L’azione risarcitoria (individuale e collettiva) nei confronti della P.A.: uno strumento (anche) per l’efficienza dell’azione amministrativa?
2. L’efficienza della pubblica amministrazione: rimedi ex ante ed ex post.
I risultati raggiunti dalla letteratura economica mostrano come la tutela giurisdizionale (in particolare, risarcitoria) non sia da sola sufficiente ad arginare le disfunzioni dell’apparato amministrativo e a promuoverne l’efficienza, dovendo essa necessariamente accompagnarsi a riforme di carattere strutturale e organizzativo che incentivino ex ante l’adozione di pratiche virtuose da parte degli uffici pubblici.
Infatti, l’azione risarcitoria (specie se collettiva) può determinare effetti distorsivi, legati al fatto che gli obiettivi tradizionalmente sottesi all’istituto della responsabilità civile, come elaborati dalle teorie di Law & Economics[5], non sembrano, in linea generale, trovare piena rispondenza nel caso della P.A. In particolare, poiché l’azione amministrativa non ha obiettivi di conseguimento del profitto (almeno come tradizionalmente inteso), può risultare attenuata la portata deterrente del risarcimento[6].
Inoltre, in presenza di illeciti diffusi, il costo del risarcimento imposto alla P.A. finirebbe, comunque, per gravare sui cittadini, sotto forma di maggiori tasse o di minori erogazioni, piuttosto che sul bilancio dell’ente responsabile. Sicché anche la finalità di neutralizzazione dell’evento per i danneggiati resterebbe in parte frustrata, posto che anch’essi sopporterebbero pro rata il costo pubblico del risarcimento. Quest’ultimo aspetto assume particolare rilevanza proprio in presenza di strumenti di azione risarcitoria collettiva, ove l’entità dell’esposizione della P.A. rispetto a condotte plurioffensive, potrebbe avere significativi impatti sui bilanci dello Stato o delle amministrazioni locali, sì da ridurre i benefici del risarcimento.
Sotto altro profilo, una forte accentuazione della responsabilità civile del dipendente pubblico, se da un lato può costituire uno stimolo verso un più efficiente svolgimento delle funzioni pubbliche, dall’altro può addirittura scoraggiare condotte virtuose, potendo generare (ove non controbilanciata dall’introduzione di un sistema di premi sufficientemente generoso) eccessi di deterrenza dettati dal timore delle conseguenti responsabilità. Essa, inoltre, rischia di rimanere lettera morta a fronte di ritardi e disservizi direttamente riconducibili a disfunzioni di natura organizzativa, non imputabili come tali al singolo operatore (o comunque idonei ad affievolirne il coinvolgimento).
Anche e proprio in ragione dei limiti di un sistema di incentivi basato esclusivamente su rimedi di natura ex post, un recente filone di letteratura[7], sviluppando – seppur in chiave critica – alcune premesse del c.d. New Public Management (NPM)[8], sottolinea l’esigenza di rafforzare la tutela ex ante degli interessi dei cittadini, ridefinendo il ruolo della P.A. nei confronti di questi ultimi, favorendone l’acquisizione di un atteggiamento non più passivo, ma attivo e partecipativo rispetto alla organizzazione e alla fornitura di servizi pubblici.
Si auspica, in particolare: i) l’introduzione di adeguati meccanismi di voice e di estesi poteri informativi a favore dei consumatori/utenti della prestazione amministrativa; ii) l’orientamento ai risultati (anche attraverso l’introduzione di incentivi correlati alla performance); iii) l’acquisizione di livelli di adeguata professionalità da parte dei dipendenti pubblici; iv) un monitoraggio costante dell’attività, con controlli di qualità affidati ad organismi esterni o agenzie indipendenti (il cui funzionamento preveda il coinvolgimento dei cittadini); v) la creazione di sistemi di denuncia e di segnalazione prodromici all’adozione di meccanismi correttivi in caso di disservizi; vi) l’ampio ricorso all’e-government.
Tutto ciò dovrebbe costituire una spinta in direzione dell’efficienza, oltre che favorire una maggiore attenzione ai bisogni dei cittadini. In effetti, anche l’analisi empirica [9] ha da tempo messo in luce un significativo miglioramento della performance delle amministrazioni locali in connessione con il riconoscimento, in favore dei cittadini, di ampie garanzie di partecipazione procedimentale e incisivi poteri di denuncia di eventuali inefficienze. Studi più recenti[10] segnalano, infine, la considerevole entità delle economie realizzabili dalle pubbliche amministrazioni, in relazione al possesso di più elevati requisiti di professionalità da parte dei loro dipendenti.
Note
5. Tali teorie individuano due principali ragioni giustificative dell’istituto della responsabilità civile. Esso, da un lato, imponendo agli autori di condotte dannose di risarcire i danni subiti dalle vittime, alloca in capo agli stessi i costi sociali di tali condotte, così da promuovere livelli efficienti di investimento nell’adozione di misure di prevenzione (cfr. G. CALABRESI, The Costs of Accidents: A Legal and Economic Analysis, New Haven, 1972; S. SHAVELL, Economic Analysis of Accident Law, Cambridge, 1987). Dall’altro, mira a ripristinare l’originaria curva di utilità della persona danneggiata, trasferendo in capo al danneggiante le conseguenze patrimoniali dell’evento, sì da rendere la posizione della vittima indifferente rispetto alla realizzazione della condotta dannosa. V. R. COOTER U. MATTEI P. G. MONATERI R. PARDOLESI T. ULEN, Il mercato delle regole. Analisi economica del diritto civile, Bologna, 1999, 367); P. CIOCCA – I. MUSU (a cura di), Economia per il diritto, Torino, 2006, 159. ↑
6. Cfr. J. LEVINSON, Making Government Pay: Market, Politics and the Allocation of Constitutional Costs, in U. Chi. L. Rev., 2000, vol. 67, 345355. Secondo l’Autore, “When the political cost of diverting public resources to loss prevention is sufficiently high, government will not make the investment even if when it is economically justified. As a result, tort liability cannot be expected to promote efficient governmental investment in loss prevention”. Sulla stessa linea, v. L. KAPLOW, Transition Policy: A Conceptual Framework, in J. Contemp. Legal Issues, 2003, vol. 161, 19295; E. J. MANDEREY, Efficiency Considerations of Compensating the Wrongfully Convicted, in Crim. L. Bull., 2005, vol. 41, 28789. Cfr., inoltre, D. C. MUELLER, Public Choice III, Cambridge, 2006, 359.↑
7. C.d. Open Government e Digital Era Governance. Cfr. OECD, Public Sector Modernisazation: Open Government, Policy Brief, 2005; P. DUNLEAVY H. MARGETTS S. BASTOW J. TINKLER, Digital Era Governance: IT Corporations, the State and EGovernment, Oxford, 2006; OECD, Towards Better Measurement of Government, Working paper, 2007.↑
8. Su cui cfr. A. GRAY – B. JENKINS, From public administration to public management: reassessing a revolution?, in Public Administration, 1995, vol. 73, 7599; P. W. INGRAHAM, Reinventing the American federal government: reform redux or real change, id., 1996, vol. 74, 453475; K. YOUNG, Reinventing local government? Some evidence assessed, id., 347367. Secondo tale filone di pensiero, la razionalizzazione del settore pubblico e la sua reimpostazione in chiave di efficienza richiedono primariamente di intervenire sugli aspetti organizzativi e gestionali, che a loro volta dovrebbero essere improntati quanto più possibile a canoni di tipo manageriale. Il modello proposto dalla Digital Era Governance, pur basandosi su alcune premesse proprie del NPM (relative – in particolare – alla necessità di una partecipazione attiva da parte dei cittadini alla vita amministrativa del Paese), se ne discosta per numerosi aspetti, in quanto: i) afferma la centralità del controllo statale su una serie di competenze ritenute strategiche (ad esempio, negli USA la sicurezza aeroportuale dopo l’11 settembre), attenuando in maniera significativa l’importanza dell’adozione di modelli mutuati dal settore privato; ii) sottolinea la necessità di un ampio ricorso all’e-government per migliorare la governance del settore pubblico↑
9. Cfr. J. M. KELLY D. SWINDELL, A Multiple_indicator Approach to Municipal Service Evaluation: Correlating Performance Measurement and Citizen Satisfaction across Jurisdictions, in Public Admnistration Review, 2002, vol. 62, 610-621.↑
10. Cfr. O. BANDIERA – A. PRAT – T. VALLETTI, How Much Public Money Is Wasted, and Why? Evidence from a Change in Procurement Law, in corso di pubblicazione su American Economic Review, 2008.↑