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Riflessioni sulla crisi

di - 5 Dicembre 2008
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I richiamati avvertimenti delle autorità di controllo sul repricing e sul  rischio di illiquidità non hanno impedito che un problema grave sorgesse proprio nel comparto solo apparentemente più lontano dalla finanza innovativa, quello della banca al dettaglio. Il “modello” della Northern Rock, basato su una ampia titolarizzazione dei mutui attraverso finanziamenti dal mercato monetario, e meno sul funding stabile e a basso costo dei depositanti al dettaglio, è entrato in crisi col prosciugamento di quel mercato. L’organo di vigilanza ha affrontato il tradizionale dilemma: non incoraggiare il moral hazard della banca – alternativa particolarmente avvertita in un sistema che fa del non-zero failure uno dei principi cardine – e quindi non intervenire, ovvero concedere liquidità alle banche bisognose di essa in nome della stabilità sistemica. In tal modo, a parte tecnicismi legali che molti hanno trovato eccessivi, si spiega il cambio di direzione delle autorità.

Il termine “organo di vigilanza” qui usato riflette la circostanza che, nel RU, è improprio riferirsi ad un ente specifico, essendo la struttura della vigilanza tripartita fra banca centrale, FSA e Tesoro: una struttura a lungo difesa, con successo, anche in letteratura, contro l’idea di un accentramento della vigilanza stessa, assumendo l’opportunità di separatezza tra responsabilità di politica monetaria e di vigilanza. Argomenti possono addursi a favore dell’una o dell’altra tesi: la crisi ne porta uno, pesante, a favore dell’accentramento e propone, semmai, una diversa dicotomia: tra vigilanza di  stabilità (banca centrale), e di trasparenza e di tutela dell’utente al dettaglio dei servizi finanziari (cd “twin peaks supervision”).

Il bank run cui s’è assistito è dove le due vigilanze si incontrano, la vera protezione del depositante venendo in primis dalla stabilità della banca, più che da sistemi di assicurazione dei depositi operanti a posteriori e che, nei loro limiti, se salvano il depositante dal morir di fame, non salvano il sistema da una conseguenza ben peggiore, la perdita di fiducia nella moneta: infatti – cosa sovente trascurata da chi assimila i depositi a un qualsiasi prodotto finanziario – i depositi sono moneta ed è compito primario della Stato tutelarne la stabilità: come tali, sono la civile alternativa a tenere i soldi “sotto il materasso”. Ne consegue che il depositante deve avere la ragionevole certezza che il suo denaro in banca sia comunque salvaguardato.

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