La banca che ci manca. Le banche centrali, l’Europa, l’instabilità del capitalismo – Discussione sul libro di Pierluigi Ciocca (II parte)
Quando il mio amico Filippo Satta mi ha chiesto di intervenire in questo seminario, devo dire che ho avuto qualche perplessità: due tipi di perplessità.
Una, perché mi è sembrato che volesse sottoporre il nostro amico Pierluigi Ciocca ad una sorta di contrappasso. E cioè il fatto, come dire, di essere in qualche modo letto e presentato da un giurista, secondo un modulo in base al quale economisti e giuristi sono sempre collegati, ma sono collegati spesso da un rapporto di inimicizia o di estraneità; d’altra parte, ciascuno di noi in varie occasioni, per esempio incontrandoci talvolta in LUISS, si è messo questo cappello e ha rappresentato la propria parte.
Adesso mi consola il fatto di avere visto qui qual è la platea dei presentatori, che è tutta di giuristi, sicché mi sono convinto che, in realtà, il buon Filippo Satta vuol fare vivere al nostro amico Pierluigi una vera settimana di passione, nel senso stretto della parola.
La seconda perplessità nasce dal fatto che, quando si presenta un libro, non so mai bene cosa si presenti: se si presenta il libro, se si presenta l’autore o se in realtà si presenta il soggetto che presenta il libro, se stessi diciamo.
Perché la verità è che l’autore, molto spesso, ed è questo il nostro caso, non ha bisogno di presentazioni e quindi non è oggetto di una presentazione. Il libro, se è un buon libro, si impone da sé: i libri buoni si fanno leggere senza bisogno che ci sia qualcuno che, in qualche modo, richiami l’attenzione. Per cui, alla fine, spesso rimane solo il presentatore, e cioè viene presentata sostanzialmente la chiave di lettura attraverso la quale il lettore si è incontrato con l’autore e assieme all’autore con il libro.
Devo dire che queste perplessità erano forti, ma, aprendo il libro, mi sono in qualche modo sentito consolato perché le prime parole, le prime indicazioni che io ho trovato erano indicazioni che per noi giuristi, ed in particolare per noi giuristi del diritto pubblico, sono familiari. Perché, se si apre il libro e si coglie la premessa di questo libro, le parole che vengono evocate sono “autonomia”, “compiti”, cioè funzioni, discrezionalità e poi ancora, alla prima pagina del primo capitolo – “Le radici della Banca Centrale” – viene addirittura citato Massimo Severo Giannini e la sua nozione di discrezionalità amministrativa. Quindi, in realtà, una situazione di questo genere alla fine tranquillizza il giurista e gli consente, in qualche modo, di procedere a questa presentazione.
E allora, tranquillizzato il presentatore, occupiamoci invece di quel che occorre presentare.
La domanda che mi sono posto è che cos’è questo libro di Pierluigi Ciocca, come possiamo definirlo.
Questo è un libro che, a mio modo di vedere, opera su più livelli, perché (consentitemi di esprimermi da giurista perché tale sono e non aspiro ad essere altro) contiene una teoria generale dell’istituzione Banca Centrale, una storia del nascere, della scomparsa e del rinascere possibile dell’istituzione Banca Centrale, una chiave di lettura per interpretare la crisi, presenza o assenza di una Banca Centrale del tipo di quella che Pierluigi riconosce, e forse anche una nostalgia per un’istituzione che non c’è e che, come vedremo, poteva esserci, ma non c’è stata.
Io cercherò di illustrarvi tutti questi punti insieme, cercando di sintetizzare al massimo le suggestioni.
La prima questione: perché dico che questa è una teoria generale della Banca centrale? Perché, dopo averci ricordato le origini storiche dell’istituto, come questo si connette con la storia, con l’istituzione ed il pensiero dei fondatori (Thornton, Keynes etc.), Ciocca ci delinea, in qualche modo, una sorta di teoria pura della Banca Centrale, cioè ci dice quali dovrebbero essere, al di là delle esperienze storiche che l’hanno caratterizzata, i caratteri fondamentali, quale dovrebbe essere l’archetipo della Banca Centrale.
Ogni figura giuridica ha una storia, perché il diritto vive nella storia e non è fuori della storia, ma ogni esperienza giuridica, ogni figura giuridica, si proietta anche al di là della propria storia nella misura in cui cerca di funzionare, di interpretare, di condizionare la storia che verrà. Quindi, è il prodotto di una storia che c’è stata, ma va verso una storia che verrà.
La riprova di questa osservazione, cioè che noi siamo di fronte ad una teoria generale della Banca Centrale, sta nel fatto che Pierluigi Ciocca non ci parla né della Banca Centrale Nazionale né della Banca Centrale Europea, ma, in sostanza, richiama l’una e l’altra per avere osservazioni critiche più sull’altra che sull’una. È quindi evidente che il cuore della critica, anche della nostalgia, di Pierluigi Ciocca è rivolto sostanzialmente al sistema europeo della Banca Centrale perché è un sistema che in sostanza, secondo Pierluigi, non presenta tutti i requisiti che dovrebbe avere la Banca Centrale.
Allora, quale archetipo a nostra volta possiamo utilizzare per cercare di capire quali sono queste funzioni della Banca Centrale, queste funzioni tipiche?
Anche qui Pierluigi ci dà una mano: ci dice che in qualche modo bisogna guardare al passato.
Ed il passato che ci dice? Ci porta all’esperienza della nostra Banca Centrale, della Banca d’Italia, che, come ricorda Ciocca, ha dato anche un contributo alla formazione del modello astratto.
La nostra Banca d’Italia, istituita nel 1893 e poi divenuta, con la legge bancaria del 1936, un’istituzione di diritto pubblico, come voi sapete, esercitava due funzioni: il governo della moneta, al fine di garantire la stabilità, e la vigilanza nei confronti degli istituti di credito, al fine di garantire la solvibilità.
Che cosa è successo? Che queste due funzioni sono state in qualche modo “splittate”, sono state sostanzialmente separate. Infatti, la prima, cioè il governo della moneta, è attratta a livello europeo nel sistema economico della Banca Centrale, alla Banca Nazionale rimane la seconda, esercitata attraverso una serie di strumenti amministrativi.
La tesi di Ciocca qual è? Che questo splitting, questa divisione, in realtà produca un depauperamento della istituzione Banca Centrale tout court, perché non la mette nella condizione di intervenire a tutto tondo su quella che è l’incertezza, la contraddittorietà propria del sistema capitalistico.
Trascrizione dell’intervento al seminario sul libro di Pierluigi Ciocca “La Banca che ci manca. Le banche centrali, l’Europa, l’instabilità del capitalismo”, ApertaContrada 31 marzo 2015.