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L’esperienza dell’arbitro bancario finanziario

di - 24 Febbraio 2015
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Sul versante della giurisdizione, una nota ordinanza della Corte costituzionale (n. 218/2011) dichiara l’inammissibilità della legittimazione dell’arbitro alla proposizione di questioni di legittimità costituzionale: a) perché ne viene esclusa natura giurisdizionale; b) perché la sua pronuncia non è autenticamente decisoria, non incidendo sulla situazione giuridica delle parti (è un “responso”, nel lessico della Corte); c) perché il decidere “secondo diritto” è proprio anche di qualsiasi organismo della pubblica amministrazione. Nel menzionarla al solo scopo di ribadire la progressiva centralità dell’arbitro nel diritto vivente, mette peraltro conto fugacemente osservare: a) che non pare dubbio che l’arbitro non svolga funzioni giurisdizionali (lo preclude l’art. 102 cost.), ma l’ordinanza di rimessione del collegio di Napoli insisteva più che su questo profilo sul possibile allargamento del giudizio della Corte ad atti (es.: il parere del Consiglio di Stato nell’àmbito del ricorso straordinario al Capo dello Stato) ai quali la decisione dell’arbitro potrebbe essere assimilata; b) che altro sono gli effetti della decisione dell’arbitro (certo non esecutiva né esecutoria), altro il negare che di decisione concettualmente si tratti; c) che la pubblica amministrazione certo adotta le proprie determinazioni “secondo diritto”, ma al diverso fine dell’adozione di un provvedimento amministrativo e non di una decisione relativa a una controversia in atto. In ogni caso, il gradimento crescente all’interno della società civile di tale organismo è testimoniato da fatti “veri e non stupidi” quali il crescente incremento dei ricorsi che, nel corso del 2013, sono stati pari a 7.862, con una crescita del 39 per cento rispetto all’anno precedente. Nell’anno sono stati decisi più di 6.300 ricorsi, con un incremento di ca. 2.000 sul precedente. Il trend 2014 fa prevedere il superamento dei 10 mila ricorsi, con incrementi significativi soprattutto al sud (95 per cento di ricorsi in più rispetto al 2013).

3. Il crescente “successo” dell’organismo corre anzi (paradossalmente) il rischio di alimentare entusiasmi eccessivi e di generare distorte accezioni dei compiti che è chiamato ad assolvere. Il riferimento, neanche troppo implicito, è alla norma contenuta nell’art. 27–bis, comma 1°–quinquies, del d.l. n. 1 del 2012 e successive modificazioni nella parte in cui prevede che “ove lo ritenga necessario e motivato, il prefetto segnala all’arbitro bancario finanziario […] specifiche problematiche relative ad operazioni e servizi bancari e finanziari. La segnalazione avviene a séguito di istanza del cliente in forma riservata e dopo che il prefetto ha invitato la banca in questione, previa informativa sul merito dell’istanza, a fornire una risposta argomentata sulla meritevolezza del credito”, aggiungendo che “l’arbitro si pronuncia non oltre trenta giorni dalla segnalazione”. Non chiarissima nella forma e nei contenuti, la norma sollecita questioni interpretative tanto di rito quanto soprattutto di sostanza, segnatamente nella parte in cui, nel rimettere all’arbitro il sindacato sulla “meritevolezza di credito” del cliente, può ingenerare il sospetto dell’estensione della cognizione dell’organismo alle valutazioni imprenditoriali dell’intermediario, così determinando un non sequitur logico rispetto agli obiettivi perseguiti e legittimando improponibili aspettative sul suo àmbito di applicazione. Interpretare la norma nel senso di rimettere all’arbitro il giudizio sulla meritevolezza di credito dell’istante significherebbe infatti traslare su questi il giudizio imprenditoriale, avallando uno strabismo legislativo incompatibile con la natura dell’attività bancaria e con lo stesso diritto europeo. Negli indicati termini, l’unico significato ragionevolmente proponibile della disposizione in rassegna non può che risiedere nel più circoscritto sindacato da parte del giudicante della condotta perseguita dall’intermediario nel rapporto con il richiedente credito e dunque nella correttezza concretamente spiegata in sede di trattativa o di esecuzione del contratto, in grado di estendere il suo àmbito non solo alla tradizionale ipotesi dell’ingiustificata rottura della relazione tra i paciscenti, ma anche allo stesso clare loqui e, in particolare, alla mancata informazione circa il reale intento di concludere il contratto o di modificarlo o di recedere dallo stesso. La norma disegna un procedimento affatto singolare. Ciò consente di ritenere che la legittimazione ad agire straordinaria del prefetto possa prefigurare una fattispecie di sostituzione processuale analoga a quella regolata dall’art. 81 del codice di rito.

4. L’inedita morfologia giuridica dell’organismo ha sollecitato e sollecita continui interventi (e polemiche) sulla natura giuridica dell’arbitro: da organismo arbitrale ad arbitratore, a organo della Banca d’Italia per il perseguimento delle finalità pubbliche della vigilanza bancaria.
Il discorso può tuttavia essere impostato diversamente e scontare risposte diverse nel metodo e nei contenuti.

5. L’area di riferimento è quella della giustizia stragiudiziale. È noto che questa strutturalmente riguarda, con specifico riferimento alle controversie minori (c.d. small claims), l’allargamento della tutela dei diritti più che l’efficienza della giustizia civile. Ha tuttavia effetti di rilievo anche ai fini di un sensibile contenimento nell’imput delle controversie sottoposte al giudice togato, sollecitando forme di soluzione delle liti diverse dal ricorso al processo civile. Precursore dell’arbitro bancario finanziario è stato, nel settore di riferimento (fin dall’accordo istitutivo del 1993), l’ombudman bancario, organismo la cui matrice (dichiaratamente autopoietica) formalmente consisteva in un contratto (stipulato tra i costituenti e aperto agli altri operatori del settore) a favore di terzo (il beneficiario dell’accordo) sostanzialmente riconducibile alla tipologia negoziale prevista (e disciplinata) dagli artt. 1411 ss. c.c. Le differenze rispetto all’arbitro bancario finanziario sono, sul piano del diritto positivo, cospicue. Tralasciando quelle “minori”, basti menzionare la diversa valenza dell’accesso: libera e facoltativa (in quanto consensuale) a quello; doverosa a questo. Diversità che, naturalmente, si riflette sui conseguenti effetti (ovviamente inesistenti per il mancato esercizio di una facoltà; per converso rilevanti tanto in punto di accesso alla e di esercizio dell’attività bancaria quanto sanzionatori). Né va sottaciuto, sul piano delle tutele concretamente approntate, il diverso, più ampio perimetro della cognizione dell’arbitro non solo nell’ammontare monetario a fini risarcitori, restitutori o a qualunque altro titolo, ma soprattutto nell’attribuzione di una competenza per materia estesa all’accertamento di diritti, obblighi e facoltà, indipendentemente dal valore del rapporto al quale si riferiscono.

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