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Intorno alla corruzione

di - 7 Settembre 2009
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6. Il secondo punto riguarda quello che potrebbe essere definito il mercato del commercio di funzioni pubbliche per la soddisfazione di interessi privati.
Esso è la naturale evoluzione del sistema lato sensu classico, in cui il singolo paga un funzionario per avere qualche cosa che non gli spetterebbe. Questo è un insulto alla convivenza civile, alla legalità e a tutto ciò su cui si fonda la convivenza. Non c’è altro da dire.
Il problema è la reiterazione di questi comportamenti. Se il punto di avvio è lo stesso – si paga per avere qualche cosa – l’abitudine muta il quadro. Non si vuole e si paga qualche cosa una tantum, come potrebbe essere l’apertura di una finestra o, un tempo, di un negozio. Il bene cercato – un’autorizzazione, un permesso, e simili – si inserisce in un sistema seriale. Occorre averne senza soluzione di continuità, in una costante dialettica con l’amministrazione. Questo stimola il consolidarsi di rapporti ad hoc. Tutti ricordano lo scandalo dei farmaci. Nella vita di un farmaco ogni cosa, ogni passo deve essere autorizzato, dalla sperimentazione clinica alla confezione, per non parlare del prezzo. Nella casa di un distinto signore che, appunto, si occupava di farmaci all’interno di un’amministrazione dello Stato vennero trovati divani, cuscini, forse materassi, pieni di biglietti di banca anziché di lana. Nell’edilizia vicende di questo genere non si contano, né si ricordano perché non fanno storia. Si capisce: chi fa l’imprenditore in questo settore deve continuamente trovare aree edificabili, continuamente ottenere permessi di costruire e vendere.
In altre parole, il mercato può essere molto difficile ed estremamente competitivo. Il punto cruciale è che qui l’amministrazione svolge un ruolo determinante nel gioco. Per restare negli esempi fatti qui sopra, non tutti possono costruire simultaneamente, non dovunque ci sono aree edificabili, non sempre gli acquirenti sono in coda. I farmaci a loro volta vanno incontro a mille sfide concorrenziali, la cui soluzione dipende in larga misura dalle amministrazioni – basti pensare ai loro acquisti.
Da che cosa il processo abbia preso avvio non è dato sapere. Certo è che con il tempo il prestatore di favori una tantum è divenuto un socio occulto, perché il ruolo di regolatore, di vigilante e quindi di garante delle amministrazioni è stato sfruttato a fini concorrenziali – ed in realtà anticoncorrenziali. L’amico all’interno dell’amministrazione consentiva di avere informazioni in anticipo, di orientare tempestivamente le attività, e quindi semplicemente di essere più forti sul mercato per forza altrui e non propria. È facile comprendere come tutti abbiano cercato di avere l’amico.
Nel campo delle gare tutto ciò è ancora più chiaro. Qui il “pericolo” della concorrenza è in re ipsa, rigorosamente scandito dai bandi e dalla necessità di presentare domande di partecipazione. Tra tre, cinque, venti, cento concorrenti se ne deve scegliere uno ed uno solo. Avere paura ed essere preoccupati è fisiologico. Il problema è però che, anziché sviluppare al massimo le proprie capacità, in modo da affrontare la sfida delle gare nelle condizioni migliori, si è battuta la via dell’ “amico”. Ciò che ha avviato la valanga.
È superfluo dire che autarchie di questo genere esistono ovunque, ed ovunque svolgono la stessa funzione: limitare, se non addirittura escludere la concorrenza, per favorire chi appartiene al sistema. Come tutte le autarchie, anche queste di cui si è parlato nelle pagine che precedono tendono a consolidarsi e riprodursi. Si è così costruito il complesso, fluido, nascosto sistema di anti-stato, che si è cercato di indagare. L’effetto è sotto gli occhi di tutti. Da un lato, si assiste ad una lenta perdita di livello e di competitività, perché si persegue il successo per vie nascoste anziché del continuo miglioramento; dall’altro, vi è un raffinato collasso dell’ordinamento civile, che, per dirla in termini estremi, viene lasciato in vita al solo fine di sfruttarlo. Come nessuno, fedele all’ordinamento civile, può più credere interamente nelle sue istituzioni, così nessuno dall’interno del sistema di corruzione ha l’interesse a dissolverlo. Se ne dovrebbe fare un altro – o addirittura venire alla luce. Ma questo è compito delle rivoluzioni, non di certa gente d’affari.

7. Per tentare di comprendere il senso di questa complessa vicenda, si deve immaginare la vita in un regime di autocrazia assoluta, nel quale, per fare qualunque cosa, occorre il beneplacito del sovrano. Come è evidente, lo si conquista con doni di ogni genere, tanto più preziosi, quanto più rilevante è l’iniziativa. Il rischio è, prima facie, assoluto, perché nulla vincola il sovrano. Solo messaggi non scritti, indecifrabili da occhio inesperto, dicono se il dono è gradito, con quel che segue o seguirà. Il sacrificio agli dei non è nulla di diverso. Ne insegue la grazia.

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