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Grecia: una tragedia del nuovo millennio

di - 23 Luglio 2015
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Nei mesi successivi all’elezione del nuovo Premier la situazione greca non cambia, anzi si assiste ad un suo peggioramento rispetto all’anno precedente[27]. La collaborazione «con i nostri amici europei», preannunciata da Tsipras, si risolve in incontri, promesse, discussioni, scadenze non rispettate e rinviate a nuova data. Un triste e doloroso peregrinare per le Cancellerie europee del Capo del Governo greco e del Ministro delle finanze Varoufakis danno contenuto al tentativo di affrontare l’emergenza di un Paese ormai prossimo al default, segnano le tappe di un cammino che agli occhi dei più appare ormai una lenta ed inevitabile agonia di tale Stato membro (la cui storia antica, per converso, si annovera tra i presidi culturali dell’Unione).
È nel giugno del 2015 che le vicende di questo tormentato Paese sembrano pervenire al loro epilogo. Nel momento in cui – con l’approssimarsi di una ennesima scadenza (il pagamento al FMI di 1,5 miliardi di euro fissato al 30 di quel mese) – Tsipras ha chiara la percezione della effettiva gravità degli accadimenti in corso, essendo ormai impossibile dilazionare ulteriormente l’accettazione delle ‘proposte’ del­l’Eurogruppo, interrompe le trattative per far ricorso ad un referendum del popolo greco, chiamato a pronunciarsi in merito a tali proposte.
Si è in presenza di una ‘mossa strategica’ certamente coerente sotto un profilo giuridico, in quanto il rinvio al voto popolare deve ritenersi conforme ad una corretta applicazione delle modalità decisionali riconosciute nei moderni sistemi democratici. A ben considerare, tuttavia, se a livello teleologico tale misura persegue il meritevole obiettivo di attestare la prevalenza della ‘sovranità nazionale’ dei paesi UE sulla logica regolatoria dei vertici europei, per converso sul piano delle concretezze appare verosimile che essa sia stata utilizzata per evitare l’assunzione di responsabilità di accordi decisamente scomodi e, dunque, per evitare le implicazioni negative che ne sarebbero derivate sulla ‘tenuta del Governo’. Tale lettura degli eventi in parola trova, del resto, conforto, vuoi nel giudizio negativo al riguardo espresso dagli esponenti dell’eurogruppo e dalla stampa specializzata[28], vuoi dai discordanti tratti comportamentali di Tsipras, il quale dopo aver sostenuto con clamore la linea dura di un «no» alle condizioni imposte dall’Europa, immediatamente dopo la vittoria di questa parte referendaria «ha cambiato direzione, e forte del sostegno delle opposizioni al suo governo, sollecitate dal capo dello Stato, ha proposto ai creditori un piano di riforme più duro di quello che gli stessi creditori gli avevano proposto prima del referendum», riuscendo ad ottenere dal Parlamento l’approvazione dello stesso[29].
È stata, quindi, scritta una pagina della storia europea che di certo non brilla per chiarezza politica, per rispetto delle regole democratiche, per le ripercussioni sulla definizione delle sorti future dell’EU. Rinviando al prossimo paragrafo la trattazione del problema di una possibile fuoriuscita della Grecia dall’Eurosistema, va qui sottolineato come le vicende dianzi richiamate evidenziano, in primo luogo, le criticità di un sistema europeo poco coeso. Ed invero, alla più assoluta carenza di solidarietà dimostrata da alcuni Stati membri (la cui disponibilità a fare concessioni si è fermata dinanzi alla richiesta ellenica di ristrutturazione del debito)[30] fa riscontro la furbesca reazione di un ‘audace’ politico greco il quale non si preoccupa di provocare una crisi identitaria nel partito che lo ha eletto, essendo intenzionato a perseguire un disegno strategico forse predefinito (del quale fanno parte gli ‘ammiccamenti’ al Premier russo Putin e la piena consapevolezza che gli Stati Uniti d’America sono estremamente interessati alla conservazione degli attuali equilibri geopolitici del Mediterraneo).
Sotto altro profilo, si è assistito ad un’indebita intromissione da parte di esponenti politici europei (ci si riferisce, in particolare, alla petizione del Presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz) che attestano una palese ingerenza negli affari di un Paese sovrano[31]; nel contempo, si è registrata l’ipotesi di un’operazione di ‘aiuti umanitari’ nei confronti di uno Stato membro, dalla quale emergono la estrema fragilità di tale componente dell’UE e, più in generale, la possibilità che processi di disgregazione inficino una costruzione la cui compattezza fino a questo momento era sembrata fuori discussione[32].
Da ultimo, la conseguenza degli eventi in esame che maggiormente rileva è la necessaria presa d’atto che, al presente, nell’Unione esistono ancora differenze socio politiche, economico finanziarie e culturali tali da far ritenere improbabile una soluzione, in tempi brevi, degli annosi problemi che affliggono alcuni Stati membri e la Grecia in particolare. Ancora una volta l’unico rimedio proponibile sembra essere quello della «unificazione politica»; peraltro, le vicende dianzi analizzate razionalmente conducono alla sua esclusione … salvo a confidare in un paradossale processo reattivo all’odierna tragedia greca in grado di trasformare in realtà un mero wishful thinking.

4. Le vicende greche – dopo il coagulo del consenso parlamentare ellenico sulle ‘proposte di riforma’ presentate da Tsipras – incontrano il momento più difficile della loro travagliata storia allorché vengono sottoposte al giudizio critico dei Governi dei paesi dell’EU. La mancanza di fiducia nei confronti di tale Stato – riconducibile alla sua linea comportamentale segnata dall’assunzione di impegni (in occasione di pregressi salvataggi) poi non mantenuti – è al centro del dibattito sotteso alla decisione riguardante le modalità d’intervento. Il riferimento all’ambiguità della politica di Syriza diviene, in tale contesto, ulteriore elemento di pregiudizio, in quanto consolida l’opinione relativa alla scarsa affidabilità della Grecia ed induce ad ipotizzare una prospettiva di nuove ‘perdite’ a carico dell’Unione[33]. Un’ampia parte dell’UE sembra intenzionata a non voler intrattenere ulteriori rapporti con un Paese che – prescindendo dalla ‘questione umanitaria’ delle disperate condizioni di vita di molta parte della sua popolazione – con il ricorso al referendum popolare ha dimostrato di voler sottrarsi alle proprie responsabilità, affidando ad un gioco d’azzardo la ‘partita’ della sua permanenza nell’Europa.
Le varie tesi, di cui sono portatori gli opposti schieramenti, convergono sulla dibattuta questione di una possibile Grexit. Da qui la riproposizione di una problematica già affrontata in passato dalla dottrina, ma oggi riproposta in modalità nuove, sulle quali è opportuno soffermare l’analisi, avendo riguardo sia alle indicazioni desumibili dai Trattati, sia alle gravi implicazioni sistemiche che possono derivare dalla soluzione adottata. A livello politico si assiste ad uno scontro tra gli Stati membri dal quale emergono tutte le antinomie del processo d’integrazione europea: da taluni atteggiamenti di dura intransigenza (che confermano la mancanza di coesione e di solidarietà all’interno dell’UE), alle contraddizioni dello storico partenariato tra Germania e Francia, alla poca valenza dell’attività di mediazione svolta da paesi ritenuti passibili di ‘contagio’, al carattere nazionale delle democrazie europee (talora non ancora adeguatamente integrate all’interno dei singoli Stati).

Note

27.  Cfr. HATZIS, Greece needs broader structural reforms than Syriza has proposed, pubblicato su The New York Times in data 29 gennaio 2015 e reperibile su http://www.nytimes.com/roomfordebate/2015/01/27/can-greeces-anti-austeritygovernment-succeed/greece-needs-broader-structural-reforms-than-syriza-has-proposed

28.  Significative, al riguardo, sono le parole di Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, « la Grecia ha interrotto …(il programma di aiuti) e sta sottoponendo l’ipotesi del referendum al popolo greco con una opinione negativa, cosa che noi consideriamo scorretta», cfr. l’editoriale Grecia: Eurogruppo dice no a proroga aiuti fino a referendum visionabile su www.ilvelino.it/it/article/2015/06/27/grecia-eurogruppo-dice-no-a-proroga-aiuti-fino-a-referendum/ a0465 ; v. altresì MAURO, La tragedia europea in scena ad Atene, in laRepubblica del 7 luglio 2015.

29.  Cfr. FERRARI, Grecia, l’audacia di Tsipras, in Corriere della sera del 11 luglio 2015, visionabile su www.corriere.it/economia/15_luglio_11/grecia-l-audacia-tsipras-ab93028c-27a6-11e5-ab65-6757d01b480d.shtml

30.  Vengono al riguardo in considerazione il diniego da parte dell’Eurogruppo alla richiesta di proroga degli aiuti fino al referendum, nonché la sua indifferenza di fronte alla chiusura delle banche e la dura posizione della BCE di mantenere la linea di credito straordinaria ELA (Emergency Liquidity Assistance) al livello di 89 miliardi di euro (nella gran parte utilizzati dalla banca centrale ellenica alla data del referendum).

31.  Tale notizia è visionabile sulla stampa, in particolare v. http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=11&pg=

32.  Cfr. D’ARGENIO, Cibo e farmaci ai greci, piano aiuti umanitari prima volta nell’UE, in laRepubblica del 7 luglio 2015.

33.  Nell’analisi di D. Gros, la differenza tra il quasi-default greco e altri simultaneamente in corso (come quello della colonia statunitense di Porto Rico) è nel fatto di avere creditori quasi esclusivamente ufficiali (istituzioni e altri paesi della UE). Ciò renderebbe l’azzardo politico più remunerativo rispetto a quanto si verificherebbe verso creditori privati, e prefigurerebbe ulteriori richieste e perdite per il futuro (“The key political difference is not austerity, but the fact that Greece’s debt is mainly to official creditors, who are ideal targets for political pressure.”); cfr. GROS, The meaning of a referendum: Austerity and sovereignty, reperibile su http://www.voxeu.org/article/meaning-referendum-austerity-and-sovereignty.

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