Considerazioni e divagazioni sul Correttivo al Codice degli Appalti e il Project Financing, Parte Seconda
– il piano economico e finanziario
È chiaro però che sia l’investitore che la banca hanno a questo punto degli obiettivi in comune: il raggiungimento dell’equilibrio economico in breve tempo, attraverso le attività commerciali e la gestione, e la “remunerazione” del capitale impegnato. Per valutare ex ante la perseguibilità di tali obiettivi è necessario sviluppare un vero e proprio progetto, che ha perlomeno la stessa importanza di quello tecnico-architettonico, anzi, è essenziale che vi vada a braccetto: il Piano Economico e Finanziario.
– – le sue componenti
Il PEF si compone fondamentalmente di due componenti “economiche”: i costi e i ricavi. L’intervento della variabile “tempo” nello sviluppo del PEF, fa sì che al fattore economico si aggiunga il fattore finanziario: ovvero quel complesso di elementi che sono alla base del costo del denaro e della remunerazione del suo impiego: i tassi di interesse.
– – le assumption
per non complicarci la vita, limitiamoci ad osservare un attimo le componenti economiche. Il complesso delle voci economiche alla base della costruzione di un PEF costituisce le cosiddette assumption, ed è qui che il binomio progetto tecnico-PEF comincia a diventare, o dovrebbe diventare, una integrazione fondamentale per il successo dell’operazione e nel quale si delinea il soddisfacimento, nel caso di realizzazione di un’opera pubblica, soprattutto in una concessione, degli interessi pubblici insieme a quelli privati.
Non è possibile configurare correttamente un’operazione di Partnership Pubblico Privata (che sia una concessione, un Project o un leasing) se non si parte dal principio win-win, in parole povere se una delle due parti non tenti sin dall’inizio di fregare l’altra.
– – – i costi
I costi di investimento, è elementare, costituiscono il vero anello di collegamento tra un buon progetto e un buon PEF, e sono la prima e più importante voce delle assumption, nel senso che se si sbaglia il progetto, e di conseguenza il Quadro Economico, poi non lo si riacchiappa più e l’operazione è destinata al fallimento.
I costi di esercizio sono anch’essi fondamentali, e spessissimo li si tratta in modo superficiale. I costi di esercizio non riguardano solo i costi di gestione della struttura deputata ad assicurare i ricavi di una concessione, ma anche i costi di manutenzione, adeguamento ed eventualmente rinnovo delle componenti dell’opera, che le consentano: a) di restare competitiva per tutta la durata della concessione, b) di restituirla alla PA in perfette condizioni alla fine del periodo di concessione.
– – – i ricavi
La voce ricavi, ovviamente, è altrettanto importante dei costi, in qualche modo ne costituisce una immagine speculare. Volendo, la determinazione dei ricavi è ancora più complessa di quella dei costi.
Mentre i costi infatti, soprattutto quelli di investimento, possono essere predisposti in base alla redazione di un buon progetto, la determinazione dei ricavi, in particolare quando si parla di una operazione, come una concessione, che si sviluppa nell’arco di 20, 30…50 anni, richiede una grande visione del mercato presente e degli scenari futuri dei fabbisogni della collettività. Qual è quindi la componente fondamentale in grado di inquadrare, progettare, stimare “il più correttamente possibile” il raggiungimento dei ricavi attesi (e quindi, in definitiva, il successo o il fallimento di una operazione di concessione)? Ovviamente il Piano di Gestione. E qui, tanto per fare un inciso, si torna alla debolezza atavica del Codice nel settore delle PPP, che trascura quasi completamente l’importanza della figura del Gestore, concentrandosi in modo miope sulla figura del Costruttore.
– – i tempi
Si è detto che una operazione di concessione può coprire un arco di tempo che va da 20 fino anche a 90 anni (cosa ormai rara). in questo arco di tempo il PEF deve, letteralmente, mettere in conto: il perfezionamento degli adempimenti amministrativi (variabile rischiosissima in Italia, che tiene bene alla larga gli investitori, soprattutto stranieri), lo sviluppo del progetto, la realizzazione dell’opera, l’avvio della gestione, l’entrata a regime, il raggiungimento del punto di pareggio e la gestione ordinaria.
– – i risultati attesi
La risultante finale del complesso di attività costituenti una iniziativa in concessione, così come “progettata” nelle sue componenti tecnico-economiche-contrattuali, dovrebbe, anche qui il condizionale è d’obbligo, fornire i risultati attesi secondo una logica win-win:
– – – Per la PA
l’arricchimento della propria dotazione di attrezzature ed infrastrutture con un’opera in grado di coprire le esigenze della collettività, in tempi ragionevoli e senza generare impegni finanziari nel bilancio che non siano compatibili con le previsioni di base;
– – – per il privato
il rientro dell’equity impegnato, la possibilità di onorare gli impegni assunti con la banca, con tutti i fornitori e con la PA e un adeguato guadagno in fase di gestione, dopo avere scavallato il punto di pareggio
– – – per la banca
vedere remunerato il capitale messo a disposizione nelle modalità temporali e di interesse previste nel contratto stipulato col privato e nel PEF allegato
– l’inconsistenza dell’asseverazione
Ora, considerata la delicatezza e la complessità di queste attività e la loro importanza, sin dalle prime battute del procedimento, ai fini del risultato finale, qualcuno tra gli estensori dell’ennesima versione del Codice e derivati è in grado di spiegare perché nelle procedure previste per la finanza di progetto si insiste nel liquidare tutta la prima parte con l’obbligo di un documentino privo di qualsiasi impegno futuro chiamato asseverazione? E perché la capacità di emetterlo è stata estesa a soggetti che a malapena sanno leggere ed elaborare un business plan e comunque di certo non avranno nessun ruolo nel finanziamento “vero” dell’opera?
– la banca, partner primario della SPV
La realtà è che, per chi ci si è misurato realmente, ben presto appare chiaro come, nell’ambito di una operazione i PPP o di PF, il vero azionista di maggioranza di una SPV sia proprio la banca. È la banca, che dovrà mettere la maggior parte dei soldi in un investimento, garantendosi non solo il rientro, ma anche la redditività, a sindacare sulle scelte contenute nelle assumption e nel piano di commercializzazione e gestione. Ed è la banca, infine che vuole mettere il naso anche nell’impianto legale dell’operazione, andando a fare le pulci al contratto tra il concedente ed il concessionario, magari ponendo delle pregiudiziali ai suoi contenuti che comprometto la finanziabilità dell’opera….e…quindi…non la rendono “bancabile”.