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La corruzione, male sociale, e la sua prevenzione

di - 16 Novembre 2015
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La Convenzione ONU del 2003, contro la corruzione, la concepiva come accesso a tutte le operazioni amministrative. Negli Stati Uniti è una rilevante componente politica della Presidenza. Basti dire che mentre Bush aveva fortemente limitato la trasparenza, Obama ne aveva fatto un cavallo di battaglia della sua campagna elettorale: giunto alla Casa Bianca, nel primo giorno di presidenza aveva reintrodotto una trasparenza diffusa e penetrante. Parlare di trasparenza è dunque essenzialmente un ragionare politico. Poiché inerisce strettamene all’agire amministrativo, sembra, e forse realmente è, impossibile trovare per essa un assetto stabile.
Non si deve dimenticare che, nei Paesi più abituati ad essa, esiste un vero problema tecnologico della trasparenza. Esso cammina sull’onda della digitalizzazione e della trasmissione dati. Si legge nella letteratura americana che, senza schermi di primissimo ordine, tutto ciò che è stato elaborato digitalmente può essere raggiunto [6]. È accaduto con il Congresso; addirittura con la Casa Bianca. In questo stato della tecnologia veramente nulla si può dire. Forse bisognerà proteggersi.

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6. Che cosa si deve trarre da tutto ciò? Certo, vale l’osservazione empirica che i cittadini non devono essere soffocati dalle amministrazioni, né più né meno come le amministrazioni non devono essere soffocate dai cittadini. Finché questo succederà, corruttori e corrotti si troveranno nel loro pascolo. Il sistema sacrosantamente vuole che corruttori e corrotti vengano esclusi dalla nostra vita, come ne vennero esclusi i fumatori, le case di tolleranza, e, in positivo, venne imposto l’uso delle cinture di sicurezza.
Ma, mi si permetta, il sistema vuole ottenere l’esclusione di corrotti e corruttori con strumenti inidonei: la ricerca del singolo corruttore, del singolo corrotto, con il micidiale onere della prova che grava sulla Guardia di Finanza, la lunghezza e la complessità delle istruttorie, la lentezza dei processi. Tutto ciò non è sufficiente per sradicare la corruzione per il semplice motivo, puramente quantitativo, che il rischio del corrotto e del corruttore per le loro attività è troppo basso. Non vale la pena rinunciare a floride entrate e a rapporti “privilegiati” con l’amministrazione, vista la bassa possibilità di essere intercettati.
È dunque giocoforza tornare alla prevenzione. Essa ha tre protagonisti attivi, due pubblici ed uno privato.
a) Pubblico è anzitutto il Governo. È indispensabile rendersi conto che nel nostro ordinamento ci sono migliaia di leggi che richiedono adempimenti inutili, di ogni genere. Gli 11 settori del d.l. n. 1 del 2012, che, enunciando un nuovo diritto al libero fare, contemporaneamente lo inibiscono, devono essere rivisitati con sciabole, coltelli e rastrelli [7]. Mi si perdoni il linguaggio: devono essere riportati a ragione il codice dei beni culturali, il codice dell’ambiente, il testo unico dell’edilizia, per citare i casi più macroscopici, e nell’idea del legislatore, più sistemici.
In altri termini: dalla massa di adempimenti prescritti dalle norme oggi in vigore bisogna estrarre quei pochi casi in cui il rispetto di certe regole deve essere assoluto e in qualche modo garantito alla collettività. Solo in questi rari casi gli adempimenti, in forma autorizzazioni preventive e di controlli successivi, devono necessariamente fare capo all’Amministrazione.
Intanto, dobbiamo sperare che il recepimento delle direttive del 2014 sugli appalti e le concessioni non segua l’esempio del codice dei contratti, del 2006, con cui vennero recepite le direttive del 2004.
b) Pubbliche sono poi tutte le amministrazioni. Bisogna avere il coraggio di dire che esse non hanno bisogno di “sapere tutto”. Devono ordinare la vita del Paese, delle città grandi e piccole, dei piccoli comuni, non catalogarne tutte le componenti. Possono ordinarne la vita osservando, ricevendo proposte e segnalazioni, formulando quindi poche regole semplici, che, su un piano razionale, quasi mai richiedono l’intervento delle amministrazioni in veste di autorità “armata”, anziché di regolatore, consigliere, guida, garante.

È inutile nascondersi dietro un dito, come si dice: tutto ciò è difficilissimo, perché si scontra con una tradizione secolare di autoritarismo e non di vera, responsabile libertà. Per paradossale che possa suonare, noi abbiamo difficoltà a distinguere la piccola iniziativa dalla grande, sottoponendo l’avvio di entrambe a controlli e autorizzazioni molto simili (basta pensare ai centri storici). Non ci bastano le regole, a garanzia di certi valori, dalla sicurezza alla tutela dei c.d. beni culturali, che cittadini e imprese devono osservare. La nostra storia vuole che una data amministrazione e spesso una pluralità di amministrazioni esprimano il loro giudizio in forma di autorizzazione, concessione, nulla osta su quasi qualsiasi iniziativa si voglia prendere.
Tutto ciò deve cessare. È un impegno burocratico di dimensioni inaudite. Tutto richiede mesi e mesi, se non anni, per ottenere lato sensu permessi. Far cessare questo spreco di energie, pubbliche e private, deve essere l’obiettivo primario di un riequilibrio dei rapporti amministrazione-cittadini, ovvero della semplificazione. A titolo di esempio, le dichiarazioni degli interessati devono essere sufficienti, a qualunque fine. Naturalmente, devono essere vere.
c) Privato, infine, protagonista attivo nella società e nella vita, è ovviamente il cittadino con le sue imprese e anche, non bisogna dimenticare, al servizio delle pubbliche amministrazioni. Qui è in gioco una posta enorme. Agli occhi delle amministrazioni cittadini e imprese sono sempre o quasi sempre sospetti di inadempimenti. Di ciò tutti si dolgono. Nonostante l’entità del problema, c’è pochissimo da dire. La chiave della convivenza civile è la lealtà. Se disonesti si è nella vita lato sensu privata, non c’è ragione perché “disonesta” – cioè diffidente, soffocante nei suoi comportamenti non debba essere la pubblica amministrazione che sembra spesso nutrire un sistematico sospetto nei confronti dei cittadini. Forse si dimentica che è fatta anch’essa di esseri umani, di cittadini italiani.
Lealtà, chiarezza, trasparenza. Questo è il grande sogno per una vera semplificazione.

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5. Si possono trarre alcune conclusioni. È ragionevole pensare che la lotta alla corruzione sia difficile, ma non impossibile. Due sono i punti su cui si deve operare. Il primo è ricostruire la dignità persa dei pubblici dipendenti. Bisogna ridare loro l’orgoglio di essere parte di un’amministrazione pubblica, non di un’impresa privata. È una questione di impegno del Governo, di buona volontà della dirigenza, di spirito di solidarietà.. Senza fare nomi, tutti sanno bene come questo sia stato fatto in alcune amministrazioni, con grande successo. Non si è mai sentito parlare di corruzione per queste amministrazioni.

Il secondo punto riguarda le regole. Tutto deve essere semplificato. Ma semplificare non significa contrarre, digitalizzare i procedimenti. Significa eliminare la necessità di migliaia di autorizzazioni, che sono nei fatti perfettamente inutili. Tanto per fare un esempio: la sicurezza. Basta che ci siano le regole per la sicurezza. Per farle rispettare non occorre un’autorizzazione o atto equivalente o una attestazione successiva di conformità. È sufficiente che si sappia, che tutti sappiano quali sono e che devono essere rispettate. Ci sono poi tanti modi per costringere alla sicurezza, diversi dall’autorizzazione.

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E, per finire, una parola di speranza. Viene da Umberto Veronesi. Si è letto nel Corriere della Sera del 29 ottobre 2015:
Non esiste solo la corruzione monetaria ma anche quella intellettuale, che è forse la più grave. Esprimere un’idea che non si condivide, solo per piegarsi ad un potere più forte ed ottenere in cambio favori, è una forma di corruzione con effetti socialmente disastrosi. Dobbiamo insegnare alle nuove generazioni l’indipendenza intellettuale. Una persona costruita autonomamente su un sistema di valori morali ed etici è il miglior antidoto contro ogni forma di corruzione”.

Note

6.  Cfr. Adam CANDEUB, Transparency in the Administative State, Houston Law Review, 2013, p. 385. Il saggio di Candeub è una autentica miniera di informazioni. V. anche Jenifer SHKABATUR, Transparency with(out) Accountability: open state in the United States, Yale Law & Policy Review, 2012, p. 79 s. La letteratura è naturalmente vastissima.

7.  Un’operazione di questo genere è stata fatta da ultimo nel 2010 con la cancellazione di centinaia e centinaia di leggi ritenute completamente superate. Adesso si tratterebbe di cancellarle per motivi di merito!

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