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L’orologio a cucù

di - 14 Maggio 2018
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  • 2011, art. 27 del Dlgs n. 201 del 6 dicembre, disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici.
  • 2012, art. 23 ter della legge n. 135 del 7 agosto, disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario. Ennesima reiterazione dei programmi di dismissione;
  • 2013, art. 56 bis della legge n. 98 del 9 agosto, semplificazione delle procedure in materia di trasferimenti di immobili agli enti territoriali. Trasferimento di immobili ai Comuni a titolo non oneroso;
  • 2013, art. 6 dl n. 91 dell’8 agosto, disposizioni urgenti per la realizzazione di centri di produzione artistica, nonché di musica, di danza e teatro contemporanei;
  • 2014, art. 24 del dl n. 66 del 24 aprile 2014, disposizioni in materia di locazioni e manutenzioni di immobili da parte delle pubbliche amministrazioni;
  • 2014, art 1 (comma 374) della legge n. 190 del 23 dicembre, finanziaria 2015. “il Ministero della Difesa assicura la realizzazione di introiti derivanti dalle dismissioni degli immobili in proprio uso”;
  • 2016, art. 4 (comma 3) del Dlgs n. 175 del 19 agosto, finalità perseguibili mediante l’acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche.

Bene, al di là della questione intrinseca relativa al patrimonio immobiliare della Difesa, non si può, scorrendo in rapida successione i titoli dei provvedimenti legislativi richiamati nel meritevole lavoro della Corte dei Conti, non avvertire una “comicità involontaria” nel registrare la frequenza con cui viene utilizzato dal legislatore, riferendosi al risanamento della finanza pubblica ed allo sviluppo economico, l’aggettivo “urgente”. Comicità per non dire scoramento, naturalmente, constatando l’efficacia e gli effetti concreti che tutti questi provvedimenti hanno sortito, se non sullo sviluppo complessivo del Paese, perlomeno sul processo di “valorizzazione” del patrimonio della Difesa nel giro di 22 anni.

Insomma, come tanti e tanti episodi della vita pubblica italiana, anche in questa particolare circostanza cosa emerge che una buona parte della forza lavoro attiva di questo Paese è impegnata a produrre vapore acqueo con cui alimentare ciclicamente la cosa più importante ormai da circa 30 anni a questa parte: “l’apparire”.
Poi c’è un’altra buona parte della forza lavoro impegnata anch’essa nell’immane sforzo di produrre vapore acqueo, la cui finalità è però opposta a quella per cui si adopera la prima parte della forza lavoro: disinformare l’opinione pubblica per contrastare chi è momentaneamente al potere, prendergli il posto e, finalmente in sella, cominciare a sua volta a produrre vapore della prima specie.
Il comandamento supremo, in ogni caso, è adoperarsi con tutte le forze per “non fare”.
E qui non possono non venire in mente con una certa commozione le parole di Goethe nel Faust: “in principio era l’azione”.

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