L’Unione bancaria e il possibile impatto dei nuovi strumenti di risoluzione delle crisi: un’analisi empirica (*)
La direttiva BRRD e il regolamento SRM presentano quindi una gamma di interventi possibili per permettere la ricapitalizzazione di una banca in difficoltà:
Lo strumento principale di ricapitalizzazione è rappresentato dal bail-in, che si applica alle passività sopramenzionate;
– L’Art. 27(5) SRM[31] permette poi al SRB di esentare in circostanze eccezionali in tutto o in parte dal bail-in alcune categorie di creditori di cui all’Art. 17 SRM.[32]
– L’Art. 27(9) SRM[33] prevede in casi eccezionali la possibilità di un intervento pubblico previa applicazione del bail-in a tutti i crediti assoggettabili ad eccetto dei depositi e previo ricorso al Fondo di risoluzione per il 5% delle passività totali (ad esempio, è solo in questo ambito che può essere fatto ricorso all’ESM);
– L’Art. 37(10) BRRD prevede poi in caso di crisi sistemica la possibilità di fare ricorso a strumenti pubblici di stabilizzazione[34] a condizione di assoggettare a bail-in l’8% delle passività totali e di rispettare le norme applicabili sugli Aiuti di stato.
– L’Art. 18(4)(d) prevede la possibilità di concedere garanzie pubbliche – senza che questo comporti l’apertura della procedura di risoluzione e quindi del bail in – per l’accesso a linee di liquidità di una banca centrale o per l’emissione di nuovo debito, a condizione che la banca sia solvibile e che soddisfi i requisiti per l’autorizzazione bancaria, in primo luogo in termini di requisiti minimi di capitale. La Comunicazione della Commissione europea prevede però anche in questo caso che debbano prima contribuire alle perdite (cd. burden sharing) tutti gli strumenti di capitale e di debito subordinato. La Comunicazione peraltro prevede la possibilità di non applicare il burden sharing nei casi in cui quest’ultimo darebbe luogo a risultati sproporzionati o a instabilità finanziaria. Infine, l’art. 18(4)(d) prevede anche la possibilità di fare ricorso a fondi pubblici senza l’apertura della procedura di risoluzione per fare fronte a necessità di ricapitalizzazione (cd capital shortfall) individuate in seguito a esercizi di valutazione dei bilanci (revisione della qualità degli attivi o Asset Quality Review e prove di resistenza, o stress test), a condizione di essere coerenti con la disciplina sugli aiuti di Stato.
4. Analisi empirica sull’applicazione del bail-in
L’obiettivo di questo capitolo è di valutare empiricamente gli effetti delle misure del bail-in sui gruppi bancari italiani.[35] I gruppi bancari sono stati classificati in tre gruppi a seconda delle loro dimensioni per rifletterne le differenze nella struttura del passivo (piccola, media, grande). Il loro bilancio è stato riordinato secondo le previsioni della normativa BBRD e SRM sul bail-in.
I dati sulle obbligazioni garantite (escluse dal bail-in), non disponibili nella banca dati dell’ABI, sono stati estratti dalla banca dati Dealogic. I dati sulla distribuzione dei depositi garantiti sono stati reperiti attraverso il Fondo interbancario di tutela dei depositi.
Al fine di valutare l’impatto del bail-in sui vari detentori di passività bancarie, è stato necessario formulare ipotesi sull’ammontare di depositi superiori ai 100.000 euro detenuti da persone fisiche o piccole e medie imprese, dato non disponibile agli autori. Questo ammontare è stato ipotizzato essere pari al 25% del totale dei depositi verso la clientela.[36]
La Figura 1 mostra la struttura del passivo dei gruppi bancari italiani a fine 2013, riclassificata secondo le previsioni della BBRD e SRM. Le passività sono riportate in percentuale del totale passivo e in base alla sequenza con la quale sarebbero coinvolte nell’applicazione del bail-in. Tutte le percentuali rappresentano il valore medio delle passività delle banche incluse nei rispettivi gruppi.
Leggendo il grafico dal basso verso l’alto, le passività disponibili per assorbire perdite (quindi soggette al bail-in dopo l’azzeramento del capitale CET1) sono: il capitale aggiuntivo di primo livello (AT1), il capitale di secondo livello (Tier 2) e i debiti subordinati. In seguito verrebbe assoggettato a bail-in l’aggregato comprendente: obbligazioni non garantite, depositi interbancari con scadenza residua sopra i sette giorni e depositi di larghe imprese superiori ai 100.000 euro. Nella Figura 1 tale aggregato è delineato da una linea spezzata, per evidenziare che le passività che lo compongono sarebbero colpite dal bail-in simultaneamente e pro-quota. In seguito, sarebbe assoggettata al bail-in la categoria dei depositi delle piccole e medie imprese e delle persone fisiche sopra i 100.000 euro. Infine, il Fondo di garanzia dei depositi sarebbe chiamato a contribuire alla ricapitalizzazione della banca. Poiché nel grafico viene mostrato l’intero passivo, l’ultimo rettangolo in alto rappresenta la categoria residuale contenente le passività esenti dall’applicazione del bail-in.[37]
Dalla Figura 1 si osserva la differente struttura del passivo tra banche italiane di grande, media e piccola dimensione. Le banche di piccola dimensione presentano un ammontare più elevato di depositi sotto i 100.000 euro, quindi garantiti dal Fondo, ed un livello medio più elevato di capitalizzazione.
Per le banche di grande dimensione gli strumenti relativi a capitale di migliore qualità, strumenti ibridi e prestiti subordinati rappresentano quasi l’8% del passivo, mentre per le banche medie e piccole essi sono pari rispettivamente all’8,2% e al 10,2% del passivo.
Come visto sopra nel capitolo 3, il Fondo di risoluzione potrà intervenire dopo che l’8% del totale del passivo sarà stato assoggettato alla procedura di bail-in o comunque dopo che l’intero capitale e debito subordinato sarà assoggettato a bail-in qualora superiore all’8% del totale passivo. In Italia in media tutte le banche raggiungono (o sono molto vicine a raggiungere nel caso delle banche grandi) la soglia dell’8% con il capitale e i debiti subordinati; sarebbe quindi in linea di principio possibile permettere l’intervento del Fondo di risoluzione senza imporre il bail-in ad altre categorie di creditori.
Note
31. Corrispondente all’Art. 44(3) BRRD. ↑
32. D’altra parte, il rispetto del principio secondo il quale nessun creditore può essere svantaggiato rispetto alle normali procedure di insolvenza (no creditor worse off than insolvency) potrà necessitare il ricorso al Fondo di risoluzione per compensare i creditori che per effetto dell’applicazione di questa previsione subiscano un trattamento peggiore di quello che avrebbero subito in caso di procedura ordinaria di liquidazione. ↑
33. Corrispondente all’Art. 44(7) BRRD. ↑
34. Descritti agli articoli da 56 a 58 BRRD. ↑
35. L’archivio statistico contenente i dati di bilancio alla data di dicembre 2013 è stato reso disponibile dalla Associazione bancaria italiana per gli scopi di questa analisi. I gruppi bancari italiani controllati da una banca estera sono stati esclusi da questa analisi. ↑
36. Tale ipotesi è analoga a quella formulata in un recente studio della Commissione europea sulla materia. ↑
37. Per il momento, in attesa del regolamento attuativo della Commissione europea, tale aggregato comprende anche tutte le passività in derivati. ↑