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La Cina e l’intelligenza artificiale

di - 4 Maggio 2020
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I progressi della Cina nell’intelligenza artificiale.
La Cina ha avuto un successo spettacolare nell’elettronica e delle tecnologie digitali: il 40% delle esportazioni globali di computers e smartphones sono dalla Cina; nel 2000 la percentuale era solo del 5%.
Molte di queste esportazioni sono ancora oggi il risultato della localizzazione in Cina della fase di assemblaggio controllata da imprese straniere: per esempio l’impresa che assembla i prodotti della Apple in Cina è una impresa di Taiwan, la Foxconn. Ma il peso globale di imprese cinesi nel settore delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale elettronica è aumentato come dimostrano i casi del produttore di personal computer Lenovo, di Alibaba nel campo dell’e-commerce, di Tencent nel campo dei giochi e dei messaggi on line, di Baidu, il più grande motore di ricerca cinese, e dei produttori di smartphones Huawei e Xiaomi.
Alibaba e Tencent hanno diffuso tra i cinesi fiducia sull’e-commerce introducendo anche loro sistemi per questi pagamenti on line (Alipay per Alibaba e Tenpay per Tencent) con i quali controllano quasi tutto il mercato dei pagamenti mobili che si sono estesi in Cina a un ritmo impressionante; metà dei pagamenti mobili del mondo avvengono infatti in Cina, dove vi sono venditori che non accettano altre forme di pagamento; vi sono sempre più persone in Cina che non effettuano prelievi con i bancomat da molto tempo.
La Cina è oggi protagonista dell’applicazione di un salto qualitativo avvenuto nella ricerca sull’intelligenza artificiale. Vale la pena di leggere due libri su questo argomento: Kai-Fu Lee, AI Superpowers: China, Silicon Valley and the New World Order, Houghton Mifflin Harcourt, Boston, 2018; Nina Xiang, Red AI: Victories and Warnings from China’s Rise in Artificial Intelligence, Amazon Digital Serices, 2019.
Questo salto qualitativo, avvenuto negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito è caratterizzato dal passaggio da un approccio metodologico di tipo deduttivo, basato su regole logiche del tipo “se, allora”, un approccio rivelatosi troppo complesso per produrre risultati, a un approccio induttivo basato sul funzionamento del cervello umano.
Quando impariamo ad andare in bicicletta non applichiamo meccanicamente delle regole, ma apprendiamo provando e riprovando; se qualcuno ci chiedesse le regole sulla base delle quali abbiamo imparato ad andare in bicicletta, non sapremmo verosimilmente cosa rispondere. Un bambino non impara a parlare applicando delle regole, ma ascoltando le persone che parlano intorno a lui; impara a parlare attraverso una continua correzione basata sull’esperienza dell’ascolto degli adulti.
Attraverso reti neurali costruite artificialmente imitando quelle naturali del cervello umano, l’intelligenza artificiale si concretizza oggi in macchine che “imparano” a ottenere nuove informazioni significative partendo dai dati; per questo il nuovo approccio è stato battezzato “machine learning” e poi nei suoi più sofisticati sviluppi successivi, “deep learning”.
Le reti neurali sono diventate sempre più potenti attraverso uno straordinario aumento delle capacità di calcolo dei computer per trattare un ammontare di dati sempre crescente sui fenomeni più diversi (testi, immagini, suoni, video, e così via).
E’ proprio nell’applicazione dei nuovi risultati della ricerca nell’intelligenza artificiale (capacità di raffinare algoritmi matematici, che, per quanto complessi, partono però da una base esistente, di disporre e trattare enormi quantità di dati, di adattare le reti neurali già esistenti in modo che siano in grado di trattare problemi sempre più complessi) il vantaggio della Cina si sta dimostrando in modo sempre più evidente, con un forte sostegno del governo nazionale e dei governi locali.
Il settore nel quale le applicazioni dell’intelligenza artificiale hanno avuto maggiore successo è senz’altro quello del riconoscimento facciale. In pochi anni a partire dal 2010 si è avuto in Cina un fiorire di start up in questo campo, alcune delle quali (come Megvii, fondata da tre “graduate students” di “computer science” dell’università di Tsingua) sono diventate rapidamente “unicorni”, hanno cioè superato il miliardo di dollari di valore. Oggi si può affermare che le imprese cinesi hanno ormai superato quelle degli altri paesi nelle tecnologie per il riconoscimento facciale.
La Cina ha installato più di 500 milioni di camere di sorveglianza (ci si aspetta che salgano rapidamente a più di un miliardo) i cui dati sono poi trattati con le tecniche di intelligenza artificiale per il riconoscimento facciale. Questo massiccio impegno del governo cinese nella sorveglianza sociale è stato molto criticato in occidente come espressione di uno stato autoritario che ignora i diritti umani. Bisogna comunque riconoscere che, almeno per ora, una maggiore indifferenza sociale per questi temi, prevalente in Cina anche per ragioni storico-culturali, non ha suscitato le attese, da parte occidentale, reazioni negative.
Anche il settore del riconoscimento vocale ha visto una forte espansione in Cina. Alibaba, Xiaomi e Baidu occupano quasi il novanta per cento di un mercato cinese di quasi 60 milioni di “smart speakers”; Albaba ha il 40% e il resto è equamente diviso tra Xiaomi e Baidu.
Un altro settore nel quale la Cina sta sviluppando le potenzialità dell’intelligenza artificiale è quello dei veicoli senza guidatore. Il governo sta investendo somme notevoli per attrezzare le infrastrutture stradali, e per superare le grandi difficoltà derivanti da una arretratezza tecnologica che fa sì che la maggior parte dei fornitori chiave dei sensori necessari continuano a non essere cinesi.
Nel campo delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale spicca la posizione di preminenza della Cina nel mercato dei robot industriali: i robot industriali venduti in Cina sono di più di quelli venduti negli Stati Uniti e in Europa messi assieme, con un tasso di crescita che è almeno il doppio di quello del resto del mondo. Ma la Cina è in ritardo, e quindi dipendente dall’estero, per quanto riguarda alcune fondamentali componenti di elevato livello tecnologico. Un modo che la Cina cerca di usare per superar questo ritardo è l’acquisizione di imprese estere molto avanzate nel settore come è avvenuto nel 2016 quando la tedesca Kuka AG è stata acquisita per 5 miliardi di dollari dalla cinese Midea Group.
Molto più indietro che nel campo dei robot industriali la Cina è in quello dei robot nei servizi, anche ci sono stati esempi di successo nell’utilizzo di robot nella sanità.
Imprese e governo hanno negli ultimi anni investito molto nella produzione di “chips” in grado di trattare gli algoritmi più avanzati delle applicazioni di intelligenza artificiale, nella speranza di superare il ritardo in questo campo rappresentato dal fatto che la Cina è il più grande importatore al mondo di queste componenti cruciali.
Huawei dedica enormi risorse alla produzione di propri “chips” per l’intelligenza artificiale nell’impresa collegata HiSilicon che è oggi la più grande impresa produttrice di chip dell’Asia. Alibaba ha annunciato di voler dar vita a una impresa indipendente per la costruzione di “chip” per l’Intelligenza Artificiale; nella stessa direzione si muovono Tencent e Baidu e anche imprese di minore dimensione e importanza.

Scontro sull’intelligenza artificiale: Cina, Stati Uniti, Europa.
L’indiscutibile impegno della Cina nell’applicazione delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale è alla base delle tensioni tra Stati Uniti e Cina.
Le recenti iniziative prese dal Presidente Trump, volte non solo a limitare la presenza negli Stati Uniti delle più importanti imprese cinesi nel campo delle tecnologie digitali, ma a contenere l’esportazione verso la Cina di componenti in questo campo utilizzati come input essenziali dalle imprese cinesi, sembrano un segnale che le posizioni più drastiche nei confronti della Cina hanno fatto breccia nel presidente americano.
C’erano già state iniziative dell’amministrazione degli Stati Uniti per contrastare l’atteggiamento ritenuto aggressivo della Cina in questo campo. Trump ha, ad esempio, bloccato l’acquisizione di Qualcomm da parte di una società di Singapore per il timore che questa acquisizione sarebbe stato un modo per consentire alle società cinesi di impadronirsi delle caratteristiche tecnologiche delle nuove reti mobili di comunicazione con il rischio che la Cina possa utilizzare queste tecnologie anche per un uso militare.
Ancora, nel gennaio 2018 il governo degli Stati Uniti ha bloccato il tentativo di Ant Financial di comprare la società americana di trasferimenti monetari MoneyGram, con la motivazione che tale acquisto avrebbe messo in pericolo la riservatezza e la sicurezza degli americani. Nel luglio 2018 l’amministrazione Trump ha comunicato che avrebbe respinto le richieste della China Mobile di offrire servizi di telecomunicazioni negli Stati Uniti.

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