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Diritto negoziale della crisi d’impresa e prospettive di riforma dell’amministrazione straordinaria

di - 9 Luglio 2010
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13. – Si è posto in chiaro come i limiti razionali e operativi della modalità negoziale nella amministrazione straordinaria siano dipendenti dalla scelta ordinamentale di apprestare tutela, in occasione della crisi della grande impresa, a interessi e valori ulteriori e anche incompatibili rispetto al credito.
Nondimeno, un apposito principio direttivo [48] è dedicato alla previsione di adeguate forme di tutela di creditori e di terzi, compatibili con le esigenze di celerità della procedura.
L’apparente contraddizione svanisce considerando che la limitazione della modalità negoziale non è corrispondente, per necessità logica, alla compressione della tutela dell’interesse creditorio. La prima è infatti meramente strumentale all’affermazione del secondo. Pertanto, la limitazione dell’autonomia non determina necessariamente una corrispondente compressione della tutela. Ciò accadrebbe se essa fosse modalità esclusiva, ma non anche se essa fosse – come è nel caso della amministrazione straordinaria – una tra le possibili modalità.
Proprio su questa base è stato possibile sostenere che l’interesse creditorio trovi tutela primaria anche nella amministrazione straordinaria: nelle forme non della autotutela ma della eterotutela (amministrativa e giudiziaria).
Ma è facile denunciare il carattere finzionistico del ragionamento: giacché l’interesse patrimoniale dell’impresa difficilmente può ricevere effettiva tutela a prescindere dalla attivazione in tal senso dell’impresa stessa, quale portatrice dell’interesse asseritamene protetto.
Dovrebbe allora ammettersi che un’adeguata forma di tutela dell’interesse dei creditori in un contesto che ne prevede la compressione e il relativo sacrificio (a vantaggio di altri interessi preferiti) è ravvisabile soprattutto nel rigore con cui la legge futura disegnerà le modalità attuative degli obbiettivi di sistema.
In altri termini, in un simile contesto la migliore tutela dell’interesse dei creditori coincide, in ampia misura,  con la giustificazione obbiettiva della sua compressione (e del suo sacrificio); e dunque con il perseguimento effettivo degli interessi promossi dalla legge quale condizione di legittimazione del sacrificio del credito.
Le modalità attuative degli interessi preferiti, sintetizzati nell’obbiettivo finale della conservazione dell’impresa (attraverso operazioni semplici o composte di ristrutturazione, cessione e affitto del patrimonio aziendale), si individuano nei contenuti e nelle finalità del programma  approvato dal ministero e nel tempo massimo per la realizzazione dello stesso.
Maggiore sarà il rigore della legge sui contenuti del programma (che dovrebbero strettamente attenersi all’obbiettivo conservativo, costituendone diretta modalità realizzativa) e sui termini concessi per la realizzazione del piano (che dovrebbero prevedersi in misura adeguata, ossia nella misura ragionevolmente necessaria alla realizzazione degli obbiettivi, e non in più ampia e ingiustificata misura), maggiore potrà dirsi la tutela dei creditori: certamente sacrificata alla realizzazione dell’interesse superiore, ma negli stretti limiti di ragionevolezza che impongono l’abbandono dello sterile tentativo e la conversione della amministrazione straordinaria in fallimento ogni qual volta al sacrificio dell’interesse creditorio non possa corrispondere una effettiva promozione degli interessi potenzialmente configgenti e connessi alla conservazione dell’organizzazione d’impresa.

Materiale collegato: Atto Camera n. 1741 (XVI Legislatura)

Note

48.   Cfr. art. 1, comma 4, lett. l)  AC 1741.

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