosciuto contemperando l’elevato livello di protezione della salute umana, garantito dalla Costituzione e dall’art. 35 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con i condizionamenti derivanti dalle risorse finanziarie di cui lo Stato dispone per organizzare il servizio sanitario in favore di un numero quanto più ampio possibile di fruitori, dovendo dunque essere accertato sulla base dei seguenti criteri: a) le prestazioni richieste devono presentare, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, validate da parte della comunità scientifica; b) l’appropriatezza, che impone che vi sia corrispondenza tra la patologia e il trattamento secondo un criterio di stretta necessità, tale da conseguire il migliore risultato terapeutico con la minore incidenza sulla qualità della vita del paziente; c) l’economicità nell’impiego delle risorse, che richiede di valutare la presenza di altre forme di assistenza, meno costose ma di efficacia comparabile, volte a soddisfare le medesime esigenze ed erogabili dalle strutture pubbliche o convenzionate (nella specie, la Suprema corte ha confermato la sentenza che aveva escluso il diritto del ricorrente all’erogazione gratuita della terapia Dikul, o Ric, una terapia d riabilitazione motoria inventata da un trapezista vittima di problemi neurodegenerativi, basandosi sulle risultanze peritali, le quali avevano escluso sia la presenza di evidenze scientifiche atte a comprovare una maggiore efficacia oggettiva di tale metodo riabilitativo rispetto ai trattamenti Asl, sia che tale metodo avesse in concreto apportato al ricorrente benefici apprezzabilmente migliori rispetto a quelli ottenibili dal servizio sanitario nazionale).

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