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Semplificare, semplificazione

di - 23 Aprile 2015
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6. Ma, appena varcata la soglia della localizzazione, le complessità ed i conflitti di interessi striscianti esplodono. Vengono affrontati qui in ordine logico, non temporale, né procedimentale.
Si deve fermare l’attenzione anzitutto sul committente, la pubblica amministrazione. “Pubblica amministrazione” è un’espressione generica, che individua un gran numero di soggetti, organismi e apparati “non-privati”, ma, appunto, pubblici, in termini generali al servizio della collettività. Questi organismi sono profondamente disomogenei. Si va dai comuni con meno di mille abitanti alle metropoli, dagli asili alle Università, dalle comunità montane alle autorità portuali etc. etc.
Nel loro sterminato numero, essi hanno forse due soli elementi in comune. Il primo è che hanno tutti e sempre bisogno di infrastrutture di ogni genere e specie, strade, acquedotti, porti, reti ferroviarie, ospedali. In una società che vive, tutto invecchia, persone e cose; tutto deve essere rinnovato, adeguato a nuove tecnologie. Insomma, occorre sempre in senso lato costruire.
Il secondo – cruciale per il tema di cui qui si tratta – è che sono tutti persone giuridiche. Questo è un dato, di fatto e di diritto, assolutamente pacifico. Significa in concreto che questi enti, persone giuridiche appunto, vivono ed operano attraverso “figure” (usiamo deliberatamente questo termine, del tutto anodino) radicalmente diverse: persone fisiche. È altrettanto pacifico, al punto da passare inosservato – ed inesplorato in profondità nelle sue difficili articolazioni – che Tizio, nato in un tal giorno, residente in un tal luogo, ratione muneris diventa il responsabile di …, l’addetto a … di una data amministrazione: dunque, nell’esercizio della funzione assegnatagli da altre persone fisiche, a loro volta investite di un munus ad hoc, diventa ed esprime o concorre ad esprimere l’amministrazione A, B, o C.
La domanda è chiara: chi, e come, opera e provvede in tema di infrastrutture? Qui esplodono le contraddizioni e la complessità[6].
Lo scopo ideale, da sempre perseguito, di qualsiasi soluzione è che gli amministratori dei soggetti pubblici siano in grado di scegliere il meglio del mercato, al miglior costo. In un certo senso a priori nessuno però si fida degli amministratori, lasciando loro il compito di negoziare, valutare, decidere. Da lunghissimo tempo si segue il principio che, per scegliere il contraente dell’amministrazione, si deve ricorrere a procedure obiettive di valutazione e scelta: selettive insomma. Qui però succede di tutto. Bastino due esempi. Per risparmiare, il codice dei contratti (artt. 90 e segg.) prevede che la progettazione sia fatta in primis dagli uffici tecnici delle amministrazioni. Si confondono dunque i ruoli del controllore e del controllato: se gli uffici tecnici elaborano il progetto, chi lo controlla? Il progetto poi quasi mai è completo ed accurato. Un buon progetto costa, e anche molto. Così, ad un progetto completo spesso si preferisce un progetto sottilmente incompleto, ma anche meno caro. Questo riduce i costi apparenti; ma genera anche la successiva necessità di adottare le c.d. varianti, che hanno il pregio di apparire vicende autonome. Sempre per risparmiare al momento della pianificazione della spesa, nel codice dei contratti pubblici addirittura non sono previste indagini geognostiche preventive. La sorpresa geologica è in Italia quasi una costante; ma la mancata previsione di queste indagini ha anch’essa il “pregio” di spostare in avanti nel tempo una spesa, assolutamente necessaria, ma in qualche modo scomoda.

7. Sono necessarie alcune osservazioni. La prima è che l’interesse dell’amministrazione è  diverso sia da quello dei suoi fornitori e che dei suoi dipendenti[7]. L’amministrazione deve spendere “bene”, non solo “poco”, come è intuitivo (ed è confermato dalla positiva esperienza delle centrali di acquisto). In linea di massima il fornitore cerca di ottenere il prezzo più elevato o comunque per lui più conveniente.
Chi poi in concreto opera per l’amministrazione si trova a dover scegliere il bene “migliore” nell’adempimento di un dovere: categoria oscurissima, perché implica una sorta di identificazione della persona fisica nella persona giuridica, l’amministrazione, ovvero in un essere altro da sé della persona.
In termini idilliaci, chi ha questo compito dovrebbe esserne fiero ed orgoglioso per la fiducia che gli viene accordata. Nei fatti le cose non stanno così. Accanto a chi concepisce il proprio lavoro come una missione c’è sia chi lo svolge solo perché non può farne a meno, sia chi lo fa per approfittarne ed arricchirsi indebitamente. La vita e l’azione delle amministrazioni si sviluppano quindi nella cornice di un potenziale conflitto strutturale e quasi esistenziale: il dipendente dovrebbe “essere” la pubblica amministrazione, e fare proprio l’interesse di questa, quando la natura vuole che anzitutto curi il suo – eventualmente anche in danno dell’amministrazione.
Questo rende la vita difficile, perché tutti i protagonisti – amministrazioni committenti e imprese – sanno che quanto si dice e si scrive, addirittura quanto accade, può non essere vero, nel senso che può avere cause diverse da quelle apparenti. Per reagire a questo, nel nostro Paese si è istituito un sistema complessissimo di controlli, volti a prevenire e reprimere errori e tradimenti. Sembra, ahinoi, che la fiducia reciproca e l’orgoglio di “essere” l’amministrazione che agisce e opera appartengano ad un regno di sogni.

8. La conclusione è univoca. Questa complicata situazione, costituita da interessi contrastanti all’interno del soggetto che dovrebbe essere uno, l’amministrazione committente, ha conseguenze pesantissime. Per come è stata costruita nei decenni essa induce una intrinseca non linearità dei comportamenti e quindi delle decisioni. Quale forza occulta – non necessariamente illecita – ha guidato la scelta (o la non-scelta)? In una situazione generale di questo genere è logicamente impossibile pensare ad un confronto palese e leale tra interessi contrapposti, dell’amministrazione e delle imprese. Nessuno, mai, può sapere se una data scelta discende dalla valutazione del responsabile secondo il criterio enunciato o secondo un altro, taciuto.
In altri termini: in questa situazione, un agire lineare – “semplice” – è logicamente impossibile, perché non si può sapere se e dove il processo decisionale è stato piegato quel tanto che occorreva per raggiungere la scelta x anziché y.

9. Per affrontare questa difficile e frustrante situazione non ci sono molte vie da esplorare. Le amministrazioni in quanto tali possono certamente essere rimodulate secondo parametri diversi, ma, finché si parla di un regime di legalità e non di dittatura, nulla potrà mai cancellare la loro essenza di persone giuridiche. Il loro essere concreto dipende quindi dai loro amministratori e dipendenti. Essi ed essi soltanto possono rendere una data amministrazione una entità efficiente ed affidabile o amorfa ed incontrollabile.
Il personale, dunque, sta al centro del problema. E qui bisogna essere molto chiari: non è possibile, neppure pensabile, che chi lavora per l’amministrazione si assuma le responsabilità e faccia le scelte migliori e le traduca in decisioni se non sente l’orgoglio di rappresentarla, di essere la pubblica amministrazione. Ma questo orgoglio non nasce dal nulla. Nasce dalla consapevolezza di godere di una indiscussa dignità per il fatto di lavorare per l’ente A o B. Il primo passo non può essere fatto che dall’amministrazione e, a monte, dal legislatore: spetta a loro attribuire precise e crescenti responsabilità alle persone che per essa lavorano.
Questa responsabilità, con l’autonomia che la accompagna, può avere un unico tipo di controllo: la totale trasparenza. Nessun atto può essere riservato o visibile ex post. Tutto deve essere accessibile subito – “in tempo reale”, come si dice con un singolare traslato.
In altri termini, si dovrebbe pensare di organizzare diversamente il lavoro di chi si deve occupare di contratti nelle amministrazioni. Fermo restando che il ricorso a procedure selettive per la scelta dei contraenti è prescritto da fonti comunitarie, restano comunque vaste aree entro cui si devono fare valutazioni di opportunità, al servizio della pubblica amministrazione. La responsabilità di queste valutazioni – e quindi la gestione tecnico-amministrativa dei lavori, in tutte le fasi, dalla gara all’esecuzione dovrebbe essere integralmente affidata al personale tecnico ed amministrativo, in funzione dei ruoli da svolgere. Con la regola ferrea di cui si è detto: nulla può essere fatto, detto, scritto, senza che tutti lo possano immediatamente sapere. Senza mille controlli.
Tutto ciò oggi è concretamente fattibile. Da pochi mesi in Italia opera la neo-istituita Autorità Nazionale Anticorruzione. Con un recentissimo provvedimento, ad essa è stato trasferito il personale della soppressa Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici. Essa è così in grado fare moltissimo per prevenire la corruzione – non solo per cercarla e reprimerla. Potrebbe essere suo compito vigilare sul rispetto di questo essenziale valore che è la totale ed immediata trasparenza di qualunque procedimento, di qualunque atto.
Questo potrebbe restituire orgoglio nei dipendenti e fiducia nei cittadini. Se questo si facesse, nell’esercizio delle sue funzioni l’Autorità Anticorruzione avrebbe modo di vedere se il meccanismo funziona. Se funzionasse, la vita delle nostre amministrazioni comincerebbe a cambiare.

10. In questa logica si deve aggiungere qualche cosa di più. Tutti sanno che il rapporto di impiego ed in generale qualunque rapporto organico con le pubbliche amministrazioni soffre di un regime di responsabilità del dipendente e di chi si trova in un rapporto organico con esse che non ha uguali in qualunque altro rapporto organico o di lavoro. L’anomalia sta in ciò che, se, nell’esercizio delle sue funzioni, il dipendente o il titolare di un organo reca un danno all’amministrazione, il danno viene trattato come se fosse recato da un terzo estraneo, alla mo’ dell’art. 2043 cod. civ. Il dipendente, il titolare dell’organo lo deve risarcire integralmente. Non si ammette che qualunque lavoro porti con sé una inevitabile componente di rischio. Giudice di queste cause di lavoro è un giudice speciale; le sue sentenze non sono impugnabili in Cassazione.
Sembra palese – anche se controcorrente – che un sistema di questo genere ha effetti devastanti. Toglie slancio a chi lavora per l’amministrazione; è molto meno pericoloso non fare o fare il minimo possibile. Induce le persone a scelte contorte, che, per paura di conseguenze sfavorevoli, impediscono il dispiegarsi di concorsi di energie.

11. Il disegno complessivo è così chiaro. La materia delle infrastrutture, se così vogliamo chiamarla, si caratterizza per un incredibile concorso di interessi confliggenti. Due sono razionali – “semplici”: quelli dell’amministrazione e del costruttore: concorrono perché si vuole realizzare l’infrastruttura; si contrappongono sul prezzo, sulle varianti, sulle riserve. Gli altri – dei cittadini, dei dipendenti, e, per certi profili, dei costruttori – sono tendenzialmente caotici. Sono caotici quelli dei cittadini che vogliono e non vogliono l’infrastruttura; sono caotici quelli dei dipendenti, che devono volere come se fossero  l’amministrazione, senza esserlo, ma si comportano come se lo fossero quando stipulano contratti illeciti con i costruttori. E possono infine essere da un altro punto di vista caotici quelli dei costruttori, quando negoziano con l’amministrazione per recarle danno.
Tutto ciò deve essere portato a linearità – a semplicità. Poiché quanto si è rappresentato costituisce un assetto strutturale e consolidato, è ragionevole pensare che l’unico modo per cercare di raggiungere il risultato sia demolire la struttura.
Aprire porte, finestre, armadi, casseforti: questa è forse la soluzione.

 Il presente contributo fa parte della raccolta di scritti sul tema “Semplificare è possibile: come le pubbliche amministrazioni potrebbero fare pace con le imprese” – Rapporto 2015 italiadecide, il Mulino.

Note

6.  Ovviamente non si affronta qui il tema generale del rapporto organico.

7.  Basti dire che è recentissima la norma (comunitaria) che prescrive di determinare il prezzo non in base al solo costo di realizzazione, ma al costo del ciclo vitale del bene.

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