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Gli impegni sui diamanti dividono i giudici europei

di - 20 Ottobre 2010
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Le misure concordate tra l’Autorità e l’impresa indagata, al di fuori dei vincoli imposti dal principio di proporzionalità e dal relativo sindacato giurisdizionale, potrebbero anche produrre danni a terzi, e in definitiva allo stesso equilibrio concorrenziale del mercato.
Questa eventualità non è resa maggiormente accettabile dalla considerazione del carattere volontario degli impegni.
Come ha osservato il Tribunale, nell’ambito della procedura disciplinata dall’art. 9, la decisione della Commissione non assume il valore di mera accettazione di una proposta liberamente formulata da una controparte contrattuale, ma resta invece pur sempre un atto di esercizio “delle prerogative conferite dagli artt. 81 e 82 CE[10]
Gli impegni, sganciati dal vincolo di proporzionalità rispetto alla infrazione, in virtù del consenso espresso dall’impresa indagata, potrebbero essere piegati al perseguimento di finalità di mero benessere del mercato e dei consumatori. Il rischio è quello di accentuare una china regolatoria, che è estranea ai compiti tipici dell’autorità antitrust.
Inoltre, da un punto di vista pratico, viene da chiedersi quale utilità presenti, ai fini di tutela della concorrenza, una procedura condotta all’ insegna della sommarietà, nella quale ad un accertamento sommario dell’ illecito antitrust segue una valutazione altrettanto sommaria del contenuto delle misure prescritte.
Né convince la risposta fornita sul punto dalla Corte di giustizia, la quale si appella ad esigenze di “economia processuale”, alla opportunità cioè di concludere rapidamente il procedimento avviato dalla Commissione. Non dobbiamo infatti dimenticare che l’area di naturale applicazione, e di possibile applicabilità, della procedura disciplinata dall’art. 9 è quella delle violazioni non gravi. Ma proprio nelle ipotesi di violazioni non gravi, la Commissione, o in genere l’autorità amministrativa antitrust, può anche astenersi del tutto dall’intervenire.
Sul piano teorico, suscita perplessità l’idea che il previo consenso, manifestato dall’impresa indagata possa affievolire la portata dei principi di proporzionalità-giustiziabilità e dunque che il regime amministrativo (ovvero il complesso dei principi e delle norme che regolano l’agire amministrativo) riguardi esclusivamente quella sfera di attività nella quale l’amministrazione agisce come autorità.
Proprio il diritto europeo ed i suoi giudici ci hanno istruiti ad una concezione sostanziale della pubblicità e all’idea che il “regime amministrativo” trova il suo punto di riferimento non già nella peculiarità delle forme, nelle quali si debba esprimere l’organizzazione o l’attività, bensì nella sostanza di queste. Sul piano del diritto interno questa conclusione trova una conferma nell’art. 97 Cost., interpretato dalla giurisprudenza come riferibile a tutta l’attività amministrativa, indipendentemente dalle forme nelle quali è svolta[11].
La decisione del Tribunale di primo grado ha avuto una eco immediata nella giurisprudenza italiana.
Nella sentenza dell’8 maggio 2009, n. 4994, Servizi di soccorso autostradale, la prima sezione del Tribunale amministrativo del Lazio ha affrontato la questione dei limiti al potere discrezionale della Autorità, quando essa adotta le decisioni ex art. 14-ter., e della sottoponibilità di queste al sindacato di proporzionalità.
Gli impegni con i quali le società concessionarie autostradali si erano obbligate ad affidare il servizio di soccorso autostradale mediante concessioni ad operatori selezionati  a seguito di procedure ad evidenza pubblica sono stati sottoposti dal giudice amministrativo al test  di proporzionalità, secondo i due parametri della idoneità e della necessità.
La decisione dell’Autorità è stata annullata poiché questa “ non solo non ha dimostrato la congruità delle misure (…) rispetto alle finalità asseritamente perseguite con l’avvio del procedimento istruttorio, ma ulteriormente ha omesso di offrire apprezzabili argomentazioni in ordine alla necessità di approvazione delle stesse”.
Il Tar ha pure avvertito il pericolo che misure eccedenti il problema concorrenziale possano concretare un “intervento manipolativo” dell’Autorità sul mercato. Ma questo “quantunque veicolato dalla accettazione di impegni proposti dalle parti, appare trasmodare dalle prerogative legittimamente esercitabili dall’Autorità, venendo ad integrare una determinazione regolatoria del mercato stesso, che il Collegio ritiene esorbitante rispetto alle attribuzioni di vigilanza, controllo e verifica in ordine al corretto svolgimento delle dinamiche competitive che l’ordinamento disciplina e demanda all’Antitrust”
La vicenda è ora all’esame del Consiglio di Stato e sarà interessante verificare se il revirement della Corte di giustizia, rispetto all’interpretazione seguita dal Tribunale, troverà un seguito nella giurisprudenza nazionale.

Note

10.  Cfr. Tribunale di primo grado, 11 luglio 2007, cit. punto 87.

11.  Cfr. Cons. Stato, (Ad. Plen.), 22 aprile 1999, n. 4, che ha affermato il principio dell’applicabilità del regime amministrativo, condensato nell’endiadi del buon andamento e dell’imparzialità dell’art. 97 Cost., a tutta l’attività dell’amministrazione, anche se svolta nelle forme del diritto privato.

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