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Grecia: una tragedia del nuovo millennio

di - 23 Luglio 2015
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I contrasti evidenziatisi nel momento in cui l’eurogruppo ed il Consiglio europeo avrebbero dovuto procedere al vaglio del ‘programma di riforme’ presentato dalla Grecia dimostrano che l’Europa non ha forse conseguito ancora un adeguato grado di maturità politica (i.e. la capacità di valutare le situazioni con necessario distacco emozionale, di evitare l’affermazione di tesi predefinite evidenziando un’effettiva disponibilità all’incontro, al compromesso relazionale) quale ci si sarebbe potuto (e dovuto) aspettare dopo oltre mezzo secolo dalla costituzione della Comunità. L’UE si presenta divisa e, come è stato puntualmente sottolineato, non in grado di superare «l’ortodossia dei tecnocrati e negoziare un processo per conciliare i legittimi imperativi di 28 democrazie nazionali»[34].
Ed invero, a fondamento del provocatorio progetto presentato in detta sede dal tedesco Schäuble di far uscire la Grecia dall’eurozona per cinque anni (progetto di cui ha dato notizia la stampa specializzata, ma privo di qualsivoglia riferibilità ai Trattati) si intravede – con rammarico – una posizione rancorosa (forse a causa dei diverbi in precedenza avuti da tale Ministro con il collega greco Varoufakis, il quale ha definito «terroristi» i creditori del suo Paese) o, quanto meno, l’intento di infliggere una punizione (rectius: un’umiliazione), da utilizzare alla stregua di temibile ‘gogna’, con ovvi effetti deterrenti, nei confronti di chi ha demeritato[35]. Di contro, si registra la responsabile opposizione a tale proposta di alcuni Stati (Francia, Italia) e della stessa Commissione UE, realisticamente preoccupati per le ripercussioni negative sulla stabilità della moneta unica dell’eventuale affermazione della medesima; laddove un atteggiamento silente della Cancelliera Merkel (presumibilmente a conoscenza del disegno di Schäuble e di certo consapevole dei rischi dallo stesso derivanti all’Unione) denota la prioritaria preoccupazione di quest’ultima a non perdere il consenso politico di un elettorato ormai favorevole (in un’altissima percentuale) alla linea del rigore.
Emerge una realtà europea nella quale, a tacer d’altro, la decisione politica è riferibile in via prevalente alla Germania (supportata da paesi satelliti nord-europei, anch’essi assertori di una incondizionata austerity). Si individuano, altresì, le conseguenze della pericolosa «continuità della linea egemone» di tale Stato, incurante della «fine» dell’euro, quale ipotizzabile tappa terminale del processo di disgregazione europea causato dalle richieste tedesche volte a conformare a rigore l’agere degli Stati membri; richieste avvertite alla stregua di imposizioni e come negatorie della sovranità nazionale, donde il fiorire dei movimenti populisti che da tale stato di cose traggono linfa vitale. È evidente come la miopia politica (o, forse, una logica di ipotizzata superiorità dovuta all’incidenza del sonderweg sul processo formativo della democrazia tedesca) riesca, nella fattispecie, a far aggio sulla razionalità e, dunque, su una equilibrata valutazione dei fatti in osservazione; ciò col risultato di un sempre più diffuso convincimento che la Germania si propone come arbitro unico delle sorti dell’Europa, laddove di certo l’ideale europeo non può identificarsi e confondersi con il trionfo di un indesiderato pangermanesimo[36].
Si comprende, pertanto, il clima drammatico nel quale si sono svolti i negoziati che si sono conclusi con un accordo in cui prevale la volontà di tener fermo il principio dell’irreversibilità dell’euro, fondamento della costruzione dell’UME. Il salvataggio della Grecia viene subordinato all’accettazione da parte di quest’ultima di dure condizioni (con scadenze strettissime e procedure molto stringenti) nella realizzazione di riforme, considerate necessarie al fine di «ricostruire la fiducia» con le autorità di tale Paese, indispensabile presupposto per dar corso ad «un nuovo programma del meccanismo europeo di stabilità (MES)»[37]. Detto accordo prevede, altresì, la adozione di un «programma di privatizzazione», propedeutico alla costituzione di «un fondo indipendente» destinato a monetizzare le attività greche di valore, misura garantistica gestita «sotto la sorveglianza delle pertinenti istituzioni europee» e destinata ad operare sulla base di «un quadro legislativo .. (idoneo a )… garantire procedure trasparenti e …prezzi adeguati per la vendita delle attività»[38]. Da ultimo, si chiede al Governo greco di «modernizzare e rafforzare in maniera significativa l’amministrazione» per «la creazione di capacità» e per scopi di depoliticizzazione; intervento che si lega al riesame, in vista di un’azione di modifica, della «legislazione introdotta in contrasto con l’accordo del 20 febbraio retrocedendo dagli impegni del precedente programma».
L’identificazione dei menzionati «requisiti minimi» richiesti dall’accordo «per avviare negoziati con le autorità greche», si accompagna alla previsione di un ritorno della Troika (BCE, FMI e Commissione UE) il cui controllo si configura preordinato a svolgere un ruolo che, andando oltre la mera «assistenza tecnica», sembra quello di una funzione guida «per migliorare l’attuazione ed il controllo del programma»[39]. Di certo, questo è l’aspetto più sacrificale delle misure in parola; è il dettame impositivo che maggiormente fa avvertire all’osservatore la sensazione che, per quanto obiettivamente giustificabili, i rimedi ipotizzati in sede europea incidono sulle prerogative di uno Stato sovrano, ponendosi a fondamento di critiche volte a denunciare l’insostenibilità del modello ordinatorio a base dell’Unione[40].
Alla luce di quanto precede si comprende la ragione per cui i contenuti dell’accordo testé esaminato e le modalità con cui è si pervenuti al loro perfezionamento sono stati valutati prevalentemente in chiave negatoria delle libertà che dovrebbero connotare un regime democratico. Ed invero, a fronte di giudizi che ne riconducono l’essenza ad un vero e proprio ultimatum ad un «Alexis Tsipras … andato a Canossa coprendosi la testa di cenere e accettando di capitolare di fronte a tutte le richieste dei creditori»[41], altri sottolineano come la Grecia abbia «cessato di esistere come Stato indipendente … (laddove) … i greci … (sono) … trattati da minori cui è interdetta la gestione dei propri affari»[42].
Indubbiamente si è in presenza di un contesto decisionale caratterizzato da dure prescrizioni dalle quali deriveranno «devastanti sacrifici» a carico della popolazione greca e, come si è detto, una sostanziale limitazione della sovranità dello Stato greco!  Tuttavia, l’analisi non può essere circoscritta in tale ambito, non può omettersi di considerare che gli eventi odierni sono conseguenza di una pregressa, continuata violazione delle regole e delle raccomandazioni europee, laddove il rispetto di queste ultime costituisce un’ineludibile esigenza per assicurare stabilità all’Unione e prospettive di crescita dei suoi membri in linea con le finalità perseguite dai Trattati che disciplinano il processo d’integrazione economica all’interno dell’UE.

Note

34.  Cfr. GARTON ASH, Quel conflitto tra democrazie che ancora divide l’Europa, in laRepubblica del 10 Luglio 2015.

35.  Cfr. l’editoriale Schäuble ipotizza un’uscita della Grecia dall’euro per 5 anni, pubblicato su IlSole24Ore del 11 luglio 2015, visionabile su http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-07-11/stampa-tedesca-schaeuble-propone-grexit-5-anni-182534.shtml.

36.  Cfr. al riguardo l’editoriale di RICCI, La vera tragedia europea è la Germania, visionabile su www.repubblica.it/economia/rubriche/eurobarometro/2015/07/13/news, ove si sottolinea «l’isolamento culturale, ideologico in cui vive la maggior potenza del continente… (legata).. ad una immagine della realtà europea fasulla, in cui, ad esempio, i tedeschi appaiono quelli che finanziano i debiti greci, anche se, pro capite, il contribuente tedesco ha versato esattamente quanto quello italiano».

37.  Cfr. EURO SUMMIT del 12 luglio 2015, p. 2 ss ove si rinviene la dettagliata elencazione delle riforme che, in tempi brevissimi, la Grecia dovrà attuare (dalla semplificazione del regime dell’IVA, alla sostenibilità del regime pensionistico, all’attuazione del Trattato sulla stabilità, alla revisione delle procedure del sistema di giustizia civile, ecc.), accompagnate dall’impegno formale del Governo greco ad adottare un ‘calendario’ soddisfacente per le realizzazioni programmate.

38.  Cfr. EURO SUMMIT del 12 luglio 2015, cit. p. 4.

39.  Cfr. EURO SUMMIT del 12 luglio 2015, cit. p. 5.

40.  Fra i tanti studi meritevole di particolare segnalazione sembra essere quello di SAVONA, Grexit. Il “J’accuse”, Soveria Mannelli (Catanzaro), 2015.

41.  Cfr. CERRITELLI, I pericoli sottovalutati dell’Europa dei diktat, in Il Sole 24 Ore del 13 luglio 2015.

42.  Cfr. CARACCIOLO, Il protettorato in maschera, in la Repubblica del 14 luglio 2015.

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