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L’Europa e le banche. Le ‘incertezze’ del sistema italiano

di - 6 Marzo 2017
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Meritevole di considerazione mi sembra, invece, il particolare rilievo riservato, nell’opera che si presenta, all’analisi del ruolo della BCE. Correttamente si puntualizza in un contributo del volume (Lo Schiavo) che la attribuzione di compiti e poteri diretti alla nominata istituzione si giustifica per il fatto che «la creazione dell’EBA nel 2011 non era… riuscita a realizzare una diretta vigilanza prudenziale … nei confronti delle banche»; donde il riconoscimento alla stessa di competenze destinate all’esercizio di una «vigilanza bancaria conforme a standard comuni di livello elevato in tutta la zona euro», come si legge nella Relazione alla ‘Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio’[6]. Vorrei qui aggiungere solo che l’affidamento alla BCE di specifiche funzioni di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi, disposta ai sensi dell’art. 127 del TFUE, si configura in linea con l’intensa attività dalla medesima svolta nell’ultimo quinquennio, allorché ha adottato molteplici misure (i.e. le cd. operazioni non convenzionali) per la stabilizzazione dei mercati ed il supporto finanziario al settore produttivo colpito da una pesante fase recessiva[7]. Consegue la coerenza del progetto UBE con il carattere unitario del fenomeno «moneta-credito» (cui si ricollega il nesso esistente tra il governo del credito e la liquidità monetaria), in quanto la Banca centrale europea, su un piano sostanziale, ha svolto un’attività inquadrabile tra quelle che notoriamente caratterizzano l’azione propria delle banche centrali[8]. Va sottolineato, tuttavia, che – nonostante le funzioni di tale istituto risultino incardinate in uno schema di central banking[9] – l’incisività dell’impegno interventistico della BCE (spesso costretta a superare le incomprensioni e gli ingiustificati veti prospettati da alcuni Stati membri[10]) ed il processo evolutivo della stessa non consentono ad oggi di qualificarla alla stregua di una «banca centrale», come di recente ha sottolineato un autorevole studioso[11].
Del pari, va segnalata l’attenzione, dedicata da alcuni contributi del volume (Del Gatto, Macchia), al rapporto tra le autorità di supervisione e quelle di risoluzione. Viene, infatti, evidenziata la ‘separatezza’ che il regolatore europeo ha inteso disporre tra i differenti meccanismi di supervisione e di risoluzione, previa adozione di un criterio ordinatorio sulla cui osservanza è possibile, a mio avviso, sollevare dubbi in base a considerazioni di vario genere. In primo luogo, suscita perplessità l’esclusione di una partecipazione attiva della BCE dall’agere del SRM: orientano in tal senso alcune precisazioni formulate dalla nominata istituzione, la quale in proposito ha tenuto a puntualizzare che «as a supervisor, the ECB will have an important role in deciding whether a bank is failing or likely to fail»; donde la configurabilità di un chiaro intento di non voler circoscrivere il proprio ruolo nell’ambito di quello proprio di un «osservatore permanente»[12]. Venendo, poi, alla valutazione delle modalità con cui, sul piano delle concretezze, sono state tenute distinte le predette forme di controllo, appare significativa la circostanza che – a fronte del disposto dell’art. 3, comma terzo, della BRRD, nel quale viene attribuita agli Stati membri la facoltà di «prevedere in via eccezionale che l’autorità di risoluzione sia l’autorità competente per la vigilanza» – in numerosi paesi (Germania, Francia, Italia, Olanda, Irlanda) l’autorità di risoluzione coincide con quella di vigilanza[13]. Se ne deduce la volontà di tener fermi i benefici di un’organizzazione unitaria che consente lo scambio di informazioni e di esperienze pregresse, oltre alla fruizione di possibili economie di scala. Da ultimo, non può trascurarsi di considerare il ruolo primario che in subiecta materia deve essere riconosciuto alla Commissione, arbitra unica delle decisioni in materia di «aiuti di Stato», la quale – pur collocandosi al di fuori del quadro delle autorità istituzionali poste a presidio della stabilità del sistema bancario europeo – di certo con la sua azione interagisce sull’efficacia delle misure di vigilanza e/o di risoluzione, essendo ad essa rimessa la valutazione della possibilità d’interventi in deroga al divieto di concedere «aiuti… mediante risorse statali» (art. 107, comma primo, TFUE).
Alla luce di quanto precede non mi sembrano condivisibili i timori formulati in alcuni contributi (in particolare: Torchia), confermati poi nella relazione dell’avv. Capolino, in ordine alla limitata possibilità di «sottoporre a controllo giurisdizionale le decisioni e i provvedimenti». Al riguardo, reca un contributo chiarificatore la riflessione di un acuto studioso che, facendo riferimento alla natura del provvedimento, distingue i casi di fattispecie monofasica da quelli bifasica, all’uopo segnalando che, nelle ipotesi in cui il procedimento si conclude con una decisione della BCE (ad esempio: l’ autorizzazione all’accesso all’attività bancaria ovvero il controllo degli assetti proprietari), il carattere strumentale e non vincolante della «proposta formulata dalla ANC …non consente di ravvisare …(l’esistenza di) … condizioni perché l’atto possa essere impugnato davanti al giudice italiano»[14]. Pertanto, non v’è dubbio che, in presenza di tali fattispecie bifasiche, in base al disposto dell’art. 263 TFUE, che sottopone gli atti della BCE al controllo di legittimità della Corte di giustizia dell’Unione europea, è innanzi a quest’ultima che andrà invocata la tutela avverso gli effetti del provvedimento adottato dalla predetta autorità europea[15].

3. Segue: … e quello di risoluzione delle crisi.
Passando, successivamente, all’esame del complesso disciplinare relativo alla ‘gestione delle crisi’ degli appartenenti al settore, mi sembra opportuno sottolineare che l’analisi non può prescindere da adeguate valutazioni del cambiamento (registrato negli ultimi anni) delle forme di regolazione, i cui effetti appaiono ancor più rilevanti di quanto non sia dato constatare, con riguardo alle modifiche del regime normativo della supervisione bancaria.
Al riguardo, è bene aver presente che il Meccanismo unico di risoluzione delle crisi (SRM) – definito con l’approvazione, da parte del Parlamento europeo, della direttiva UE n. 2014/59 (cd. BRRD) e del regolamento UE n. 806/2014 (cd. SRM) – ha introdotto rimedi profondamente diversi da quelli adottati in passato nel nostro Paese. Si assiste, infatti ad un significativo ridimensionamento dell’intervento pubblico in subiecta materia, donde la particolarità del complesso dispositivo in parola che, come è stato sottolineato dalla dottrina, «fa pagare le perdite della banca ai suoi creditori»[16], con la conseguenza di spostare alla sfera economico patrimoniale degli stakeholders l’area d’impatto della crisi[17]. Vengono superate, dunque, le pregresse logiche di ‘socializzazione delle perdite’ (causa di frequenti ipotesi di moral hazard da parte di enti creditizi disposti alla assunzione di rischi eccessivi)[18], nonché l’applicazione del noto d.m. 27 settembre 1974, conosciuto come decreto Sindona[19]; misure rappresentative di un impianto sistemico che, in anni ormai lontani, aveva individuato nella «raccolta del risparmio» l’indiscusso cardine di una costruzione nella quale l’attività bancaria è al centro di ogni input propulsivo per la crescita economica.
Da qui il passaggio da un sistema interventistico pubblico che, sul piano delle concretezze, assicurava una ‘piena tutela’ dei risparmiatori (garantendo, al contempo, il recupero dei livelli occupazionali e dell’avviamento della banca in crisi), all’applicazione di una composita procedura che, nel riferimento alla logica del mercato, esclude l’addebito allo Stato degli effetti negativi rivenienti dai dissesti bancari, facendo ricadere questi ultimi su coloro che hanno intrattenuto relazioni di vario genere con l’ente sottoposto a risoluzione (i.e. azionisti, obbligazionisti, creditori/risparmiatori).

Note

6.  Cfr. documento COM(2012) 511, parag. n. 1.

7.  Ci si riferisce, in particolare,

8.  Cfr. Benigno, Poteri straordinari della banca centrale in un sistema di moneta fiduciaria, in Aa.Vv., La gestione della crisi. Il mercato, le imprese, la società, Padova, 2013, p. 94 ss.,

9.  Si ha riguardo, in particolare all’intervento di stabilizzazione dei mercati – annunciato da Mario Draghi al World Economic Forum il 22 gennaio 2015 – denominato Quantitative easing; misura (da annoverare tra quelle non convenzionali) consistente nell’impegno ad acquistare, sul mercato secondario, titoli di debito pubblici e privati (a partire da marzo 2015 almeno fino a settembre 2016) al ritmo di 60 miliardi di euro al mese, e comunque fino a quando il tasso di inflazione nell’ eurozona sarà tornato ad avvicinarsi al 2%.

10.  In primis della Germania, preoccupata non solo di dover finanziare senza fine il deficit degli Stati prodighi, cfr. Zingales, La scommessa di Draghi e il dovere dei governi, in Ilsole24Ore del 9 settembre 2012

11.  Cfr. Ciocca, La banca che ci manca, Roma, 2014, passim.

12.  Cfr. l’annotazione relativa al Single Resolution Mechanism, nella pagina dedicata alla Banking Union, pubblicata sul sito istituzionale www.bankingsupervision. europa.eu

13.  Con riguardo a tali opzioni si vedano i seguenti documenti: per la Germania «German government moves forward with package of measures for European ban-king unional», su www.bundesfinanzministerium. de/Content /EN /Pressemitteilungen/ 2014 /2014-07-09-package-of-measures-foreuropean–bankingunion. per l’Olanda «D NB to become national resolution authority», su www.dnb.nl /en/news/news-and-arch-ive /dnbulletin-2014/dnb309365.jsp; per l’ Irlanda «Central Bank of Ireland designated as Ireland’s National Resolution Authority», su www.centralbank.ie/ pressarea /pressreleases Pages/CentralBankofIreland-desi-gnatedasIreland’sNationalResolutionAuthority.aspx; ed infine per la Francia, paese nel quale l’autorità di risoluzione è attivata presso la banca centrale, rileva il disposto della Loi n. 2013-672 del 26 luglio 2013.

14.  Cfr. Guarracino, Le “procedure comuni” nel meccanismo di vigilanza unico sugli enti creditizi: profili sostanziali e giurisdizionali, in Riv. Trim. Dir. Econ., 2014, pp. 275-278.

15.  È appena il caso di ricordare che l’ art. 35, § 1, del Protocollo sullo statuto del sistema europeo di banche centrali e della banca centrale europea, testualmente recita: «gli atti o le omissioni della BCE sono soggetti ad esame o interpretazione da parte della Corte di giustizia nei casi ed alle condizioni stabilite dal trattato. La BCE può avviare un’azione giudiziaria nei casi ed alle condizioni stabilite dal trattato».

16.  Cfr. Stanghellini, Chi ha paura del bail-in?, visionabile su www.lavoce.info/ archives/37722/chi-ha-paura-del-bail-in.

17.  Cfr. Micossi, Relazione introduttiva al Convegno “Unione bancaria: istituti, poteri e impatti economici”, organizzato dalla LUISS School of European Political Economy, Roma, 26 febbraio 2014; v. altresì l’editoriale di Darold, dal titolo Accordo Ue su unione bancaria: da subito il 40% del fondo salva-banche sarà condiviso, apparso su ilsole24ore.it in data 20 marzo 2014.

18.  Capriglione, Regolazione europea post-crisi e prospettive di ricerca del diritto dell’economia: il difficile equilibrio tra politica e finanza, in Riv. trim dir. e proc. civ., 2016, p. 537 ss.

19.  Tale d.m. (in GU 2.10.1974, n. 256) consentiva alla Banca d’Italia di concedere anticipazioni all’1% per una durata fino a 24 mesi «ad aziende di credito che, surrogatesi ai depositanti di altre aziende di credito in liquidazione coatta», si trovavano «a dover ammortizzare, perché tutto o in parte inesigibile, la conseguente perdita nella loro esposizione»; per commenti v. Capolino, Banking Recovery and Resolution: riparto delle funzioni, compiti e responsabilità, Università di Siena 2016, nota n. 10, visionabile su www.regolazione deimercati.it /sites/default/files/Rapporto%20 Capolino%202.pdf.

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