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La mitologia della “specialità” ed i problemi reali della giustizia amministrativa

di - 7 Ottobre 2015
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Tutto ciò contribuirebbe ad alimentare un insanabile vulnus alla garanzia costituzionale dell’indipendenza e dell’imparzialità del giudice amministrativo, o quantomeno un vulnus alla immagine di tale giudice come indipendente ed imparziale[19].
Soltanto una verifica sulla reale consistenza di questi timori, sulla effettiva rispondenza alla realtà di tali “vizi capitali”, sulla possibile nefasta incidenza di tali condizionamenti sull’esercizio della funzione giurisdizionale potrà consentire o meno di aderire alle proposte di modifica dell’assetto attuale del sistema delle tutele nei confronti delle pubbliche Amministrazioni. Occorrerà altresì domandarsi se questi problemi, ammesso che abbiano una significativa consistenza, siano i problemi più reali e più vivi della giustizia amministrativa, quelli che richiedono con maggiore urgenza l’intervento del legislatore e addirittura del legislatore di rango costituzionale.
Nel dare risposta a tali ricorrenti interrogativi, la dottrina è stata inevitabilmente ispirata e condizionata da opzioni culturali ed ideali, da giudizi di valore, da vicende dell’attualità (più che dalla storia) e conseguentemente è naturale che abbia prospettato conclusioni che sono per loro natura opinabili. Viene allora alla mente il monito che uno dei massimi umanisti italiani poneva sulle labbra di San Bernardino da Siena: “non tutte le cose che sono state scritte sono degne di fede. Certo le scritture canoniche (la Costituzione, per noi) hanno un’autorità indubbia. Ma negli altri casi bisogna sempre domandarsi chi fu lo scrittore, di quale vita, di quale credenza, di quale importanza, che cosa abbia detto: con quali cose concordi e con quali sia discorde, se dica cose verosimili, se le cose che si leggono concordino con i luoghi e con i tempi. Non bisogna credere a caso a chi parla o a chi scrive”[20].
Applicando questa saggia massima al tema che ci occupa si potrà constatare ad esempio come alla critica circa la vicinanza, o meglio la “contiguità” del giudice amministrativo con il potere esecutivo, si potrà agevolmente rispondere che tale circostanza se è stata vera in una determinata porzione dell’esperienza Repubblicana, molto meno lo è stata nella triste stagione dell’ordinamento corporativo[21], o nella recente attualità caratterizzata da una tendenza del tutto opposta, sia per una sostanziale preclusione ed un rigido argine alla collaborazione dei giudici amministrativi negli uffici di staff, sia per una dichiarata insofferenza del potere esecutivo rispetto ai giudici amministrativi (ed ancor più al peso del loro sindacato demolitorio)[22]. Ed anzi questa significativa insofferenza del potere esecutivo sia a livello statale, sia a livello regionale, sia a livello di enti territoriali pare in evidente contraddizione con la supposta strutturale “cedevolezza” del giudice amministrativo rispetto alle ragioni dell’interesse pubblico. Anche le censure circa la commistione dei ruoli nella titolarità delle funzioni giurisdizionali e di quelle consultive, potrebbero essere considerate il frutto di una sopravvalutazione dottrinaria se solo lo si esamina in una prospettiva comparata alla luce della giurisprudenza delle Alte Corti europee rispetto ad analoghe istituzioni di Paesi dell’Unione[23].
E’ proprio la opinabilità delle contrapposte visioni dottrinarie che ci suggerisce di non incamminarci sulla stessa strada nel formulare una aggiuntiva posizione in questo dibattito popolato di rispettabilissimi e molto spesso accattivanti giudizi di valore. Da modesti giuristi si è pensato più utile prospettare qualche conclusione sul tema restando ancorati alle decisioni della Corte costituzionale pure sollecitata, per impulso per lo più di giudici ordinari, ad affrontare il tema della insufficienza delle garanzie di indipendenza e di imparzialità del giudice amministrativo.

3. La garanzia costituzionale della giurisdizione del giudice amministrativo è ancora giustificata?
Deve segnalarsi come l’approfondimento della Corte costituzionale in materia di giurisdizione amministrativa sia molto spesso (se non sempre) preceduto da una motivata ed argomentata premessa. Quasi un monito rispetto ai dubbi che, nelle ordinanze di rinvio, i giudici ordinari seminano ciclicamente.
La Corte costituzionale, infatti, ripetutamente ricorda come l’art. 103 non solo costituisca la principale garanzia costituzionale della giurisdizione del giudice amministrativo ma, al contempo, rappresenta un solido argine contro tutti i tentativi che in dottrina si avanzano in favore di una “giustizia non amministrativa”[24] e che militano per un ritorno al sistema monistico ed alla unicità dell’ordine che esercita la funzione giurisdizionale[25].
Del resto, l’obiettivo tutto politico di ricostruire la giurisdizione in termini monistici, e quindi di assicurare la unità della funzione giurisdizionale anche sul piano degli ordini giudiziari chiamati ad esercitarla, era un obiettivo che -dichiaratamente perseguito da alcuni Costituenti- non ha mai incontrato un diffuso e generale consenso. Come palesano i lavori dell’Assemblea costituente, infatti, al di là della pur autorevole voce di Piero Calamandrei, tali posizioni restarono assolutamente minoritarie ed isolate portando appunto ad assicurare al giudice amministrativo piena cittadinanza nell’ordinamento costituzionale repubblicano.
Di ciò offre ampia testimonianza anche la sentenza n. 204/2004. Nella prima parte della motivazione di questa pronuncia, infatti, la Corte ricorda come la Costituzione “ha riconosciuto al giudice amministrativo piena dignità di giudice ordinario per la tutela, nei confronti della pubblica amministrazione, delle situazioni soggettive” di interesse legittimo. Si dovrebbe trattare di una acquisizione scontata ormai, ma le questioni di legittimità costituzionale anche di recente riproposte hanno reso necessario questo chiarimento, così come hanno reso necessario ricordare la portata costituzionale del principio di unità della giurisdizione che, con le parole di Mortati, la Corte ricorda essere una “unità non organica, ma funzionale di giurisdizione, che non esclude, anzi implica, una divisione dei vari ordini di giudici in sistemi diversi, in sistemi autonomi”. In sostanza la Corte costituzionale, pur ricordando gli interventi di Calamandrei, sembra sfatare in modo deciso ed autorevole il mito della unità della giurisdizione e ciò fa in una prospettiva di arricchimento delle garanzie giurisdizionali dei singoli e di effettività di tutela che fa evidente tesoro dell’insegnamento di Vittorio Bachelet e di un suo non dimenticato lavoro[26].

Note

19.  Per una articolazione di questi argomenti si veda L. Ferrara, Attualità del giudice amministrativo, cit., 561 ss, spec. 581.  

20.  Il passo è tratto da Enea Silvio Piccolomini (poi Pio II, Papa), Dialogus de somnio quodam (databile intorno al 1453-1454), finalmente pubblicato con una mirabile traduzione critica in lingua italiana, Dialogo su un sogno, a cura di A. Scafi, Torino, 2004. La citazione è a 186.

21.  Si vedano tra i tanti, gli scritti di G. Melis, Il Consiglio di Stato ai tempi di santi Romano, Relazione al convegno “Il Consiglio di Stato durante la presidenza di Santi Romano” (Roma, febbraio 2003), in www.giustizia-amministrativa.it e più diffusamente Id., Fare lo Stato per fare gli italiani, Bologna, 2015, spec. nella parte seconda del lavoro Quanto è stato fascista lo Stato fascista, il cap. VIII, Il Consiglio di Stato: note sulla giurisprudenza ed il cap. IX La giurisdizione sul rapporto di impiego negli enti pubblici e il ruolo di Santi Romano.

22.  Si sono già ricordati gli interventi di Romano Prodi, Abolire Tar e Consiglio di Stato, cit., e del Presidente del Consiglio Matteo Renzi in più occasioni nella presente legislatura. V. supra  nota 6.

23.  Sul punto una efficace sintesi è nello studio di S. Mirate, L’indipendenza e la imparzialità del giudice amministrativo. Un’analisi problematica tra diritto interno e giurisprudenza CEDU, nel volume a cura di A. Sandulli e G. Piperata, Le garanzie delle giurisdizioni. Indipendenza ed imparzialità dei giudici, Napoli, 2012, 78 ss. e nelle riflessioni di M.P. Chiti, La giustizia amministrativa serve ancora?, in Astrid Rassegna, n.35/2006.

24.  Il più nobile dei quali è nelle belle pagine di A. Orsi Battaglini, Alla ricerca dello Stato di diritto. per una giustizia “non amministrativa” (Sonntagsgedanken), Milano, 2005, passim. Per un commento si veda Dir. pubbl., 2006, n. 1, con scritti di G. Silvestri, Un libro che fa ‘respirare’ (61 ss.); F.G. Scoca, Un pensatore generoso (69 ss.);  A. Travi, Rileggendo Orsi Battaglini (91 ss.); G.U. Rescigno, La tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi secondo la Costituzione italiana (dialogando con Andrea Orsi Battaglini a proposito del suo libro Alla ricerca dello Stato di diritto) (111 ss.).  

25.  Si veda A. Orsi Battaglini, op. ult. cit., 33 ss.

26.  V. Bachelet, La giustizia amministrativa nella Costituzione italiana, Milano, 1969.

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