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Diritto di asilo, competenza dell’Unione, responsabilità degli Stati membri: i fallimenti del c.d. sistema “Dublino”

di - 10 Luglio 2015
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Completata la prima fase, è stata avviata una riflessione critica che ha evidenziato i limiti dei risultati raggiunti, specie sul piano di un effettivo livellamento tra gli ordinamenti.
L’impegno di “costruire l’Europa dell’asilo” è ribadito dal Consiglio nel patto europeo sull’immigrazione e l’asilo, del 24 settembre 2008. Da un lato, il documento ribadisce l’idea che la concessione della protezione e dello status di rifugiato è un potere proprio degli Stati membri. Dall’altro, però, auspica l’introduzione di una procedura unica in materia di asilo, che preveda garanzie comuni ed uno status uniforme per i rifugiati e per coloro che hanno diritto alla protezione sussidiaria
Con il Programma di Stoccolma, approvato nel dicembre 2009 dal Consiglio europeo [16], i capi di Stato e di Governo si sono impegnati ad adottare una procedura comune in materia di asilo e uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale. L’obiettivo finale è quello di assicurare che casi simili siano trattati allo stesso modo e con lo stesso risultato quale che sia lo Stato, nel quale è presentata la domanda.
Sulla scorta di questi indirizzi, nell’esercizio delle competenze normative attribuite dall’art. 78, par. 2, del trattato di Lisbona[17], il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno dunque adottato nuovi atti normativi. In particolare, la nuova direttiva qualifiche del 13 dicembre 2011, dir. 2011/95/UE, recepita in Italia con il decreto legislativo 21 febbraio 2014, n. 18; la nuova direttiva accoglienza e la nuova direttiva procedure entrambe del 26 giugno 2013, dir. 2013/33/UE e dir. 2013/32/UE, il cui recepimento in Italia è previsto dalla legge di delegazione europea relativa al secondo semestre 2013, l. 7 ottobre 2014, n. 154; il regolamento Dublino III Reg. (UE) n. 604/2013 del 26 giugno 2013, che ha sostituito il Reg. Dublino II  a partire dal 1° gennaio 2014.
Per completezza, vanno ancora ricordati il nuovo regolamento EURODAC, che disciplina l’archiviazione delle impronte digitali, rendendone possibile il confronto ai fini dell’applicazione del Regolamento Dublino, reg. (UE) n. 603/2013 del 26 giugno 2013 ed il regolamento EASO che istituisce l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo, allo scopo di rafforzare la cooperazione pratica in materia di asilo, favorendo lo scambio di informazioni e di prassi tra i Paesi membri, Reg. (UE) n. 439/2010 del 19 maggio 2010.

Natura della competenza normativa dell’Unione in materia di asilo e ruolo degli Stati membri. Il settore della protezione di quanti cercano nel territorio europeo un rifugio contro le persecuzioni e la violenza è dunque disciplinato dettagliatamente da fonti del diritto europeo derivato.
Rispetto a tale complesso di atti normativi, azioni e strumenti di varia natura, adottati dagli organi dell’Unione, si pongono due questioni, di ordine giuridico.
Per il principio di attribuzione[18], è necessario, in primo luogo, individuare la base giuridica che autorizza l’Unione ad adottare misure in questa materia.
Secondo quanto già detto nel paragrafo precedente, la base giuridica è agevolmente rintracciabile nei già citati articoli 3, par. 2 del TUE e 67, par. 2 e 78 del TFUE, sicuramente idonei a conferire all’Unione una competenza per agire in questa materia.
Più complesso è il secondo problema, che consiste nell’individuare il tipo di competenza attribuita in questa materia all’Unione.
E’ noto, infatti, che l’art. 2 del TFUE definisce più categorie di competenze dell’Unione, ognuna delle quali presenta caratteristiche diverse. A seconda dell’efficacia degli atti che l’Unione ha il potere di adottare e del rapporto tra competenza degli Stati membri e competenza dell’Unione, questa può essere esclusiva o concorrente. Inoltre la competenza può essere del tipo individuato dall’art. 2, par. 5 del TFUE, ovvero di sostegno, coordinamento o completamento dell’azione degli Stati membri.  Infine, e precisamente nei casi elencati dall’art. 5 del TFUE, può essere di mero orientamento per il coordinamento delle politiche degli Stati membri.
La materia dell’asilo è inquadrata dalle stesse fonti europee in quella della realizzazione di uno “spazio di libertà, sicurezza e giustizia”, che è materia di competenza concorrente, secondo l’art. 4 del TFUE. Ciò comporta che, nel settore, sia gli Stati membri che l’Unione possono esercitare i propri poteri.
Tuttavia, gli spazi regolatori,  lasciati alla discrezionalità degli Stati membri da una disciplina di rango europeo notevolmente dettagliata[19], sono molto ridotti. Essi riguardano, più che altro, il versante della tutela giurisdizionale. Questo è coperto dal principio dell’autonomia processuale degli Stati membri[20], che è però temperato dall’obbligo, imposto agli Stati,  di soddisfare i criteri di un ricorso effettivo, ribaditi – anche in questa materia – dalla Corte europea dei diritti dell’uomo[21].
Il carattere denso e dettagliato della disciplina normativa europea, in materia di sistema comune europeo di asilo, ritaglia dunque alle amministrazioni degli Stati membri un ruolo di mera esecuzione del diritto dell’Unione, secondo lo schema dell’amministrazione indiretta[22].
D’altro canto, però, la materia della protezione internazionale intercetta materie e si intreccia con interessi, che attengono alla sfera più intima della sovranità nazionale.
Intercetta, in primo luogo, la materia della regolazione dei flussi immigratori, rimessa per intero alla competenza degli Stati membri dall’art. 79 par. 5, quella dell’integrazione, nella quale l’art. 79, par. 4  TFUE attribuisce all’Unione una limitata competenza di incentivazione e sostegno dell’azione degli Stati membri[23].
Si intreccia con gli interessi pubblici alla sicurezza e all’ordine pubblico, connessi con ogni fenomeno migratorio, interessi primari che lo stesso art. 4 TUE affida alla cura esclusiva dell’ente Stato.
Si intreccia inoltre con l’interesse all’integrità territoriale, cui è strumentale il diritto di controllare l’ingresso degli stranieri nei propri confini, riconosciuto come proprio degli Stati da una giurisprudenza costante della stessa Corte EDU[24]. A questo si aggiunga il fatto che la normativa vigente comunque affida alle autorità nazionali territorialmente competenti la concreta realizzazione dei controlli all’ingresso e all’uscita delle frontiere esterne dell’Unione[25].

Note

16.  E’ dedicato alla politica di immigrazione e di asilo il capitolo VI, intitolato “Un’Europa all’insegna della responsabilità, della solidarietà e del partenariato in materia di immigrazione e di asilo”.

17.  La competenza che il trattato di Lisbona attribuisce in questa materia al Parlamento ed al Consiglio non ha semplicemente ad oggetto la adozione di “norme minime”, bensì la creazione di un sistema comune che comporti status e procedure uniformi.

18.  L’individuazione delle norme idonee a conferire all’Unione la competenza ad agire in materia è necessaria secondo il principio di attribuzione, enunciato dall’art. 5, par. 2 del TUE, “l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti”.

19.  Sulla evoluzione della normativa europea in materia di asilo, vedi, anche per altri ampi riferimenti bibliografici: m. di filippo, il sistema europeo comune di asilo, in Immigrazione, diritto e diritti: profili internazionalistici ed europei, a cura di  a. calamia, m. di filippo, m. gestri, Padova, 2012, p. 242 ss. e e. benedetti, Il diritto di asilo e la protezione dei rifugiati nell’ordinamento comunitario dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, Padova, 2010, p. 101 ss.

20.  Un’analisi comparata tra la disciplina dell’asilo in Francia, Irlanda, Malta, Regno Unito e Polonia in www.asiloineuropa.it  . L’analisi dimostra appunto come le principali divergenze tra i sistemi degli Stati indagati riguardino appunto il versante processuale.

21.  Nella sentenza 26 aprile 2007, Gebremedhin c. Francia (n. 25389/05), Corte EDU ha affermato che il ricorso avverso il rigetto della domanda di asilo deve produrre un effetto sospensivo automatico quando l’esecuzione del provvedimento di rimpatrio rischia di produrre effetti potenzialmente irreversibili contrari all’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Nelle sentenze 21 gennaio 2011, M.S.S. c. Belgio e Grecia ( n. 30696/09), par. 293 e 23 febbraio 2012, Hirsi Jamaa c. Italia (n. 27765/09), par. 197-207 la Corte EDU ha inoltre affermato che il richiedente asilo non può essere esposto al rischio del rimpatrio nel proprio paese di origine senza alcuna valutazione nel merito della propria domanda di asilo e senza avere avuto accesso ad un ricorso effettivo.

22.  L’esecuzione del diritto europeo è tradizionalmente ispirata all’idea tradizionale che affida la integrazione tra gli ordinamenti alla legislazione e che questa debba poi essere attuata dagli apparati amministrativi degli Stati membri. Idea espressa dalla nota formula di Jean Monnet, di una amministrazione che “ne fait pas, fait faire”. Se la formula dell’amministrazione indiretta è recessiva, sia rispetto a modelli che affidano l’esecuzione del diritto europeo direttamente ad apparati europei che a modelli di amministrazione integrata, in cui la funzione amministrativa è affidata ad entrambi i livelli (europeo e nazionale), su cui vedi s. cassese, Diritti amministrativi comunitari e nazionali, in trattato di diritto amministrativo europeo, a cura di m. p. chiti e g. greco, Milano, 2007, Parte generale, tomo I, p. 5 ss., tuttavia i settori nei quali il modello è applicato sono ancora numerosi, vedi p. chirulli, amministrazioni nazionali ed esecuzione del diritto europeo,  in    in corso di pubblicazione.

23.  Osserva l. daniele, immigrazione e integrazione. Il contributo dell’Unione europea, in i percorsi giuridici per l’integrazione, a cura di g. caggiano, Torino, 2014, p. 74, che la competenza dell’Unione in materia di immigrazione, pur rappresentando un quid novis rispetto alla situazione pre-Lisbona, assume un carattere molto limitato. L’Unione può soltanto incentivare e sostenere l’azione degli Stati membri, ma non può svolgere una azione autonoma che escluda a priori ovvero vada a sostituire, man mano che viene esercitata, quella degli Stati membri. Il carattere limitato della competenza europea in materia risulta inoltre ribadito e chiarito dall’ultimo inciso dell’art. 79, par. 4, che esclude “qualsiasi misura di armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri”.

24.  Vedi: Corte EDU, 28 maggio 1985, Abdulaziz, Cabales e Balkandali c. Regno Unito, § 67; Id., 21 ottobre 1997, Boujilifa c. Francia, § 42; Id., 28 febbraio 2008, Saadi c. Italia, § 124.

25.  Il problema della creazione di un corpo europeo di guardie di frontiera è stato ripetutamente discusso, vedi ad esempio la Comunicazione della Commissione europea, Verso una gestione integrata delle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea, COM (2002), del 25.2.2002. Il dibattito non ha condotto però a nessuna soluzione definitiva. L’Agenzia europea per la gestione della cooperazione (c.d. Frontex), istituita dal regolamento 2007/2004 rappresenta un primo embrionale tentativo. L’Agenzia opera alle frontiere esterne degli Stati membri dell’UE, ma non si sostituisce ad essi nel controllo delle frontiere. L’Agenzia non ha alle sue dipendenze guardie di frontiera, non dispone di mezzi di sorveglianza propri o di mezzi finanziari per acquistarli. I suoi compiti sono essenzialmente di consulenza e di coordinamento delle missioni cui partecipano congiuntamente più Stati membri. Il regolamento istitutivo di Frontex è stato poi modificato ed integrato dal regolamento 863/2007 il quale prevede che, su richiesta di uno Stato membro le cui frontiere siano interessate da un afflusso massiccio di immigrati, l’Agenzia può dispiegare una squadra di intervento rapido alle frontiere (cd RABITs) con il compito di coadiuvare l’attività delle guardie di frontiera dello Stato membro. Su quest’ultimo incombono comunque il comando e la responsabilità. Ancora il regolamento 1168/2011 ha previsto la possibilità di un distacco stabile, presso Frontex, di guardie di frontiera provenienti dagli Stati membri. La competenza e la responsabilità degli Stati membri nel controllo delle frontiere esterne, nonché nelle ricerca e nel salvataggio in mare, non sono messe in discussione neppure dallo strumento più recente introdotto dal regolamento, 22 ottobre 2013, n. 1052/2013 che istituisce il sistema europeo di sorveglianza delle frontiere (Eurosur). Lo scopo di Eurosur è quello di favorire lo scambio di informazioni e la cooperazione dei Paesi membri tra di loro e con Frontex, nonché con i Paesi terzi.

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