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Il modello italiano di intermediazione finanziaria

di - 10 Dicembre 2014
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La politica monetaria di tassi a breve pressoché nulli in termini nominali e soprattutto di decisa espansione della liquidità tanto spesso evocata dalla Bce va attuata. Ma non basterà. Dovrà essere il complemento di investimenti pubblici finalmente volti a combattere ristagno e deflazione nell’intera economia dell’Eurozona e in modo particolare in Italia, dove si muore per pioggia. Il quantitative easing dovrà fiancheggiare investimenti pubblici, taglio di spese correnti e detassazione, rimuovendo ogni vincolo finanziario alla ripresa di consumi e investimenti.
La finanza, le banche soprattutto, possono invece contribuire notevolmente al rilancio della produttività. Possono farlo almeno per due vie.
La prima via consiste nel favorire la crescita dimensionale delle imprese. Le economie di scala vi sono, eccome. Le imprese italiane, da sempre piccole, con moto perverso lo diventano sempre più. Il Censimento del 2011 ha registrato una dimensione media scesa a 3,7 addetti, il 60% dei 4,5 milioni di aziende con un solo addetto, il 90% con meno di 10 addetti. Nella stessa manifattura presso le aziende con meno di 10 dipendenti il valore aggiunto per addetto è metà della media nazionale e nel confronto europeo con le imprese di eguale dimensione non arriva al 50% del livello inglese, al 60% di quello francese, al 75% di quello tedesco. L’opposto si riscontra per le aziende manifatturiere italiane di media dimensione, con addetti compresi fra 50 e 250: la loro produttività supera del 25% la media nazionale del settore e del 15 per cento quella delle imprese di simile dimensione in Francia, Germania, Regno Unito. Salire dalla minima alla media dimensione sarebbe prezioso.
La seconda via consiste nel porre la produttività dell’impresa da finanziare al primo posto nella valutazione del suo merito di credito. Flussi di cassa, utili realizzati e attesi, patrimonio netto, capacità di servire il debito – i profili aziendali a cui i finanziatori e in particolare le banche tradizionalmente guardano – sono a propria volta dipendenti dalla produttività dell’azienda che chiede fondi. Nel contesto italiano presente e futuro dipendono e dipenderanno sempre più dalla capacità/propensione dell’impresa nell’innalzare, oltre alla dimensione aziendale, investimenti in ICT e in R&D, innovazione, qualità del prodotto. Solo il profitto da produttività è solido, tale da garantire alla banca il rimborso del fido e l’interesse.
Il cosiddetto “residuo” – il progresso tecnico – spiega la più gran parte della crescita moderna della “ricchezza delle nazioni”. Le banche e le altre istituzioni finanziarie del Paese devono capirlo. Devono porre il nesso fra crescita dimensionale e produttività delle aziende minori al centro delle loro valutazioni e delle loro scelte. Possono influire, perché queste imprese sono ampiamente dipendenti dalla finanza esterna, bancaria e non bancaria.
Vi è, infine, la questione della grande impresa.
I gruppi manifatturieri italiani di grande dimensione sono relativamente pochi, solo una decina con più di 15mila addetti. È stata mancata l’occasione delle privatizzazioni per concentrare e irrobustire la zona alta della nostra industria. La produttività di tali gruppi è più elevata di quella delle imprese medie e piccole, ma in Europa è inferiore del 10/15 per cento nel confronto con le conglomerate inglesi e tedesche. Una delle ragioni è che i gruppi italiani restano operanti in settori che non sono più alla frontiera dell’innovazione e del progresso tecnico: mezzi di trasporto e pneumatici, cioccolatini e spaghetti, cemento, occhialeria, abbigliamento di massa unito a servizi autostradali. Una diversificazione sarebbe auspicabile, anche quando tali attività risultassero tuttora profittevoli. L’iniziativa non può che muovere da quegli stessi gruppi, dai loro azionisti e amministratori. La finanza può svolgere una funzione, se non d’iniziativa, quantomeno di supporto, comunque da non sottovalutare.

Intervento al convegno “Il modello italiano di intermediazione finanziaria. Specificità, eredità e futuro”, tenutosi a Firenze il 28 novembre 2014. (Scarica la locandina)

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