La riforma della giustizia civile: si è aperto un altro capitolo
La tecnica legislativa, per le espressioni adoperate e per la collocazione delle disposizioni, lascia spazio a dubbi interpretativi. Le energie necessarie per superarli potrebbero essere risparmiate, se i testi fossero stati redatti con attenzione e diligenza.
Basti pensare che il processo ordinario innanzi al tribunale risulta attualmente regolato dalla disciplina anteriore al 30 aprile 1995 per i processi iniziati prima di tale data; da quella vigente dal 1° maggio 1995 al 28 febbraio 2006, da quella vigente dal 1° marzo 2006 al 24 giugno 2008, da quella vigente dal 25 giugno 2008 e da quella vigente dal 4 luglio 2009.
Basti pensare che non solo l’art. 155, co. 3°, rispetto al quale il legislatore è intervenuto con l’ultima riforma, ma anche gli artt. 136, co. 3°, 149, co. 3°, e 170, co. 4°, sulle comunicazioni e sulle notificazioni per posta elettronica e per fax, si applicano soltanto ai processi iniziati dopo il 1° marzo 2006 e le ulteriori modificazioni in materia si applicano soltanto ai processi iniziati dopo il 4 luglio 2009.
Basti pensare che l’applicazione dell’art. 616 c.p.c. novellato ai processi pendenti può determinare la salvezza dei ricorsi per cassazione già proposti soltanto in base ad una rigida interpretazione del principio tempus regit actum; ma questo criterio interpretativo conduce alla dichiarazione di inammissibilità degli appelli erroneamente già proposti, nonostante la sopravvenuta ammissibilità del gravame.
Basti pensare che la sopravvenuta generale irrilevanza del sabato nel computo dei termini processuali, ai sensi dell’art. 155, co. 3°, c.p.c. potrebbe non salvare gli atti compiuti prima dell’entrata in vigore, anche se la decadenza non è stata ancora dichiarata e, nel nuovo contesto normativo, quando la tempestività dell’atto è valutata, esso sarebbe correttamente compiuto.
Basti pensare che l’onere di rinnovazione entro un anno delle trascrizioni delle domande giudiziali, dei pignoramenti e dei sequestri può operare soltanto per quelle per le quali il termine sia già scaduto prima dell’entrata in vigore della legge, mentre quelle per le quali il termine sia scaduto o scada dopo l’entrata in vigore della legge avrebbero dovuto essere rinnovate prima della scadenza.
Basti pensare alla miriade dei nodi interpretativi posti dalla nuova disciplina.
Nell’immediato, occorre riconoscere che la riforma ha raggiunto lo scopo di differire le reazioni delle istituzioni europee, ma le energie degli interpreti e degli operatori sono concentrate nella comprensione dei nuovi testi, più che all’effettivo funzionamento del sistema giustizia.
Nonostante ciò «ci metteremo al nostro lavoro ed adempiremo al “compito quotidiano” nella nostra qualità di uomini e nella nostra attività professionale» (M. Weber, Il lavoro intellettuale come professione, tr. it. Torino, 1967, p. 43).