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Intorno alla corruzione

di - 7 Settembre 2009
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Un regime in cui il potere soggiace a regole riduce la possibilità di accordare il consenso ad libitum, fino a farla venir meno. La volontà individuale è sostituita dalla volontà collettiva, come si diceva un tempo, non cancellata. È solo razionalizzata, staccata dalla persona fisica di un principe, cui si impone di operare e decidere nell’interesse non proprio, ma di tutti – peggio ancora, della generalità, astrattamente concepita e rappresentata. Ma chi e che cosa guidi questa volontà quasi disumanizzata resta un mistero. È un elegante gioco di parole e di pensieri parlare del pubblico dipendente “al servizio della nazione” ed attribuire ai politici l’irresistibile bisogno di dedicarsi solo all’interesse generale. In chi vuole qualche cosa nasce di qui l’irresistibile tentazione di intervenire comunque sul potere con doni di vario genere, per far sì che il potere stesso favorisca una soluzione piuttosto che un’altra. In questo senso e sotto questo profilo la corruzione è potenzialmente ubiquitaria. Dovunque vi sia qualcuno che deve provvedere, le regole possono non essere o semplicemente non apparire sufficienti per autorizzare, consentire, contrarre. Occorre ingraziarsi il detentore del potere.
Il meccanismo di fondo è dunque una ben pagata fuga dal diritto ovvero una sua ben pagata applicazione. In ogni caso, c’è una condivisa consapevolezza sulla sua insufficienza e quindi sulla necessità di risalire il percorso, tornando al potere.

8. Si possono trarre due ordini di conclusioni. Il primo è di ordine generale. Non è vero che le società ed i loro ordinamenti siano in qualche modo autoportanti, cioè che si reggano quasi per il solo fatto di esistere. Ogni ordinamento vive solo perché un misterioso – o fin troppo chiaro – collante lega le persone che lo compongono. Questo collante è la forza che spinge a distinguere il bene dal male, il dovere dalla sua violazione, il bene proprio da quello comune, la fierezza e addirittura l’orgoglio dall’indifferenza. È chiaro che si tratta di una forza, o forse piuttosto di un complesso di forze morali, nel senso più vario e ricco del termine. Tanto per fare un esempio, l’appartenenza ad una comunità – quale tante volte si vede nei villaggi – è certamente una componente fortissima; altrettanto dicasi per la squadra. Una volta lo era l’appartenenza all’Università. Senza questo collante morale tutte le organizzazioni e tutti gli ordinamenti implodono.
Il secondo ordine di considerazioni riguarda i possibili rimedi alla corruzione. Il primo, che suona generico, ma è fondamentale, è fare in modo di ridare alla “gente” l’orgoglio di appartenere ad una società e ad un sistema. Il funzionamento delle istituzioni, a partire dalla scuola e dagli ospedali, è fondamentale.
Generico suona anche l’altro, cui si può pensare. Si deve rinforzare, se non addirittura creare, il piacere della competizione. Tutta la vita è una lotta, anche quando non lo si sa o non ci si crede; si spinga la “gente” a convincersi che è bello combattere, non tradire, non aspettare che qualche cosa succeda.
Ed infine: semplificare le leggi, eliminare al massimo i formalismi e gli automatismi, dare, ridare spazio alla discrezionalità, informare di tutto e di tutti.
Difficile, straordinariamente difficile. Sono in ballo 75 miliardi di euro, destinati a crescere.

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