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Grecia: una tragedia del nuovo millennio

di - 23 Luglio 2015
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Pertanto, una serena valutazione degli accadimenti di cui trattasi deve tener conto del fatto che il salvataggio della Grecia, per quanto ad alto prezzo, ha ridato a tale Paese la speranza di riavvisarsi su un cammino di sostenibilità economica e di recupero produttivo, scongiurando i rischi che la sua fuoriuscita dall’Eurosistema avrebbe certamente causato anche ad altri Stati membri dell’Unione. Ciò spiega come, nelle drammatiche ore del dibattito svoltosi nell’Euro Summit del 12 luglio 2015, sulla rigidità di alcune posizioni sia prevalsa la razionalità, il buon senso, la consapevolezza di quanti hanno dichiarato di non poter immaginare un’Europa senza la Grecia[43]. È evidente come sulle motivazioni che avrebbero consigliato la Grexit ha fatto aggio l’intento di rispettare i criteri ordinatori sottesi alla costruzione della ‘moneta unica’, ai quali è riconducibile la volontà disciplinare (espressa dai Trattati) di tener ferma (tra i paesi aderenti) una compattezza sistemica che non consente la possibilità di uscite o espulsioni. Si è seguita, dunque, una linea di continuità rispetto all’impegno di Mario Draghi che, dall’inizio della sua Presidenza nella BCE, ha fatto ricorso ad interventi variegati (dalla operazioni non convenzionali al Quantitative easing) per assicurare l’irreversibilità dell’euro.
Ciò posto, nel valutare la realtà sopra descritta si dovrà tener conto della circostanza che l’attuale situazione economico finanziaria della Grecia risulta talmente deteriorata da non poter prescindere da una necessaria ristrutturazione del suo debito; ciò trova, del resto, autorevole conferma nelle indicazioni del FMI che anche di recente ha ribadito la insostenibilità di tale debito e l’esigenza di procedere all’adozione di misure conseguenti[44]. È evidente come, in prospettiva, si individuino ovvi, ulteriori condizionamenti alle opzioni degli Stati membri nell’assumere decisioni volte ad assicurare la continuità della moneta unica. In tale contesto rileva, altresì, la considerazione secondo cui ogni reale programma di riduzione dell’austerity (che oggi mortifica la popolazione ellenica) deve necessariamente raccordarsi a piani di riforme a supporto della crescita, tali cioè da consentire finalmente ai paesi in difficoltà di attrarre investimenti; piani la cui realizzazione postula, ovviamente, la modifica del patto di stabilità…vale a dire l’introduzione di un sistema disciplinare destinato ad innovare profondamente l’ordinamento europeo.

5. Venendo, quindi, ad un puntuale esame della regolazione europea in tema di recesso e/o espulsione degli Stati membri, può dirsi che le conclusioni sopra rappresentate in ordine alla soluzione del problema della Grexit trovano piena conferma nei Trattati. Ed invero, come si ebbe modo di sottolineare in passato, significativa al riguardo deve ritenersi la circostanza che, pur essendo previsto dall’art. 50 del TUE il diritto di uscita (volontaria, unilaterale o negoziata) dall’Unione europea, tale diritto non è praticabile con riguardo alla sola UME[45]; donde la nostra adesione alla tesi secondo cui «non sussistono … meccanismi del nuovo Trattato che consentano l’espulsione (uscita forzata) né dall’UE, né dall’Unione monetaria»[46].
Può ora aggiungersi che l’intero disegno normativo, ipotizzato a Maastricht, è incentrato su un principio di «non regressione», quale canone fondante di un’integrazione (tra gli Stati membri) che si propone di raggiungere livelli sempre più elevati. In tale logica costruttiva – a fronte della mancata previsione di una exit dall’Unione monetaria – l’inosservanza dei criteri disciplinari che fanno carico ai componenti dell’UME (e in particolare la non conformità alla disciplina di bilancio ed il mancato rispetto dei requisiti all’uopo previsti dalla normativa) trova compendio nel complesso delle misure (sostanzialmente sanzionatorie) di cui all’art. 126 del TFUE, le quali non prevedono l’espulsione del paese inadempiente (e, tanto meno, la possibilità di una sua fuoriuscita temporanea dall’Eurosistema). Se ne deduce la conformità della tesi interpretativa in passato formulata ai canoni normativi posti a presidio delle finalità perseguite dal regolatore europeo, anche se verosimilmente può essere considerata irrealistica una costruzione giuridica che, in presenza di situazioni estreme, esclude l’applicabilità di rimedi adeguati per la loro rimozione.
In tale logica si ritiene non proponibile l’argomentazione, apparsa sulla stampa specializzata[47], che vorrebbe rinvenire una soluzione giuridica al problema della Grexit, riconducendone la legittimità al disposto dell’art. 352 del TFUE; norma nella quale si prevede che «se un’azione dell’Unione appare necessaria, nel quadro delle politiche definite dai trattati, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai trattati senza che questi ultimi abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine, il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, adotta le disposizioni appropriate».
Al riguardo è bene precisare che la «clausola di flessibilità», quivi introdotta, essendo correlata al perseguimento delle finalità politiche dell’Unione monetaria, funziona unicamente per integrare e potenziare i meccanismi interventistici dei vertici europei (il cd. potere implicito) e non anche per ridimensionare l’area euro. Da qui la sua inapplicabilità al caso di specie, peraltro avvertita da chi ha rappresentato detta ipotesi applicativa sottolineando che secondo «gli esperti di diritto comunitario… l’articolo in questione sembra essere stato concepito… per gestire l’evoluzione del mercato interno, di cui fanno parte tutti i paesi membri»[48].
Analoga conclusione sembra prospettabile con riguardo alla possibilità di far ricorso alle previsioni normative della Convenzione di Vienna sul Diritto dei Trattati del 1969 per invocare l’applicazione dell’art 62 di quest’ultima, ravvisando nella fattispecie un mutamento di circostanze tale da costituire «motivo per porre termine al trattato o per ritirarsi da esso o meramente come motivo per sospendere l’operazione del trattato»[49]. Sul punto è il caso di far presente che l’utilizzo di tale clausola, quale fondamento di un diritto di recesso dall’UME, dovrebbe ricondurre alla crisi finanziaria il ‘mutamento di circostanze’ di cui alla disposizione in esame; interpretazione di certo estensiva rispetto alle indicazioni della dottrina che ne limita l’applicabilità in casi estremi[50]. Tale opinione è stata, del resto, confermata da una recente analisi nella quale si perviene alla conclusione che la clausola rebus sic stantibus «does not offer an easy way out of the Eurozone»[51]; conclusione che, peraltro, non contrasta con una risalente tesi nella quale si ipotizzava di poter invocare la medesima per supportare la richiesta di una revisione dei Trattati[52]!

Note

43.  Per tutti si veda l’editoriale dal titolo Romano Prodi: “Atene non uscirà dall’euro ma senza autorità federale sarà proprio l’Unione a fallire”, pubblicato dalla stampa specializzata e visionabile su http://www.repubblica.it/economia/2015/07/02/news/romano_prodi_atene_non_uscira_dall_euro_ma_senza_autorita_federale….

44.  Cfr. FMI, Greece. Preliminary Draft Debt Sustainability Analysis, cit.

45.  Cfr. CAPRIGLIONE – SEMERARO, Financial Crisis and Sovereign Debt. The European Union Between Risks and Opportunities, cit., p. 24.

46.  Cfr. MASERA, La crisi dell’eurozona e l’Italia, relazione al Convegno “Può l’Italia uscire dall’euro?”, (Fondazione Roma, 11 novembre 2011); tesi recentemente sostenuta anche da altri studiosi, v. in particolare ROSSANO, Ancora in tema di crisi dell’euro. Il caso “Grecia” …, cit, p. 14, il quale precisa: «nell’ipotesi in cui la Grecia intenda uscire dall’euro ma rimanere nell’UE, essa non avrebbe altra alternativa che concludere la procedura di exit prevista dalla normativa e avviare quella di rientro nell’Unione ai sensi dell’art. 50, ul. co., TUE»

47.  Cfr. CHIELLINO, L’opzione giuridica di Grexit, in Il Sole 24 Ore del 30 giugno 2015.

48.  Cfr. CHIELLINO, L’opzione giuridica di Grexit, cit.

49.  Cfr. PACCIONE, Il diritto di uno stato membro dell’unione europea ad abbandonare l’eurozona, in Rivista di finanza, 2013, p. 7.

50.  Cfr. tra gli altri CARON, The Legitimacy of the Collective Authority of the Security Council, in Am.J. Int. L., 1993, p. 552 ss.; DI ROSA, The Recent Wave of Arbitrations Against Argentina Under Bilateral Investment Treaties: Background and Principal Legal Issues, in Am. L. Rev., 2004, p. 41ss.; COHEN, “Undead” Wartime Cases: Stare Decisis and the Lessons of History, 84, in Tul. L. Rev., 2010, p. 957 ss.

51.  Cfr. DAMMANN, The Right to Leave The Eurozone, in Texas International Law Journal, 2013, p. 137.

52.  Ci si riferisce alla tesi che ritiene pienamente legittimo un uso siffatto della clausola rebus sic stantibus di cui art.62 della Convenzione di Vienna, per tutti cfr. ATHANASSIOS, Termination of Treaties in International Law: The Doctrines of Rebus sic Stantibus and Desuetude, in Clarendon Press, University Michigan, 1985, p.138 ss.

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