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Era morto e non lo sapeva.
Intorno al regolamento di giurisdizione

di - 2 Marzo 2009
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La seconda conseguenza è più complessa, e, in definitiva, non di puro diritto. La devoluzione di una controversia al giudice ordinario o amministrativo dipendeva, come si è visto, dalla qualificazione dell’interesse sostanziale leso, per il quale si chiedeva tutela, come “diritto soggettivo” o “interesse legittimo”. Sennonché nel mondo del diritto esistono miriadi di leggi, di regolamenti, di provvedimenti di ogni genere e specie, da cui discende un coacervo sterminato di interessi, ora soddisfatti, ora lesi. Non esistono “diritti soggettivi”, esattamente come non esistono “interessi legittimi”. Sono categorie totalmente astratte, entro le quali un certo tipo di metodica giuridica pensò di ridurre l’esperienza giuridica, per fissarne l’essenza. Per inquadrare un interesse sostanziale qualsiasi entro la categoria di “diritto soggettivo” o di “interesse legittimo” è quindi necessario (a) individuare i tratti propri del diritto soggettivo; (b) individuare quelli dell’interesse legittimo; (c) assumere questi tratti a strumento di interpretazione della vita e della realtà; (d) applicarli infine alle vicende concrete per dire se un dato interesse presenta i tratti del diritto soggettivo o dell’interesse legittimo. Come ognun vede questa è un’operazione che reca in sé un margine di arbitrarietà tanto elevato, quanto incontrollabile. Basti dire che nel corso di un secolo si sono succeduti circa dieci diversi criteri per distinguere in concreto un “diritto soggettivo” da un “interesse legittimo”.
Di tutto ciò si parla qui per un’unica ragione: dalla decisione della Cassazione del 1891, che negava qualunque possibilità di scegliere il tipo di giudice cui chiedere la tutela dell’interesse leso dall’amministrazione, è derivato che la Cassazione stessa si è arrogata il potere di dire nell’an, a priori, se un danno recato dall’amministrazione era o non era risarcibile. Vuoi in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, vuoi a giudizio di merito concluso, solo la Cassazione poteva dire se l’interesse µ era o non era risarcibile (se era “diritto soggettivo” o – come spesso si sottolineava – non “interesse legittimo”, ma “mero interesse legittimo”).
4. Non rileva qui se questo sistema fosse buono o cattivo, giusto o ingiusto, opportuno o inopportuno. Chi scrive ha già espresso più volte la propria opinione e sarebbe inutile ripetersi. Rileva un altro profilo: e cioè che il sistema era coerente. Tra il 1865 ed il 1890, infatti, la legge aveva dato al cittadino un giudice per la tutela dei suoi diritti nei confronti della pubblica amministrazione ed a questa, ed alle procedure di ricorso interno, affidato la garanzia dei non-diritti. C’erano insomma interessi meritevoli di tutela giudiziaria ed altri che non lo erano. Un giudice dei conflitti era indispensabile per sapere con certezza se e quando un interesse poteva essere portato al giudice, all’unico giudice, e non lasciato all’amministrazione. In altre parole, chiudeva il sistema e ne garantiva la coerenza.
Eadem ratione il sistema continuò ad essere coerente dopo il 1890. Certo vi era stato un cambiamento significativo, con l’entrata in scena di un altro giudice. Ma era un giudice “amministrativo”, giudice della legittimità degli atti e provvedimenti, che oltre al sindacato sulla loro legittimità ed al loro eventuale annullamento non poteva andare, secondo la stessa logica che aveva ispirato il sistema precedente. Il vero giudice insomma restava uno solo. Il giudice dei conflitti garantiva la coerenza del sistema, dicendo chi doveva godere (o accontentarsi) dell’annullamento e chi godere (o accontentarsi) del risarcimento.
5. La sentenza n. 500/1999 delle sezioni unite ha letteralmente spezzato il sistema, per il semplice motivo che ha reso risarcibile il danno recato con gli interessi legittimi. Di questa rottura essa era stata ben consapevole: nel tentativo di mantenere una differenza strutturale tra giudice ordinario e amministrativo, nella lunga parte propositiva con cui si conclude essa afferma che la giurisdizione per il risarcimento del danno sarebbe dovuta spettare al giudice ordinario. Ma quando la legge dell’anno successivo, 21 luglio 2000, n. 205, ha attribuito al giudice amministrativo – e non al giudice ordinario – la competenza per il risarcimento del danno recato con i provvedimenti amministrativi, essa ha anche, ed irreversibilmente, confermato la rottura con il sistema di tutela giurisdizionale avviato nel 1865: la tutela degli “interessi legittimi” comprende il risarcimento del danno ad essi recato.

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