Ricorso incidentale escludente: storia di un accanimento terapeutico e tutela delle posizioni asimmetriche di carattere sostanziale
Giova a questo punto ricordare che i principi dell’economia processuale e della gradazione dell’esame delle questioni pregiudiziali e preliminari non sono lasciati alla libera scelta del giudice, perché di fatto suscettibili di influenzare la decisione nel merito. Molto spesso il gioco delle eccezioni, con funzione paralizzante, si basa proprio sulla loro natura sostanziale (es. domanda che chiede l’affermazione del diritto, eccezione che ne oppone la prescrizione). Tuttavia, per neutralizzare nel merito una domanda, le eccezioni di natura processuale sono e devono essere regolate dal codice di procedura.
Così il processo amministrativo, fino alla Plenaria del 2008, era il luogo deputato alla verifica della regolarità delle operazioni di gara, senza se e senza ma. Nella singolar tenzone processuale, tra ricorrente principale e ricorrente incidentale, entrambi illegittimamente ammessi alla gara, avrebbe prevalso comunque il supremo principio di legalità[4].
Analizzando, infatti, la prima impostazione, sposata dalla Plenaria del 2008 n. 11, l’interesse strumentale alla riedizione della gara è anch’esso un interesse legittimo ultroneo (rectius: detronizzato), a causa della constatazione dell’illegittima ammissione di entrambi i contraenti. Si è osservato, però, che a seguito dell’annullamento giurisdizionale dell’atto di ammissione e conseguente aggiudicazione, l’amministrazione sia tenuta alla adozione di una serie di attività amministrative, eventualmente e non necessariamente, satisfattive per il ricorrente vittorioso. Detto altrimenti, l’annullamento dell’ammissione alla gara della controparte ricorrente incidentale, nelle ipotesi della specie, non assolve ex se ad una specifica funzione di tutela per il ricorrente principale, ma persegue un risultato, la rinnovazione della gara, la cui concreta realizzazione resta rimessa ad un’autonoma scelta dell’amministrazione.[5].
Si ripropone, cioè, la vexata quaestio della sostanziale inutilità della tutela impugnatoria, che lascia irrisolto il profilo della attribuzione del bene della vita. Ciononostante, le motivazioni di diritto su cui si fonda la decisione del 2008, non appaiono affatto peregrine, anche se transitano su un binario squisitamente demolitorio.
Intanto il supremo principio della imparzialità e parità delle parti processuali, benché sia concetto processuale, ha un risvolto di equità, trascendente la questione specifica: “in base al principio della parità delle parti, (il giudice) non può determinare una soccombenza anche parziale in conseguenza dei criteri logici che ha seguito nell’ordine di trattazione delle questioni”[6].
Inoltre l’ordo delle questioni è soltanto un criterio di priorità che non inficia l’esame dei rispettivi ricorsi, la cui fondatezza o infondatezza involge il merito. Lapidariamente la Plenaria del 2008 però conclude per una soluzione che, ai più, appare ormai obsoleta: e cioè, che, qualunque sia il primo ricorso esaminato e ritenuto fondato (principale o incidentale), il giudice deve (dovrebbe) esaminare anche l’altro, onorando un principio di ordine superiore, quello dell’interesse strumentale di ciascuna impresa alla ripetizione della gara. Ne dovrebbe derivare l’annullamento di tutti gli atti di ammissione alla gara e, per illegittimità derivata, anche dell’aggiudicazione, con il conseguente obbligo in capo alla amministrazione di indire una nuova gara.
Il problema, lungi dall’essere squisitamente processuale, è solo di opportunità: la seconda classificata ha tutto l’interesse a sollevare l’illegittima partecipazione alla gara della aggiudicataria, anche ove la propria partecipazione fosse illegittima, al solo scopo di inficiare l’intera procedura. Si apre così la porta ad un sistema giustiziale che torna indietro di oltre un secolo: a quando, cioè, il processo amministrativo aveva una chiara impronta oggettivistica, il luogo in cui osservare con la lente di ingrandimento l’operato della pubblica amministrazione e l’interesse legittimo era l’interesse alla legittimità dell’azione amministrativa.
Un salto all’indietro poco sponsorizzabile, alla luce della ratio delle direttive appalti.
A questa lettura è stato consequenziale obiettare che, una volta accertata la illegittima partecipazione della ricorrente principale, ad essa mancherebbero i due interessi fondanti lo stesso ricorso: la titolarità di una posizione differenziata all’esercizio dell’azione (legittimazione al ricorso) e l’utilità ricavabile dall’accoglimento della domanda di annullamento (interesse al ricorso), anche prescindendo dal carattere finale o strumentale di tale vantaggio.
Del resto, sono proprio le sirene dell’ordinamento europeo ad individuare nell’annullamento giurisdizionale uno strumento di tutela di una posizione giuridica soggettiva sostanziale e non la sola strada alla riaffermazione della legalità violata. Il nuovo volto del processo nazionale sugli appalti, come ridisegnato dalle direttive, ha chiaramente una connotazione soggettiva. Nella materia degli appalti il sistema di giustizia deve garantire una tutela processuale effettiva e celere: solo chi ha una posizione sostanziale che lo legittimi ad essere parte della gara ha poi un titolo a lamentare un eventuale deficit di tutela giurisdizionale.
Si potrebbe dire che è tutta qua la materia del contendere: tra il prediligere la soluzione del “tutti a casa e si ricomincia”, a quella più opportuna (sarà così?) del lasciare in vita l’aggiudicazione, con la salvezza dell’intera procedura.
La Plenaria n. 4 del 2011 demolisce ogni speranza alla rinnovazione della gara, privando questo interesse del valore di interesse legittimo, degradandolo ad interesse di mero fatto perché privo dei crismi della attualità e concretezza: “qualora il ricorso incidentale abbia la finalità di contestare la legittimazione del ricorso principale, il suo esame assume carattere necessariamente pregiudiziale e la sua accertata fondatezza preclude al giudice l’esame nel merito delle domande proposte dal ricorrente”[7].
È innegabile che questa conclusione sia patrocinata dalla lettura, squisitamente processuale, della ratio del ricorso incidentale che si compone di due elementi: l’uno di carattere negativo, consistente nell’assenza di una lesione attuale, che altrimenti dovrebbe esser fatta valere in via principale, e l’altro di carattere positivo, concernente la lesione virtuale derivante dall’accoglimento del ricorso.
Il ricorso incidentale non ha più una natura demolitoria ma difensiva, per cui viene fatto rientrare nell’ambito delle eccezioni spettanti al controinteressato, proprio in ragione dell’esistenza del ricorso principale. Conseguentemente, ove le ragioni del controinteressato abbiano fondamento, si paralizza l’intera vicenda processuale, con salvezza delle ragioni di almeno uno dei contendenti.
Come a dire: merita di vincere chi già ha conseguito qualcosa, mentre merita di perdere colui il quale non ha nulla da conseguire.
Note
4. A.P. del 2008, n. 11: “Per definire l’ordine di trattazione del ricorso principale e di quello incidentale e quali siano i conseguenti effetti processuali, nel caso di controversia tra le due uniche imprese che siano state ammesse alla gara, ritiene l’Adunanza Plenaria che sia decisivo il principio per il quale il giudice, per essere “imparziale”, deve trattare le parti “in condizioni di parità”. Tale principio è espressamente affermato dall’art. 111, secondo comma, della Costituzione, nonché dall’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (direttamente applicabile nell’ordinamento nazionale, poiché per l’art. 6 (F) del Trattato di Maastricht, modificato dal Trattato di Amsterdam, l’Unione Europea annovera – tra i “principi generali del diritto comunitario” – “i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”). Per i principi della parità delle parti e di imparzialità, dunque, quando le due uniche imprese ammesse alla gara abbiano ciascuna impugnato l’atto di ammissione dell’altra, le scelte del giudice non possono avere rilievo decisivo sull’esito della lite, anche quando riguardino l’ordine di trattazione dei ricorsi: non si può statuire che la fondatezza del ricorso incidentale – esaminato prima – preclude l’esame di quello principale, ovvero che la fondatezza del ricorso principale – esaminato prima – preclude l’esame di quello incidentale, poiché entrambe le imprese sono titolari dell’interesse minore e strumentale all’indizione di una ulteriore gara”. ↑
5. A. Giannelli, Il revirement della Plenaria in tema di ricorsi paralizzanti nelle gare a due: le nubi si addensano sulla nozione di interesse strumentale, Dir. Proc. Amm., 2011: l’interesse strumentale identifica situazioni in cui il bene della vita non è direttamente conseguibile con l’annullamento dell’atto impugnato, ma solo ed eventualmente a seguito dell’attività amministrativa posta in essere in esecuzione della sentenza di accoglimento e di annullamento, sicché può ritenersi, quando il riesercizio del potere abbia comunque carattere discrezionale e non sia stato completamente conformato dalla pronuncia giurisdizionale, altrimenti si tratterebbe di interesse finale, che la strumentalità dell’interesse costituisce il risvolto processuale della nozione sostanziale di interesse pretensivo. La nozione di interesse strumentale ha conosciuto una notevole diffusione anche prima che si profilasse all’orizzonte il problema dei due ricorsi reciprocamente escludenti in materia di procedure ad evidenza pubblica e che l’attributo della strumentalità evoca la tensione verso un risultato diverso ed ulteriore rispetto a quello immediatamente ritraibile dall’iniziativa intrapresa dal titolare dell’interesse medesimo; nel glossario del diritto amministrativo, la strumentalità costituisce una efficace sintesi verbale per rappresentare situazioni in cui il risultato perseguito con l’impugnazione non si esaurisce nell’annullamento dell’atto. ↑