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La crisi finanziaria.
La globalizzazione tra tecnica e politica

di - 9 Gennaio 2009
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2. La nostra riflessione è sull’oggi, all’indomani dell’inizio di una crisi mondiale di cui non si riescono a cogliere le cause e di cui sono imprecisati gli effetti[4]. E muove da una constatazione: che l’integrazione avviene piuttosto rapidamente a livello di sottosistemi, ma non altrettanto a livello di sistema. Così, se il sottosistema finanziario o quello militare o scolastico tendono indubbiamente e rapidamente a una unità, il medesimo fenomeno non viaggia alla medesima velocità sul piano del sistema. Come è stato ben osservato la globalizzazione “si sta verificando, primariamente, non dal punto di vista del capitalismo, né sul piano del movimento del capitale, ma sul piano tecnologico”[5]. E’ la tecnica, che priva di limiti e sbarramenti, tende a ricondurre tutto a se stessa. Si pensi alle reti globali per cogliere come, a livello di sottosistema, non solo la globalizzazione in quel settore sia un fatto accaduto, ma come quel sottosistema sia diffuso e inarrestabile. Una tecnica, al fine, funzionale a se stessa, mezzo e scopo al tempo stesso.
3. Altrettanto sul piano economico e nel mondo delle istituzioni?
Muoviamo dal primo interrogativo.
Comunque si voglia intendere l’economia è un dato obiettivo che la fine del socialismo reale abbia determinato la vittoria del capitalismo, il suo definitivo affermarsi sulla scena mondiale. Basti riflettere sulla crescita accelerata della finanza negli ultimi vent’anni, dovuta anche all’avvenuto collegamento elettronico dei mercati, e sull’affermazione di una serie di innovazioni sia dell’economia finanziaria che della digitalizzazione. Accanto a ciò si pensi a tutti i nuovi beni (gli strumenti finanziari derivati) che hanno, oggettivamente, trasformato il mondo finanziario sino a sconvolgerlo e, soggettivamente, determinato una euforia anche in soggetti prima del tutto estranei al mondo della finanza. Non ha rappresentato uno ostacolo, da un lato, la complessità dei beni e delle operazioni, ormai superati i limiti strutturali attraverso il collegamento dei mercati finanziari, e, dall’altro lato, la paura, attraverso la fede incondizionata nella nuova finanza.

Note

4. Non si vuole, qui, mettere in discussione l’affermazione, ormai divenuta un dogma, di considerare la globalizzazione come un fenomeno monolitico, che coinvolge nazioni, territori, diritti, economie, tutti posti sullo stesso piano e destinatari dei medesimi effetti, Un fenomeno che si muove al di fuori dei luoghi, determinando una de-strutturazione dell’esistente in favore di un nuovo ordine planetario, fondato sull’assenza dei luoghi rappresentati dagli stati, dalla morte del concetto di cittadinanza e, soprattutto, dall’assenza dell’elemento temporale che quei concetti presuppone: sul punto cfr. Sassen, Territorio, autorità, diritti, Milano, 2006.

5. Severino, L’identità della follia, Milano, 2007, p. 129.

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