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Appalti pubblici e infrastrutture: per una maggiore efficacia della giurisdizione amministrativa

di - 18 Luglio 2014
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Il secondo intervento dovrebbe riguardare il rapporto tra procedura di gara e giudizio. Si dovrebbe stabilire che tutte le censure, ivi comprese quelle che riguardano il bando e le cause di esclusione – eccezion fatta per quelle che colpiscono direttamente il ricorrente, escludendolo dalla gara – non possono essere fatte valere in via autonoma, quando emergono, ma solo contestualmente all’impugnativa dell’aggiudicazione. In altri termini, qualunque censura al bando, all’ammissione dei concorrenti, alle valutazioni della commissione potrebbe essere fatta valere solo dopo la conclusione della gara e l’aggiudicazione provvisoria. La previsione di un congruo periodo di stand still dopo la comunicazione dell’aggiudicazione consentirebbe a tutti gli interessati di notificare il ricorso ed il ricorso incidentale e di andare così all’udienza di merito in tempi brevi. In questo modo si potrebbe anche pensare di eliminare la fase cautelare.
Il terzo intervento riguarda il processo e la sua gestione. Già la concentrazione dei ricorsi contro l’aggiudicazione per qualunque vizio emerso nel corso della procedura creerebbe un fattore unificante dei giudizi – non dei ricorsi, ovviamente, che possono essere tra loro antagonisti. Decorsi i termini di cui si diceva sopra, quindi nella certezza di avere a disposizione tutte le impugnazioni e tutti gli atti della gara, spetterebbe poi al Presidente fissare l’udienza – o il gruppo di udienze – necessarie per decidere tutte le cause tra loro connesse, perché relative alla stessa gara, allo stesso concorso. In questo modo, in un anno, tutti  i ricorsi relativi alla stessa gara potrebbero essere decisi. Il principio comunitario, di massima garanzia giurisdizionale, collegato alla celerità dei giudizi, sarebbe pienamente soddisfatto, come rispettato sarebbe l’art. 24 Cost.

7. Il discorso sugli interessi che gravitano intorno alle infrastrutture è molto diverso. Certamente può esserci qualcuno che viene direttamente leso dalla loro realizzazione: è tipico il caso del proprietario che deve essere espropriato o di chi si vede chiudere il paesaggio. Questi sono però interessi personali che non hanno in sé alcuna specificità: se, anziché di una certa infrastruttura, si trattasse della costruzione di un edificio privato, nulla cambierebbe. Sarebbero sempre in gioco interessi personali, in qualche modo misurabili, quindi risarcibili.
Gli interessi anomali, eterodossi, quindi “pericolosi”, sono altri. Sono quelli che serpeggiano nella collettività, con un rifiuto di principio dell’intervento infrastrutturale, pubblico o privato che sia, in quanto muta, altera, sconvolge un quadro ambientale, inteso nel senso più lato del termine. Come è palese, questi interessi si caratterizzano per una elevata componente ideologica e di ordine lato sensu morale. I promotori della “guerra” contro l’infrastruttura assumono facilmente le vesti dei paladini; cercano ed ottengono consensi.
Da questo movimento di idee, di discussioni, di iniziative scaturisce la formazione di organizzazioni su base associativa, che riescono a dotarsi degli strumenti professionali ed economici necessari per procedere alle campagne giudiziarie. Come è ben noto, esse investono ogni atto autorizzativo, di qualsiasi genere e specie, ogni variante al  progetto, al piano regolatore, etc.
È fuori di ogni dubbio che questi interessi meritino tutela in giudizio. In linea di principio si tratta di interessi morali, non economici, della società civile, che devono essere rispettati, come nei fatti sono. Come si è già ricordato, non si dimentichi che antesignana fu Italia Nostra: nata dalla passione civile di un piccolo gruppo di persone, si vide riconoscere dal Consiglio di Stato la legittimazione al ricorso in materia ambientale, aprendo così la via alla legittimazione generale delle associazioni ambientalistiche e culturali, avvenuta nel 1986, con la prima legge sull’ambiente.
Il problema è dunque chiarissimo. Come si può garantire la tutela giurisdizionale di questi interessi senza paralizzare a tempo indeterminato la realizzazione di infrastrutture, pubbliche o private che siano? Ovvero: come si può ottenere in tempi brevi una decisione definitiva di merito sulla legittimità di un’infrastruttura?
7. È ragionevole pensare che i due temi – tutela degli interessi collegati agli appalti e tutela degli interessi, collegati alle infrastrutture –, pur vicini, debbano in realtà trovare soluzioni diverse. La ragione è che gli interessi in gioco hanno nature profondamente diverse. Gli interessi di coloro che non hanno vinto un concorso o una gara sono chiarissimi, perfettamente identificabili: vogliono subentrare a chi ha vinto. Si può dire che si mira a solo ad invertire la posizione dei segni: “+” e “–”: insomma, “mors tua vita mea”. Gli interessi di ordine civile e sociale, come sono tipicamente quelli ambientalistici, non pretendono alcunché. Idealmente vogliono conservare un valore, comune a tutti – come sono ad es. il paesaggio e un ambiente naturale.
In questa situazione, in cui configgono interessi economici e personali da un lato (di chi vuole realizzare l’infrastruttura), ed interessi non economici, non personali, di carattere civile e sociale, dall’altro, l’unico problema che si pone per accelerare il processo è dargli una organizzazione mirata a garantire il coordinamento tra più ricorsi ed altrettante posizioni di resistenza. Come si è accennato nel § 6, questo può essere fatto con una certa semplicità, prescrivendo in via generale che tutti i ricorsi contro lo stesso concorso o la stessa gara debbano essere gestiti e trattati contemporaneamente.
Si tratta di stabilire come ciò possa farsi. La soluzione più praticabile sembra essere quella di considerare le azioni a tutela degli interessi non economici, di cui si è detto, non come la somma di azioni individuali, ma come azioni suapte natura collettive.
Questo pone due ordini di problemi. Le grandi infrastrutture hanno bisogno di decine di permessi e autorizzazioni. In un ordinario conflitto tra privati ci sarebbe un continuo inseguirsi di ricorsi e di motivi aggiunti, con parimenti continue eccezioni di tardività. Questo rende i ricorsi difficili per un verso, pericolosi, pericolosissimi per un altro: il ricorso contro un ultimo, definitivo provvedimento può azzerare anni di lavoro e di investimenti.

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