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Diritto di asilo, competenza dell’Unione, responsabilità degli Stati membri: i fallimenti del c.d. sistema “Dublino”

di - 10 Luglio 2015
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Tuttavia il sistema non funziona. Il primo fallimento investe il funzionamento del meccanismo della distribuzione tra gli Stati membri della competenza a trattare la domanda di asilo, che è inceppato dalle differenze che esistono tra gli Stati membri.
Il secondo è rappresentato dalla dimensione strettamente statale del riconoscimento, che non produce alcun effetto transnazionale diretto e nemmeno indiretto attraverso una disciplina di mutuo riconoscimento[11].
L’ipotesi, di cui si vuole qui vagliare l’attendibilità, è che i problemi attuali derivino, almeno in parte, dall’incompleta attuazione del sistema. Dunque da una sorta di disallineamento tra un modello astratto, che vorrebbe assegnare una dimensione europea alla funzione di riconoscimento della protezione internazionale ed al sistema di asilo, e la sua esecuzione, che ha una dimensione solo statale.

Il sistema comune europeo di asilo nei Trattati e nelle norme di diritto derivato. Il Trattato Ue assegna all’Unione vari obiettivi. Accanto a quelli tradizionali, di carattere economico, l’evoluzione del processo di integrazione europeo ha portato in primo piano il programma di conformare l’Europa come uno “spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione”[12].
L’idea, espressa nell’art. 3, par. 2 del  TUE, trova un completamento nell’art. 67, par. 2 del TFUE, che impegna l’Unione ad attuare una politica comune in materia di asilo.
Gli artt. 77, 78 e 80 TFUE indicano gli ulteriori sviluppi del progetto di “graduale realizzazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, chiedono legittimamente protezione nell’Unione europea”.
In sintesi, l’art. 77 indirizza l’Unione verso una politica volta a garantire l’assenza di ogni controllo delle persone al momento dell’attraversamento delle frontiere interne, a garantire il controllo delle frontiere esterne, ad instaurare progressivamente un sistema di controllo integrato delle frontiere esterne.
L’art. 78 prevede che l’Unione debba attuare “una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta ad offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un Paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento”.
Ancora l’art. 78,  al par.2,  autorizza Parlamento europeo ed il Consiglio a legiferare in materia, secondo la procedura legislativa ordinaria, al fine di attuare questo ambizioso obiettivo. In particolare, Parlamento e Consiglio sono abilitati a deliberare un’ampia gamma di misure, idonee a dar vita ad un sistema comune che comporti status e procedure uniformi[13].
L’art. 80 del TFUE individua nella “solidarietà” e nell’”equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati” i principi ed i criteri direttivi cui Parlamento e Consiglio devono improntare gli atti di attuazione della politica comune in materia di asilo.
Gli atti dell’Unione europea che si occupano della protezione dei cittadini dei Paesi terzi, i quali, “spinti dalle circostanze, chiedono legittimamente protezione nell’Unione europea”, sono molto numerosi. I documenti, le azioni e gli strumenti di diversa natura si sono moltiplicati, specie negli ultimi anni, al punto che l’impiego del termine “politica comune in materia di asilo” non è ingiustificato[14].
Dai documenti emerge un obiettivo molto ambizioso. La Commissione e le altre istituzioni non si prefiggono semplicemente di attuare una politica comune, ma di dar vita ad un vero e proprio “sistema comune di asilo”.
L’idea è espressa, per la prima volta, nel programma di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 e poi nel programma dell’Aia del 4 novembre 2004. Con l’approvazione dei due atti, i Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri si accordarono su di una serie di misure volte a garantire l’applicazione della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951. In ottemperanza al principio di diritto internazionale di non respingimento (non refoulement), lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia da realizzare in Europa dovrebbe essere altresì “aperto a quanti, spinti dalle circostanze, chiedono legittimamente protezione all’Unione europea”[15].
L’attuazione del sistema comune europeo di asilo avrebbe dovuto essere eseguito in due tappe successive, entro la fine del 2010.
In questa fase, sulla base del Trattato di Amsterdam, le competenze normative del Parlamento e del Consiglio sono circoscritte alla definizione di principi essenziali e regole comuni minime in materia di accoglienza dei richiedenti asilo e dello status di rifugiato.
Tali competenze hanno dato vita ad un articolato pacchetto di atti normativi, adottati con lo scopo di avvicinare le normative nazionali.
In particolare, sono stati approvati, il c.d. regolamento Dublino II (Reg. (UE) n. 343/2003, relativo alla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo; la direttiva accoglienza, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (dir. 2003/9/CE del 27 gennaio 2003 recepita dall’ordinamento italiano con il decreto legislativo 30 maggio 2005, n.140);  la direttiva procedure che disciplina il procedimento per l’attribuzione (e la revoca) dello status di rifugiato (dir. 2005/85/CE del 1° dicembre 2005 recepita con il decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25);  la direttiva qualifiche che introduce norme minime comuni sui presupposti ed i requisiti per l’attribuzione della qualifica di rifugiato e sul contenuto della protezione riconosciuta (dir. 2004/83/CE del 26 aprile 2004 recepita dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251); la direttiva protezione temporanea: in caso di afflusso massiccio di sfollati (dir. 2001/55/CE del 20 luglio 2001 recepita con il decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85).

Note

11.  Sul piano concreto ciò frustra l’aspirazione del soggetto in cerca di protezione di stabilirsi laddove l’integrazione può essere più agevole, per motivi economici o di legami familiari.

12.  Vedi, in particolare, art. 3, comma 2, TUE. La disposizione, insieme a quelle che in concreto determinano il contenuto del diritto di cittadinanza, ovvero l’insieme dei diritti riconosciuti ai cittadini degli Stati membri nei confronti dell’Unione, e poi a tutti coloro che regolarmente ed anche irregolarmente risiedono sul territorio dell’Unione, o, infine, a quanti cercano di raggiungere l’Europa per sfuggire a violenze e persecuzioni, è forse quella che meglio connota la vera e propria “mutazione genetica” della costruzione europea, avviata a partire dal Trattato di Maastricht del 17 febbraio 1992. Osserva u. villani, Riflessioni su cittadinanza europea e diritti fondamentali. In I percorsi giuridici per l’integrazione, a cura di g. caggiano, Torino, 2014, p. 19, che il riconoscimento di tali diritti segna il “passaggio dalla originaria connotazione essenzialmente economica, e mercantile, appena temperata da una sollecitudine sociale, a una entità di più ampio respiro”.

13.  L’art. 78, par. 1, TFUE autorizza Parlamento e Consiglio a deliberare, secondo la procedura legislativa ordinaria, in materia di: definizione di uno status uniforme in materia di asilo e di protezione sussidiaria; definizione di un sistema comune di protezione temporanea; procedure comuni per la concessione o la revoca dello status di rifugiato o di titolare di protezione sussidiaria; criteri e meccanismi per la individuazione dello stato competente per l’esame della domanda di asilo; norme concernenti le condizioni di accoglienza; il partenariato e la cooperazione con paesi terzi. La corrispondente previsione del TCE, art. 63, n. 1 -2, forniva una base giuridica meno ampia. Infatti non contemplava uno status uniforme di asilo “valido in tutta l’Unione”, procedure uniformi e condizioni comuni  di accoglienza, ma – più modestamente- “norme minime relative all’attribuzione della qualifica di rifugiato, sulle procedure di concessione e revoca dello status e sulle condizioni di accoglienza. Il testo più recente segna quindi un significativo passo avanti.

14.  Per rendersi conto nel numero degli atti dell’Unione dedicati alla materia è sufficiente consultare la pagine web del sito della Commissione.

15.  Cfr. 1° considerando della direttiva 2001/55/Ce del Consiglio del 20 luglio 2001 “sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi”

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