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Crisi e istituzioni. Una “nuova” interpretazione della Grande Depressione

di - 6 Febbraio 2009
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La ripresa economica dalla Depressione 1929-33, sebbene ritardata di due anni dall’esperimento della NRA, si riavviò [15]. Ma il “secondo New Deal” fa precipitare il paese nella “Depression within the Depression“del 1937-38: Roosevelt è rieletto nel 1936 con un supporto più radicale e progressista, formato da socialisti, classi operaie e agricole, minoranze etniche. Dal maggio 1937, cadono la borsa (con un crollo significativo nell’ottobre) e la produzione industriale; nel 1938 il prodotto nazionale subisce di nuovo una forte contrazione; la disoccupazione, che salendo rapidamente aveva toccato il 26 per cento nel 1932 ed era scesa al 12 per cento nel maggio ‘37, si riporta al 20 per cento.

La motivazione, secondo Smiley, non fu negli aumenti dei prezzi perseguiti dai grandi monopoli, contro cui si scagliò il presidente, ma nella perdurante restrizione della banca centrale, nell’aumento del costo del lavoro anche provocato dalla forza delle unions sindacali (che preferivano la tutela degli occupati al riassorbimento dei disoccupati), e soprattutto nella “regime uncertainty” che paralizzava gli investimenti. “In retrospettiva sappiamo che gli SU non divennero negli anni ’30 una sorta di stato socialista, ma ciò non era così ovvio agli imprenditori di allora”. I New Dealers avversi alla concentrazione della ricchezza e al big business “speravano di disintegrare (break-up) tutti i grandi conglomerati e tornare a un idillico mondo di numerose piccole imprese” [16].

Così, fu solo con la guerra che, intensificandosi l’attività di spesa pubblica per il suo finanziamento (rispetto al 1929, le entrate salirono nel 1941 di 4 volte e le spese di 8 volte, e il disavanzo fu nel ’41 di oltre il doppio dell’intero ammontare della spesa pubblica del ’29 [17]), l’America avviò una decisa ripresa economica.

4. Questa “new view of its [della Depressione] causes and consequences” (così recita la sovracoperta del libro di Smiley) non è, in effetti, nuova [18], né necessariamente convincente. Tuttavia, il rilievo del fattore normativo-istituzionale aiuta a porci un quesito attuale: al di là delle iniziative di politica monetaria e fiscale, in quale direzione, e con quale intensità, si indirizzerà l’intervento pubblico? Non è possibile dire come la regolazione della finanza si evolverà, ma l’espressione public utility, finora anatema nel discutere del settore, ricorre frequente. Abbiamo visto, con riferimento all’America, che lo Stato appare un capitalista, e ancor più un imprenditore, riluttante, ma anche che l’ampiezza del suo intervento nel settore finanziario non appare finora dissimile da quella della Depressione. Si sottolinea, o si auspica, che esso uscirà dal capitale delle banche appena possibile, ma si nota che “la gestione privata di rischi [ormai] socializzati è pericolosa” [19]. Altre forme di intervento che ho citato, di carattere più intensamente dirigistico e protettivo, sembrano legate a una fase storica in cui il concetto di libera concorrenza era visto come potenzialmente distruttivo per produttori e forza lavoro, mentre il beneficio del consumatore stentava a essere riconosciuto, donde interventi d’imperio su costi e prezzi. Tuttavia, sono ipotizzabili esborsi di “salvataggio” pubblico, anche industriale, senza contropartita, in termini gestionali e di allocazione delle risorse, per chi vi ha proceduto? Le stesse misure protettive del lavoro, che persero vigore per lunghi anni così da giustificare l’espressione di Samuelson, che parla criticamente di una “cowed labor force[20], di una “ammansita forza lavoro”, tornano di attualità, almeno sul piano del dibattito se non nelle leggi, col rapido ascendere della disoccupazione [21].

Note

15.  Smiley, p.104

16.  Smiley, p. 129. Sul tema, Schwarz J.A., The New Dealers.Power Politics in the Age of Roosevelt, Knopf, 1993

17.  Bureau of Economic Analysis, cit.

18.  Cfr., ad es., Buchanan J.M., The Economic Constitution and the New Deal: Lessons for Late Learners, in Walton G.H. (a cura di), Regulatory Changes in an Atmosphere of Crisis. Current Implications of the Roosevelt Years, Academic Press, 1979. Più recentemente: Powell J., FDR’S Folly. How Roosevelt and His New Deal Prolonged the Great Depression, Crown Books, 2004 , una ancor più radicale critica della politica del New Deal rooseveltiano.

19.  Wolf M., Are UK banks too big to rescue?, in ft.com, 23.1.09

20.  Samuelson P., Wherein do the European and American models differ?, discorso tenuto alla Banca d’Italia, 2.10.97

21.  Tra la ormai ampia letteratura sull’economia italiana interbellica, si citano Toniolo G., L’economia dell’Italia fascista, Laterza, 1980, e il più recente Ciocca P., Ricchi per sempre? Una storia economica d’Italia, Bollati Boringhieri, 2007, cap. 8. Sugli aspetti istituzionali che qui più rilevano: Cianci E., Nascita dello Stato imprenditore in Italia, Mursia, 1977

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