Crisi dello Stato e riforma del Consiglio di Stato
È essenziale e inevitabile che il processo di modernizzazione istituzionale riguardi anche il Consiglio di Stato, rivedendo l’assetto organizzativo, riportando ordine in alcuni istituti giuridici, e superandone altri.
Bisogna guardarsi dal disinvestire nella giurisdizione. Questo significa impegnarsi a fornirle mezzi finanziari e risorse umane, ponendo cura alla sufficienza della dotazione finanziaria, ripensando l’autonomia di bilancio del Consiglio di Stato, e provvedendo alla completa copertura dell’organico, sia attraverso l’espletamento dei concorsi pubblici sia attraverso le nomine governative.
Il Consiglio di Stato svolge nello Stato- riguardato nel suo complesso – lo stesso ruolo che nel corpo umano è svolto dai tessuti connettivi, i quali talvolta sembrano, apparentemente, non svolgere funzioni particolarmente importanti e vitali ma in realtà assicurano la nostra integrità fisica.
Il Consiglio di Stato deve sapersi porre in relazione con tutte le istituzioni in grado di produrre soluzioni alternative alle problematiche della postmodernità.
Un ruolo centrale in questa prospettiva deve essere riconosciuto all’Ufficio Studi del Consiglio di Stato, che andrebbe costruito il più possibile in modo analogo all’organismo che potrebbe definirsi “Ufficio Studi” del Consiglio di Stato francese, incaricato di svolgere ampie indagini sulle più importanti problematiche pubbliche, con il compito di riferire al Governo.
In particolare, occorre fare riferimento alle attività della Section du rapport et des études istituita nel 1985 in luogo dell’Ufficio denominato Commission du rapport, risalente al 1963, poi divenuto Commission du rapport et des études dal 1975. La struttura è stata quindi elevata, in un momento successivo, a sezione autonoma del Conseil d’Etat e si colloca ora a fianco delle altre sezioni consultive, sia pure in una posizione del tutto particolare.
Questa sezione è incaricata della preparazione del rapporto annuale, del coordinamento degli studi, della verifica del rispetto giuridico della legislazione europea e dell’esame delle questioni legate all’esecuzione delle decisioni del Consiglio di Stato. A questa sezione è affiancata la delegazione dei rapporti internazionali, che ha la missione di coordinare le azioni di cooperazione avviate dal Consiglio di Stato e dalla giurisdizione amministrativa, sia in un quadro bilaterale con le numerose giurisdizioni straniere, sia nel quadro multilaterale offerto dalle associazioni internazionali di giurisdizioni (Associazione internazionale delle alte giurisdizioni amministrative, associazione dei Consigli di Stato e supreme giurisdizioni amministrative dell’Unione europea).
In sintesi la Section du rapport et des études ha le seguenti funzioni istituzionale:
− predisporre il rapporto annuale del Consiglio di stato e concorrere all’apertura dell’Istituto francese verso l’esterno (L’élaboration du rapport annuel et des études);
− coordinare gli studi del Consiglio di Stato, predisposti di propria iniziativa o su richiesta del Primo ministro per portare all’attenzione del Presidente della Repubblica e del Governo questioni di portata generale;
− risolvere le questioni eventualmente legate all’esecuzione delle decisioni del Consiglio di Stato e delle altre giurisdizioni amministrative (Exécution des décisions de la juridiction administrative;
− assumere l’iniziativa e il coordinamento delle attività di cooperazione internazionale del Consiglio di Stato.
L’importanza dell’attività di studio, nell’ambito dei compiti istituzionali e della missione del Consiglio di Stato, emerge dall’evoluzione stessa della Section du rapport et des études del Conseil d’État: da gruppi di lavoro informali, con il compito principale di redigere un rapporto pubblico, con cadenza annuale, si è giunti dapprima a creare una struttura permanente, la Commission, e successivamente ad istituire un’apposita sezione consultiva.
In Italia, l’Ufficio Studi ha avuto finora una proiezione prevalentemente interna, curando in modo notevole − essendo stato istituito non da molto tempo − la massimazione delle sentenze, la formazione dei magistrati, l’organizzazione di incontri di studio con altri magistrati amministrativi di Paesi stranieri, lo scambio di magistrati tra istituzioni e giurisdizioni di diversi Paesi.
Come si evince dall’esperienza francese, tuttavia, l’Ufficio Studi ha, per sua stessa natura, anche una vocazione esterna, che se colta dall’Esecutivo e adeguatamente supportata dai rappresentanti dell’Istituto, che vi devono profondere il massimo impegno, potrà dare contributi decisivi allo sviluppo dei saperi necessari per coltivare un riformismo intelligente e produttivo, creando uno dei luoghi di eccellenza della classe dirigente.
Altro aspetto di particolare importanza nel processo di modernizzazione del Consiglio di Stato è rappresentato dall’informatizzazione.
Occorre continuare su una strada che in passato ha visto il Consiglio di Stato all’avanguardia rispetto alle altre giurisdizioni e che richiede attenzione costante, data la rapidità di sviluppo degli strumenti tecnologici e delle loro potenzialità, che vanno colte e non vissute come un intralcio.
Naturalmente l’informatica è uno strumento e non un fine.
Ciò richiede l’elaborazione di linee guida del processo di modernizzazione che ponga l’informatizzazione al servizio del giudice ed eviti che si verifichi una forma di cieca dominanza della tecnica sulle ragioni del processo, sicché il processo si possa giovare della tecnica e non la tecnica possa soffocare il processo.
Il processo telematico è alle porte e costituisce la sfida principale della giustizia amministrativa e dei processi amministrativi. La complessità degli adempimenti ad esso collegati è chiara ed evidente a tutti.
La bontà delle scelte andrà misurata sul piano delle ricadute operative, che si avranno nel lavoro quotidiano dei giudici e dei difensori, nonché nella misurazione dei tempi di risoluzione delle controversie.
Molto è stato fatto per migliorare e abbreviare i tempi della giustizia amministrativa, soprattutto con l’introduzione dei riti differenziati sul modello del processo civile, ridisegnato, sin dagli anni settanta, dal prof. Proto Pisani, che è stato un teorico della tutela differenziata.
Tuttavia, i tempi di svolgimento dei processi a rito ordinario non sono ancora soddisfacenti. Accade di frequente, infatti, di violare l’art. 6 CEDU sulla durata ragionevole del processo. Ciò evidenzia come i meccanismi di perenzione del processo, legata alla pendenza ultraquinquennale pongano a ciò solo parziale rimedio.
Occorre elaborare misure di smaltimento dell’arretrato, di incentivazione alla produttività dei magistrati impegnati in questi compiti, strumenti di eventuale aggregazione di magistrati laici investiti temporaneamente di funzioni di smaltimento dell’arretrato, nell’ambito di un’apposita commissione, da reclutare, per ausilio del giudice primo grado, tra dirigenti amministrazioni pubbliche senza incarico e docenti universitari anche non di prima fascia.
Andrà, altresì, costituito l’Ufficio del giudice, composto, sul modello del giudice ordinario, da stagisti e laureati in post-dottorato, che possono in tal modo integrare l’esperienza di studio con l’esperienza professionale, ausiliando il giudice. A coloro che hanno fatto tale esperienza potrà essere riconosciuto un punteggio nei concorsi in magistratura e in avvocatura dello Stato e nell’avvocatura di altre amministrazioni.