La riforma della giustizia civile: si è aperto un altro capitolo

1.– La riforma del processo civile è nel Capo IV della l. 18 giugno 2009, n. 69 (in Gazz. uff. 19 giugno 2009, n. 140, S.O. n. 95).
Dopo lo tsunami del 2005 – 2006, che aveva concluso la XIV Legislatura, all’inizio della XV, il 27 giugno 2006, il ministro della giustizia dichiarava che «il tumultuoso incedere degli interventi del legislatore può essere, a sua volta, causa di crisi del sistema». Ma il 21 dicembre 2006, dopo l’incontro, a Strasburgo, del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, era manifestata l’intenzione di adottare «un certo numero di riforme legislative sulle procedure giudiziarie». La riforma del processo civile era annunciata il 23 ed il 24 gennaio 2007, poco prima di una nuova riunione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, tenutasi il 14 febbraio 2007. All’esito di questo incontro, veniva concesso termine all’Italia fino a novembre 2008.
Il disegno di legge riprendeva molte delle proposte avanzate da Magistratura Democratica nell’incontro degli Osservatorî sulla giustizia civile ad Alghero nel 2004, e presentato a Roma il 23 giugno 2006.
Ad Alghero, nell’ottobre del 2004, infatti, nel corso del Convegno sui protocolli d’udienza e sull’ufficio per il processo, venne presentato un progetto di riforma della giustizia civile, sul quale furono manifestate diffuse critiche e perplessità. Sulla traccia di quel progetto, nel giugno del 2006, Magistratura Democratica presentò una propria proposta. Nella primavera del 2007, il Governo, pressato dalle istituzioni europee, ritenne di recepirla.
Conclusa anticipatamente la XV Legislatura, il 4 giugno 2008, il nuovo ministro della giustizia, tra l’altro, affermava che «si preferisce – piuttosto che procedere a un’ulteriore riforma organica del codice di procedura civile – intervenire su specifici punti del rito civile e prevedere misure organizzative al fine di ridurre i tempi processuali».
Ma, il 18 giugno 2008, il Consiglio dei ministri approvava un decreto legge ed un disegno di legge, recanti, l’uno e l’altro, disposizioni «per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria».
Per quanto riguarda la giustizia e, in particolare, la giustizia civile, nel decreto e nella proposta di legge erano raccolti i progetti elaborati e discussi nel corso della Legislatura precedente.
Gli artt. 181 e 429 c.p.c. sono stati modificati con il d.l. 25 giugno 2008, n. 112, conv. in l. 6 agosto 2008, n.133.
Il 5 agosto 2008, il disegno di legge è stato stralciato. La parte relativa al processo civile, ma non solo, è stata inserita nel d.d.l. 1441 bis.
Il 4 dicembre 2008, il Consiglio dei ministri dell’Unione Europea ha preso atto delle  iniziative assunte, ma ha invitato l’Italia ad un monitoraggio della situazione.
Nel disegno di legge, è stata aggiunta anche la proposta di riforma del giudizio in Cassazione. Il tentativo di modificare ancora il giudizio di legittimità era stato compiuto, una prima volta, nella legge di conversione del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, ma l’emendamento governativo, presentato la mattina del 10 luglio 2008, era stato ritirato nel pomeriggio. La proposta ha sollevato vivaci reazioni critiche nella avvocatura, nella magistratura e nella accademia. Il ministro della giustizia, alla Conferenza Nazionale della Avvocatura, il 26 novembre 2008, annunciava la presentazione di un emendamento correttivo al Senato. Questo emendamento era presentato e, da dicembre 2008 a febbraio 2009, il dibattito sulla riforma del giudizio di legittimità si acquietava. Sennonché, il 25 febbraio 2009, l’emendamento correttivo era ritirato. Alla Commissione Giustizia della Camera, dove la proposta era ritornata in seconda lettura, in un primo momento, maggioranza ed opposizione si orientavano per uno stralcio di questa parte della riforma. Il testo approvato, invece, è il risultato del parere votato alla unanimità dalla Commissione Giustizia della Camera dei deputati il 22 aprile 2009.
Il disegno di legge è stato approvato definitivamente il 26 maggio 2009.
Il d.d.l. 1441 ter, con il quale è stata, tra l’altro, approvata la riforma della tutela collettiva risarcitoria, è stato definitivamente approvato il 10 luglio 2009; il d.d.l. 1441 quater, che contiene, tra l’altro, la riforma del processo del lavoro, pende al Senato, con il n. 1167.

2.– La l. 18 giugno 2009, n. 69, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 19 giugno 2009. È entrata in vigore il 4 luglio 2009.
Per quanto riguarda il processo civile, è stata modificata la competenza per valore del giudice di pace; è stata introdotta una nuova singolare ipotesi di competenza per materia sugli accessori dei crediti previdenziali
È cambiata la forma dei provvedimenti sulla competenza, nonché la disciplina della relativa eccezione.
È mutata la normativa della rappresentanza, anche tecnica, quella sulle spese e quella dei termini, molti dei quali, tranne quelli di comparizione, sono abbreviati.
È stato generalizzato il principio della rimessione in termini.
È stata sottratta alla tempestiva eccezione di parte la dichiarazione di estinzione del processo.
È stato previsto un onere di specifica contestazione.
Sono stati introdotti la «testimonianza scritta» e il «calendario del processo».
È stato confermato, per il processo ordinario non anche per quello del lavoro, il divieto di nuovi documenti in appello.
È cambiata la forma ed il contenuto delle sentenze, la pubblicazione delle quali può essere disposta d’ufficio.
Sono stati soppressi i «quesiti», quali requisiti di ammissibilità del ricorso per cassazione, ed è stato riformato il giudizio di legittimità.
Sono state introdotte le misure coercitive ed un nuovo procedimento sommario, al quale è riconosciuta, nella disposizione di delega, una grande forza espansiva.
Sono stati ritoccati il procedimento cautelare ed il processo esecutivo, colpiti dalle riforme del 2006.
È stato abrogato il processo commerciale ed è venuta meno l’estensione del rito del lavoro alle controversie in materia di incidenti stradali.
Si tratta di interventi di manutenzione dell’esistente, della correzione di recenti interventi rivelatisi incongrui. Ma si tratta anche di radicali innovazioni.
Il 4 marzo 2009, il Ministro della giustizia ha salutato l’approvazione al Senato, rilevando che «si tratta di una vittoria straordinaria che assicura una forte accelerazione dei giudizi, snellendone le varie fasi e garantendo una decisione più rapida delle controversie».
L’esperienza applicativa potrà indicare gli effetti della ventata riformatrice: se questa sarà risolutiva o se il «tumultuoso incedere degli interventi del legislatore» abbia contribuito all’aggravamento della crisi del sistema.

3.– Per quanto riguarda la disciplina transitoria, l’art. 58, co. 1°, 2°, 3° e 5°, limita l’applicazione delle nuove disposizioni del codice di procedura civile ai «giudizi instaurati dopo» il 4 luglio 2009. La riforma del processo in Cassazione, di cui all’art. 47, si applica ai provvedimenti pubblicati o depositati «dopo» tale data.
L’abrogazione della estensione del rito del lavoro alle «cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali», disposta dall’art. 53, co. 1°, e quella delle «norme di procedura» di cui al d.leg. 17 gennaio 2003, n. 5, disposta dall’art. 55, co. 5°, non opera, ai sensi, rispettivamente, dell’art. 53, co. 2°, e dell’art. 55, co. 6°, per le «controversie pendenti» alla data del 4 luglio.
Sono invece immediatamente applicabili, anche ai processi già pendenti «in primo grado», gli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. sulla motivazione delle sentenze; l’art. 345 c.p.c. sui nuovi documenti in appello; l’art. 616 c.p.c. sulla appellabilità delle sentenze in tema di opposizione alla esecuzione. L’efficacia dell’art. 155, co. 5° e 6°, c.p.c. sulla rilevanza del sabato nel computo dei termini processuali (limitata dall’art. 2, co. 4°, l. 28 dicembre 2005, n. 263, modificato dall’art. 39 quater, co. 2°, d.l. 30 dicembre 2005, n. 273, conv. dalla l. 23 febbraio 2006, n. 51 ai procedimenti instaurati dopo il 1º marzo 2006), è estesa a quelli allora pendenti.
L’art. 58, co. 4°, impone la rinnovazione, entro un termine di dodici mesi dalla entrata in vigore della legge, delle trascrizioni delle domande giudiziali, dei pignoramenti e dei sequestri eseguite da oltre venti anni.
E’ anche immediatamente applicabile la nuova disciplina della decisione delle questioni di giurisdizione di cui all’art. 59, nonché le novità in tema di contributo unificato e imposta di registro nel processo innanzi alla corte di Cassazione di cui all’art. 67.

La tecnica legislativa, per le espressioni adoperate e per la collocazione delle disposizioni, lascia spazio a dubbi interpretativi. Le energie necessarie per superarli potrebbero essere risparmiate, se i testi fossero stati redatti con attenzione e diligenza.
Basti pensare che il processo ordinario innanzi al tribunale risulta attualmente regolato dalla disciplina anteriore al 30 aprile 1995 per i processi iniziati prima di tale data; da quella vigente dal 1° maggio 1995 al 28 febbraio 2006, da quella vigente dal 1° marzo 2006 al 24 giugno 2008, da quella vigente dal 25 giugno 2008 e da quella vigente dal 4 luglio 2009.
Basti pensare che non solo l’art. 155, co. 3°, rispetto al quale il legislatore è intervenuto con l’ultima riforma, ma anche gli artt. 136, co. 3°, 149, co. 3°, e 170, co. 4°, sulle comunicazioni e sulle notificazioni per posta elettronica e per fax, si applicano soltanto ai processi iniziati dopo il 1° marzo 2006 e le ulteriori modificazioni in materia si applicano soltanto ai processi iniziati dopo il 4 luglio 2009.
Basti pensare che l’applicazione dell’art. 616 c.p.c. novellato ai processi pendenti può determinare la salvezza dei ricorsi per cassazione già proposti soltanto in base ad una rigida interpretazione del principio tempus regit actum; ma questo criterio interpretativo conduce alla dichiarazione di inammissibilità degli appelli erroneamente già proposti, nonostante la sopravvenuta ammissibilità del gravame.
Basti pensare che la sopravvenuta generale irrilevanza del sabato nel computo dei termini processuali, ai sensi dell’art. 155, co. 3°, c.p.c. potrebbe non salvare gli atti compiuti prima dell’entrata in vigore, anche se la decadenza non è stata ancora dichiarata e, nel nuovo contesto normativo, quando la tempestività dell’atto è valutata, esso sarebbe correttamente compiuto.
Basti pensare che l’onere di rinnovazione entro un anno delle trascrizioni delle domande giudiziali, dei pignoramenti e dei sequestri può operare soltanto per quelle per le quali il termine sia già scaduto prima dell’entrata in vigore della legge, mentre quelle per le quali il termine sia scaduto o scada dopo l’entrata in vigore della legge avrebbero dovuto essere rinnovate prima della scadenza.
Basti pensare alla miriade dei nodi interpretativi posti dalla nuova disciplina.
Nell’immediato, occorre riconoscere che la riforma ha raggiunto lo scopo di differire le reazioni delle istituzioni europee, ma le energie degli interpreti e degli operatori sono concentrate nella comprensione dei nuovi testi, più che all’effettivo funzionamento del sistema giustizia.
Nonostante ciò «ci metteremo al nostro lavoro ed adempiremo al “compito quotidiano” nella nostra qualità di uomini e nella nostra attività professionale» (M. Weber, Il lavoro intellettuale come professione, tr. it. Torino, 1967, p. 43).