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Ambiente e futuro

di - 19 Maggio 2015
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Le malattie che con certezza esploderebbero sono la malaria e le febbri intestinali, con centinaia di milioni di morti.
Il 15-20% delle specie animali scomparirebbe.
Si può rimediare? Prospetto due filoni di risposta a questo enorme problema.
Il primo è da … non seguire, indicato da studiosi come Latouche, bravo economista francese. Latouche dice: “Qual è il problema? Da dove nasce? Dalla crescita economica. Produciamo troppo. Bene, produciamo meno e il problema sarà risolto”. Il succo della proposta è questo. Uno dei suoi libri di successo, anche in Italia, è intitolato “Decrescita serena”.
Quindi, non solo occorre smettere di crescere, in termini di produzione e reddito, ma si deve decrescere, tornare indietro, impoverirsi.
A questa proposta possono muoversi almeno due obiezioni.
Il capitalismo è una macchina da crescita, un cavallo brado nato per correre, a cui non si può dire  di non procedere o addirittura di tornare indietro. Questo sistema economico una proposta del genere non l’accetta, la respinge, la rifiuta.
Inoltre questo stesso sistema, meraviglioso per la crescita, oltre a inquinare ha altri due difetti.
È instabile. Si pensi alla crisi finanziaria degli ultimi anni, post-Lehman Brothers. Il sistema può fare inflazione o deflazione, possono fallire le banche, può prevalere la disoccupazione. Nella crisi più grave, quella del 1929, il PIL del mondo cadde del 17% in quattro anni. Keynes, fra i grandi economisti, ha chiarito le ragioni di fondo della instabilità del capitalismo e ha prospettato le linee per correggere questo primo difetto del sistema.
Il secondo difetto è che chi è ricco è molto ricco e chi è povero è, rispetto al ricco, molto povero. Il povero di oggi è molto meno povero del povero di 200 anni fa (al povero di 200 anni fa mezzo hamburger al giorno, al povero di oggi due hamburger al giorno). In termini di distribuzione del reddito e della ricchezza, il sistema è iniquo. Le Nazioni Unite hanno immaginato una coppa di champagne, con un lungo stelo. La coppa, che contiene lo champagne, fa capo al 20% della popolazione mondiale, che “beve” l’80% del reddito del mondo. Al rimanente 80% dei cittadini del mondo va solo lo stelo, la parte stretta del calice, solo il 20% del reddito mondiale.
Allora la domanda diventa: se facciamo decrescere il capitalismo, ammesso che vi si riesca, i due difetti si correggono, si ridimensionano, o si accentuano? Un capitalismo che non cresce, un capitalismo statico, è più instabile o più stabile, è più iniquo o meno iniquo? Io penso che il sistema diventerebbe più instabile e più iniquo, e che solo crescendo l’economia può configurarsi una minore instabilità e una minore sperequazione.
Il secondo filone, da seguire, è quello di una politica correttiva. Fondamentalmente (il richiamo al profilo giuridico è qui evidente) questa a propria volta può battere tre strade, non in alternativa, ma in modo complementare.
La prima strada è quella del divieto di inquinare e dell’obbligo di disinquinare.
La seconda via è quella della tassa: una carbon tax sull’uso delle risorse più inquinanti, confidando che la tassa, più che dare gettito, dissuada i produttori dall’usare le fonti inquinanti. Nordhaus stima che se il prezzo del carbone salisse da 25 dollari a 160 dollari si eviterebbe il grosso dell’inquinamento.
La terza via è quella dei permessi di inquinare.  Si mettono all’asta diritti d’inquinare e l’impresa che ha più bisogno di inquinare per produrre, competendo con altre imprese nel mercato finanziario, domanderà i diritti. Il loro prezzo salirà e ciò dovrebbe dissuadere dall’inquinare oltre livelli critici.
Nel libro Ciocca-Musu molto si insiste sul convincimento che il problema, se è risolvibile, richiede il concorso di 200 paesi, da San Marino alla Cina, dagli Stati Uniti al Lussemburgo. Dopo Kyoto si sono avuti programmi, riunioni, conferenze con ottime intenzioni, ma difficili da realizzare. La dimensione di politica estera, che ha anche delle ricadute giuridiche (penso al diritto europeo), è molto importante.
Bisogna che l’opinione pubblica si convinca che è in gioco, se non la sua sorte, quella delle generazioni future e quindi sostenga i parlamenti e i governi nelle azioni volte a ridimensionare il problema ambientale.

Intervento alla Tavola rotonda sul tema “Ambiente e futuro”, organizzata nell’ambito del Master di II livello in Diritto dell’Ambiente – La Sapienza (19 febbraio 2015). Si è scelto di mantenere il tono colloquiale della lezione.

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