Imposta come home page     Aggiungi ai preferiti

 

Il processo di Vienna per la Siria: quali prospettive?

di - 19 Gennaio 2016
      Stampa Stampa      

Per quanto riguarda il contesto strategico generale, si deve osservare che fra i due schieramenti c’è un simmetria negli interessi e nelle minacce che però s’interrompe e si confonde non appena nell’equazione vengano inclusi gli Stati Uniti e gli europei.
Il regime di Damasco ha due alleati, la Russia e l’Iran, che hanno un interesse forte e genuino alla conservazione della Siria e individuano la minaccia innanzitutto nelle opposizioni radicali sunnite interne alla Siria. Queste ultime sono sostenute con un interesse ugualmente consistente da parte dei loro alleati regionali – essenzialmente l’Arabia Saudita, la Turchia e il Qatar. Questi alleati hanno nei confronti della Siria un interesse revisionista, in quanto desiderano rovesciare il regime e dare prominenza nel paese ai sunniti. Essi individuano la minaccia negli obbiettivi conservatori della parte avversa. Fin qui abbiamo perciò due schieramenti simmetrici e chiaramente contrapposti.
Dall’altra parte, gli Stati Uniti e i paesi europei, in quanto alleati degli arabi e della Turchia, sono della partita, ma la loro minaccia viene dall’ISIS piuttosto che dal regime di Damasco, dalla Russia o dall’Iran. Dunque l’alleanza fra occidente, arabi e Turchia non ha un solo nemico ma due nemici diversi. Questo le toglie grandemente efficacia. L’origine dell’ambiguità e della debolezza degli Stati Uniti e degli europei nel Processo di Vienna sta in questa loro asimmetria rispetto al conflitto e alle sue parti in presenza.
La conseguenza di questa asimmetria è che gli USA combattono militarmente l’ISIS con i bombardamenti, ma si fermano non appena si tratta di Damasco. Aiutano quei gruppi dell’opposizione siriana, come i curdi e altre frazioni minori che sono ostili ad Assad ma di fatto combattono l’ISIS. Sono estremamente selettivi e cauti nel sostegno ai gruppi siriani. Li aiutano militarmente solo nella misura in cui dirigono le loro forze contro l’ISIS. Lo stesso fanno i pochi paesi europei che hanno aderito alla coalizione anti-ISIS a guida statunitense, come l’Italia, il Regno Unito, la Francia. A conti fatti, l’interesse degli occidentali risulta molto più vivo verso l’Iraq, dove opera il grosso dell’ISIS, che non verso la Siria.
Ciò non favorisce i siriani nell’evoluzione dell’equilibrio militare nei confronti del regime e dei suoi alleati. Nel primo semestre del 2015, il regime siriano ha subìto gravi rovesci militari. L’intervento russo è stato deciso prima di tutto per evitare il collasso di Damasco. Abbiamo detto che l’obbiettivo immediato era di riequilibrare le forze in campo in modo da rilanciare l’iniziativa diplomatica con il Processo di Vienna. Nei primi tre mesi dell’intervento (l’ultimo trimestre del 2015) è stato infatti avviato il Processo, ma in verità l’appoggio aereo russo alle forze di terra di Damasco non ha cambiato significativamente l’equilibrio militare. Nel corso del gennaio ci sono stati invece successi militari importanti delle forze del regime, che da ultimo si sono posizionate per una eventuale controffensiva destinata alla riconquista della regione dell’Edlib , la regione che nei primi mesi del 2015 era stata  invece conquistata dai ribelli.
Cambierà l’equilibrio militare a favore di Damasco? Il limite di Damasco sta negli effettivi, che sono fortemente diminuiti e non trovano facilmente rimpiazzi (ci sono renitenze e diserzioni persino fra gli alawiti – il nocciolo delle forze di Assad). Tuttavia, se l’appoggio russo resterà costante e si prolungherà nel tempo si innesteranno facilmente dinamiche più favorevoli al regime e meno ai ribelli, sia a livello politico sia militare. La Russia sembra decisa a continuare nel suo appoggio. È stato calcolato negli USA che il costo nel medio termine è sopportabile malgrado le difficoltà economiche del paese.
Tuttavia, è difficile che Assad ottenga una vittoria vera e propria sui suoi numerosi e variegati avversari. È più probabile che non perda e che il conflitto si congeli. Alla base del Processo di Vienna sta un equilibrio militare statico. Se questo equilibrio dovesse restare tale – una situazione in cui nessuno vince e nessuno perde – il Processo non avrà molte speranze di successo. Il Processo di Vienna, quindi, potrebbe andare a infoltire lo scaffale delle occasioni di pace perdute, accanto ai colloqui di “Ginevra “1 e a quelli di “Ginevra 2”.

Pagine: 1 2 3 4


RICERCA

RICERCA AVANZATA


ApertaContrada.it Via Arenula, 29 – 00186 Roma – Tel: + 39 06 6990561 - Fax: +39 06 699191011 – Direttore Responsabile Filippo Satta - informativa privacy