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Deleuze ed il diritto comico (e tragico)

di - 18 Ottobre 2021
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La legislazione moderna non è ben dipinta da queste caratteristiche deleuziane del diritto?
Credo che sia innegabile.
Alla luce di quelle coordinate il diritto francese basato sulla legge è il peggiore di tutti i diritti, il diritto tedesco è migliore conta più sulle istituzioni governanti che sulle leggi, il diritto inglese è il migliore, tratta di costumi e convenzioni senza pretese di totalità.
Si può mettere una chiosa : il diritto italiano è di struttura francese, ma con singolarità che ne fanno un diritto estremamente frammentato e non certo di cartesiana chiarezza.
La  visione di Deleuze è di un conformismo ascetico.
Il diritto è nella sua filosofia un fenomeno crudele.
Per una filosofia senza psicotropi.
Egli vede legge, giustizia, contratto come concetti abusati dai filosofi umanisti ma come concetti privi di fondamento (è nichilista).
Ma vede anche terrore, forza e violenza, paura come psicotropi usati da chi vuole usare il potere vedendo l’umanità come immondizia.
L’umanità non è un tesoro e non è immondizia.
Egli propone un nichilismo attivo, non fare compromessi, la vita stessa non li tollera.
I nichilisti attivi sono creatori. I giuristi sono i creatori più grandi.

Tradotto nel  linguaggio giuridico di interesse per i giudici può stabilirsi qualche ulteriore concreto corollario (deleuziano nell’ispirazione):
Non temere troppo i contrasti giurisprudenziali, sono un segno di vitalità.
La prevedibilità della giurisprudenza è certo un valore, il ritorno all’ordine gerarchico in magistratura no.
Le Plenarie e le Sezioni Unite ci devono dare sintesi possibili, soluzioni proiettate nel futuro,  non ossificazioni dell’esperienza che si pongano con l’autorità insita nella logica degli eterni.

Ultime battute per il lettore che abbia avuto la pazienza di seguirci fin qui.
Massimo Luciani ha analizzato la questione del chaos (Dal chaos all’ordine e ritorno in Liber amicorum Dabì Napoli 2019) portato dalla modernità globalizzata che mette in crisi la statualità con considerazioni che vanno ricordate in questo quadro (pur non occupandosi di Deleuze).
Lo sganciamento della téchne dal topos  –  ci ha detto Massimo Luciani – segna ancora una volta la vittoria del più forte.
Ma tale vittoria è effimera essa –  segna il pericolo al ritorno ad un chaos informe (l’uniformità della globalizzazione è insostenibile e la tutela mutlivello si risolve nella sua pretesa di giurisdizionalizzare la protezione dei diritti nella amputazione – ormai evidente dei diritti sociali) se non si accompagna alla protezione della dimensione concreta territoriale (aggiungerei plurale  leggendo Luciani alla luce di Deleuze che, pur avversando la statualità come società disciplinare criticata da Foucault – cerca nuove forme di ordine giuridico nelle interconnessioni plurali) della vita (e così si delinea la pensabilità di una forma di globalizzazione sostenibile che si faccia carico della logica del topos e della necessità della politica legata al territorio).

Questo è da decidere in futuro, quasi a guisa di rifondazione del politico legato alla metamorfosi degli Stati (non alla loro scomparsa) analizzata da Geminello Preterossi (Ciò che resta della democrazia Roma Bari 2015).

Ogni decisione alla fine è infondata eppure va presa; Cacciari (Icone della Legge riportato nel saggio citato di de Sutter ) pensa che questo sia il tragico in Kafka.
Ma non è proprio questo tragico ad essere in conclusione comico ossia così evidentemente inadeguato da suscitare ilarità?
Un sottofondo ilare ha ogni esame e rivalutazione  del fondamento anarchico del liberismo e del liberismo (che pure se ne differenzia).
E’ questa l’attualità inattuale di Deleuze.

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