Lose-Lose? Una Russia più pericolosa, un’America meno affidabile, un’Europa impreparata
CIRCOLO DI STUDI DIPLOMATICI LETTERA DIPLOMATICA
Piazzale della Farnesina, 1 n. 1370 – Anno MMXXIV
00135 Roma Roma, 28 febbraio 2024
CONFERENZA DI MONACO 2024
Lose-Lose?
Una Russia più pericolosa, un’America meno affidabile, un’Europa impreparata
Alla Conferenza di Monaco del 2022 l’invasione non è ancora iniziata, ma è già stata decisa da Mosca. Viene scoperta e rivelata dall’intelligence statunitense. L’Occidente è sconcertato ma coeso e deciso a sostenere l’Ucraina.
A Monaco nel 2023 l’Europa è determinata, unita, immaginativa, pianificatrice e concentrata sulla controffensiva di Kiev. Fornisce aiuti e promette un significativo appoggio economico e militare all’Ucraina.
La Conferenza del 2024 è avvolta da oscure prospettive e da un’atmosfera pessimista, anche se non rassegnata, rattristata dai due colpi appena inferti dalla Russia: la presa di Avdivka e l’uccisione di Navalny, e dai tragici fatti in Medio Oriente: l’orribile attacco di Hamas ad Israele e la terrificante risposta di Israele su Gaza.
UCRAINA: le incertezze americane e il sostegno europeo in favore di Kiev.
L’intervento della moglie di Navalny, una vibrante coraggiosa accusa di omicidio a Putin, apre la Conferenza provocando grande emozione.
Il discorso di Kamala Harris, centrato sulle minacce alla democrazia, al rispetto del diritto, al multilateralismo, allude a Trump, senza menzionarlo. Sembra diretto all’opinione pubblica americana non meno che agli interlocutori internazionali soprattutto quando accenna al pericolo di derive isolazioniste ed autocratiche. La Harris vuole però anche rassicurare gli alleati europei dubbiosi del sostegno americano in assenza dell’approvazione del pacchetto di 60 miliardi di dollari all’Ucraina “sento che circolano domande sulla leadership degli Stati Uniti, ma per l’America il sostegno alla NATO è corazzato (is ironclad)”, dice alludendo all’infelice dichiarazione di Trump sui Paesi che investono in difesa meno del 2 per cento che la Russia potrebbe attaccare senza che ciò lo interessi. Harris vuole apparire fiduciosa che gli aiuti alla fine verranno concessi. Continua esortando a non sottovalutare i risultati finora ottenuti da Kiev contro la Russia che ha perso 1/3 dei territori occupati e ha ricevuto 300000 perdite, 10 volte quelle subite in Afghanistan oltre al fatto che Finlandia e Svezia sono entrate nella NATO. Le fa eco più tardi il Presidente del Comitato militare della Nato Ammiraglio Bauer “l’anno scorso eravamo troppo ottimisti, non eccediamo ora in senso opposto”. Ma il Senatore repubblicano Ricketts, presente alla Conferenza assieme ad un folto gruppo bipartisan di parlamentari statunitensi, è meno rassicurante e parla della scarsità di risorse americane che potrebbero far considerare altre priorità quali l’immigrazione e la sicurezza nell’Indopacifico. Inoltre, l’autorevole Senatore Graham annulla la sua partecipazione alla Conferenza: Trump gli aveva chiesto di restare a Washington per bloccare al Senato gli aiuti all’Ucraina, ad Israele e a Taiwan.
Appare chiaro che l’Ucraina stia peggio di quanto non stesse un anno fa. Malgrado gli incoraggiamenti degli alleati americani ed europei e le assicurazioni di sostegno non è possibile sottacere una serie di innegabili insuccessi: la perdita di Avdivka e, pare, 1000 prigionieri in mano russa, la sconfitta di Bakhmut, il fallimento della controffensiva d’estate, l’incertezza degli aiuti americani di 60 miliardi bloccati in Congresso, il licenziamento del Generale Zanuski amato dall’esercito, la mancata consegna del milione di munizioni da 155 promesse dall’Europa, la mancanza di uomini che abbasseranno la leva da 27 a 18 anni. La Russia invece è riuscita a reclutare in un anno altri 300000 uomini, ed a 2 produrre e rifornirsi all’estero di milioni di munizioni che spara in misura di dieci volte superiore all’Ucraina. Questo ultimo aspetto, quello della disponibilità di munizioni per l’Ucraina, ancor più che di armi è stato, per quanto sembri triviale, il tema che ha dominato tutta la Conferenza.
E proprio da lì si è articolato il dibattito su come porre rimedio, a fronte di una possibile elezione di Trump e della minaccia russa, che vari alleati europei sostengono già pianificata da Mosca verso altri vicini se non si porrà un freno all’invasione dell’Ucraina. Ma indipendentemente dall’elezione o meno di Trump, o dall’esito della guerra in Ucraina – ha detto il Cancelliere Sholtz – noi europei dobbiamo preoccuparci di più della nostra sicurezza e darci un credibile apparato di difesa. Kuleba, Ministro degli Esteri ucraino, non ha negato di vedere una sincera volontà politica dell’Europa di aiutare l’Ucraina. Ma alla volontà politica non seguono i fatti.
“Dobbiamo spendere di più e meglio” – afferma il Presidente della Commissione europea Von der Leyen, “servono più appalti congiunti tra europei, e dobbiamo avere più imprese europee che producano in Europa”. Si parla di emettere un debito europeo per attivare l’industria degli armamenti in Europa. Anche l’esempio di quanto si è fatto per l’emergenza Covid deve essere un riferimento. Di un milione di munizioni promesse dalla UE per il 2023 l’Ucraina ne ha ricevute solo la metà. Per produrne un milione in Europa ci vorrebbero almeno due-tre anni quando la Russia ha avviato una produzione interna che le consente di sfornarne più del doppio oltre a quelle che riceve dalla Corea del Nord. L’obiettivo del Commissario alle Finanze Hahn è di consegnare, dal 2025, a Kiev 2 milioni di munizioni l’anno (il riferimento temporale mi pare significativo). Von der Leyen e soprattutto l’Alto Rappresentante Borrell che, come lo scorso anno, è stato anche questa volta il più enfatico degli oratori occidentali, hanno insistito molto sulla necessità di dare una difesa adeguata all’Europa. Un’Europa che non manca né di capacità né di mezzi finanziari. Un’Europa che deve avviare grandi programmi di riarmo. “Abbiamo avuto anni di disarmo silenzioso dopo la guerra fredda. E da due anni non parliamo altro che di riarmo ma non siamo ancora in grado di difenderci anche perché la difesa come la politica estera è ancora nelle mani dei paesi membri. Tuttavia, dobbiamo affrettarci a creare una base industriale che è invece nella piena competenza della Commissione europea. Dobbiamo essere in grado di produrre presto armi e munizioni in Europa. Di standardizzare e renderci più interoperabili con la NATO e gli americani”. L’opinione pubblica ancora non ha capito – dice Borrell – che siamo in una reale emergenza. Fra tre mesi la situazione sul campo di battaglia potrebbe essere già decisa, le capacità di difesa dipendono dall’industria militare. Abbiamo dunque bisogno di un Commissario per la difesa in linea con quanto ha affermato la Presidente della Commissione Europea continua l’Alto Rappresentante. Alcuni come il Presidente della Commissione Difesa tedesco e il Primo Ministro svedese insistono su quello che già si può fare da subito senza inventare la ruota ed impigliarsi in nuovi meccanismi burocratici.
Non tutti i Partner europei sono nella stessa posizione nel sostenere l’Ucraina. I Baltici, gli Scandinavi, la Polonia forniscono la più alta percentuale di aiuti in termini di PIL all’Ucraina. Fra i Paesi più generosi, in proporzione, emerge la Danimarca che ha donato tutto il suo stock di artiglieria all’Ucraina. L’Ungheria è addirittura critica verso gli aiuti militari a Kiev. La Germania è il maggior finanziatore europeo dell’Ucraina. Come la Gran Bretagna anche la Francia e la Germania hanno stipulato, nei giorni della Conferenza, un accordo di lungo termine con Kiev. Macron fa notare che quest’ultimo accordo firmato dalla Francia contiene la quantificazione degli interventi, dei settori di sviluppo, e della cessione degli armamenti. Palazzo Chigi ha già annunciato che la Presidente Meloni sta per andare a Kiev a siglare un simile accordo che sembra per ora soprattutto di sostegno politico. In effetti è un testo di 15 pagine che menziona in dettaglio i settori di cooperazione ma non contiene quantificazioni.
Per quanto riguarda la NATO l’obiettivo del 2% del PIL da dedicare alla difesa, 3 stabilito ormai da anni, stenta ad essere raggiunto da tutti. Ma sono comunque 20 su 30 i membri che lo hanno già perseguito. Nel 2024 la media del 2% in ambito NATO dovrebbe essere assicurata anche se singoli Paesi saranno ancora sotto tale percentuale. In realtà molti, fra cui i tedeschi, affermano che il 2% nella prospettiva di una Russia sempre più minacciosa non sarà sufficiente a creare un deterrente credibile. Da varie parti viene citato il 3-4% come nuovo obiettivo. Alcune analisi indicano che entro tre/quattro anni Mosca potrebbe attaccare un altro Paese vicino.
Se da una parte l’Europa è ancora sguarnita di fronte ad una minaccia militare, non si può disconoscere la strada fatta in questi due anni. L’Occidente ha cominciato a inviare all’Ucraina elmetti, oggi forniamo Leopard, F16 e Patriot. Borrell insiste sul fatto che comunque l’Europa, fra aiuti civili e militari all’Ucraina, che ammontano a 90 miliardi di euro con i 50 appena approvati, ha fatto più degli americani. Qualcuno rileva tuttavia la frustrazione degli ucraini ai quali ripetiamo “as long as it takes” ma non si vede il risultato delle promesse fatte.
Emerge la contraddizione fra i lenti processi della burocrazia europea e l’urgenza della situazione sottolineata da Borrell e da tutti i nordici. È chiaro che il consolidamento di una credibile difesa europea in termini di coerenza decisionale (politica estera e difesa comune) ed industriale, prenderanno anni mentre l’esito di questa guerra potrebbe decidersi entro pochi mesi. Tre mesi dice Borrell. Ma la guerra oggi non si fa solo con le armi. Anche l’azione di destabilizzazione condotta dalla Russia attraverso una narrativa distorta antioccidentale diretta ai Balcani ed all’Africa va contrastata con energia così come gli attacchi Cyber ed altre forme di Hybrid warfare.
Durante la Conferenza si è parlato anche della ipotetica minaccia nucleare russa dallo spazio mirante a neutralizzare satelliti avversari. Blinken si è subito consultato con i colleghi cinese Wang-Yi e indiano Jaishankar i cui paesi dispongono di ampie costellazioni satellitari, ed ha annunciato l’invio nello spazio di sistemi satellitari americani più piccoli e numerosi in grado di eludere la minaccia.
Il tema di una difesa nucleare autonoma dell’Europa è stato sollevato da alcuni ma subito circoscritto all’ambito di un’eventuale disponibilità francese ad elaborare un meccanismo che coinvolgesse nelle decisioni di impiego altri paesi europei (Germania). In ogni caso Stoltenberg ha ribadito che una dottrina nucleare della NATO già esiste e non avrebbe senso modificarla con il rischio di comprometterne la deterrenza. Parole chiave: munizioni, armi, insieme e presto.
MEDIO ORIENTE Kamala Harris enuncia i tre obiettivi di Washington: assicurare la sopravvivenza di Israele, liberare gli ostaggi, fornire aiuti umanitari ai civili palestinesi: “il 7 ottobre è stato orribile! Dunque, Israele ha il diritto di difendersi. Ma gli Stati Uniti pensano anche che i palestinesi innocenti vadano difesi. E a lungo termine non dovrà esserci un’occupazione di Gaza ove va garantita sicurezza e ricostruzione. E dopo le opportune riforme dovrà essere in charge un’autorità palestinese”. Qualche giorno dopo in Consiglio di Sicurezza gli Usa bloccheranno una risoluzione su un cessate il fuoco permanente a Gaza proposto dall’Algeria e votato dagli altri membri con la sola astensione della Gran Bretagna.
Sul tema Gaza, dove ogni paese è più o meno condizionato da aspetti come l’immigrazione o gli approvvigionamenti energetici, c’è sicuramente meno coesione fra gli occidentali, di quanta ce ne sia sull’Ucraina. La posizione tedesca, per non parlare di quella britannica, è, per diversi motivi, più incline di altri verso Israele. Borrell, parlando del conflitto in Medio Oriente, insiste su quanto sta covando nel West Bank di cui si parla troppo poco, dove la violenza aumenta e che sta per esplodere. “Parliamo di due Stati due Nazioni da vent’anni senza aver fatto nulla. E senza due Stati non ci sarà pace. La guerra in Medio Oriente ha messo il sud del mondo contro l’Occidente”. Nel corso della Conferenza il Presidente israeliano Herzog si è riunito in un 4 colloquio con il mediatore Al Thani Primo Ministro del Qatar. Nella successiva dichiarazione stampa accenna a qualche prospettiva di negoziato. Non sono tuttavia emersi progressi sulle rispettive posizioni di Israele ed Hamas: prima la liberazione o prima il cessate il fuoco. Herzog ha inoltre evocato l’idea che una normalizzazione dei rapporti con paesi del Golfo ed in particolare con l’Arabia Saudita costituirebbe una svolta per la sicurezza della regione. A questa sua affermazione ha fatto eco il Ministro degli Esteri saudita Al Saud affermando che l’Arabia Saudita sarebbe pronta ad una piena partnership con Israele se questo accettasse la soluzione di due Stati. Secondo Blinken le possibilità che esistono oggi di integrare Israele non sono mai state così favorevoli. “La maggior parte dei paesi arabi desiderano uno Stato di Israele più integrato nella regione e questa sarebbe la miglior garanzia per la sua sicurezza. Ma ciò richiede la creazione di una Stato palestinese con una credibile autorità in charge”. Il Primo ministro norvegese ha dichiarato che la sproporzionata reazione israeliana di auto-difesa rappresenta un pericoloso precedente che potrebbe creare seri rischi alla sicurezza per generazioni.
CINA Il Ministro degli Esteri Wang Yi, nel presentare la Cina come una forza di stabilità nel mondo, è apparso rassicurante parlando degli attuali rapporti della Cina con gli Stati Uniti e del Summit col Presidente Biden in ottobre a S. Francisco, caratterizzato da “common understanding and sense of responsability”. Le relazioni con l’Europa vengono definite buone e da buone relazioni fra i due continenti ne beneficerà il mondo intero. La Cina è alla ricerca di un nuovo modello di stabilità. Un imprescindibile Paese per la crescita economica del mondo che costituisce un terzo della crescita globale.
Il presidente della Conferenza Ambasciatore Heusgen gli rivolge una domanda riguardo alla possibilità che la Cina eserciti pressioni su Mosca richiamandola al rispetto dell’integrità territoriale dell’Ucraina anche in virtù del trattato di Budapest del 1994 con il quale l’Ucraina cedeva alla Russia l’arsenale nucleare con l’impegno che la sua sovranità venisse rispettata. Wang Yi evasivo risponde che la Cina non era parte del trattato, che non ha iniziato la crisi, che esiste un conflitto fra due paesi e Pechino può solo facilitare il dialogo fra loro, che è in favore dell’integrità territoriale, e che non può essere “blamed” per le sue relazioni con la Russia che sono “normali relazioni fra paesi”. La conversazione passa poi alle condizioni di vita e del rispetto dei diritti umani degli Uguri nello Xinyiang cui segue una sostenuta difesa della politica di Pechino da parte di Wang Yi che invita i presenti a visitare di persona la regione per constatare la falsità delle accuse rivolte al governo cinese. Infine, Heusgen passa alla libertà ed alla sicurezza della navigazione accennando al Mar Rosso ed al Mar della Cina. Suscita così l’immediata reazione di Wang Yi, che afferma che Pechino “ha finora esercitato “restrain and dialogue” per garantire la sicurezza della navigazione e dei sorvoli sul Mar della Cina. La restituzione di Taiwan alla Cina non farebbe che aumentare la sicurezza della regione. Differentemente la sicurezza in Mar Rosso dipende da quanto avviene a Gaza e può essere ristabilita con il cessate il fuoco e con l’attuazione dei due Stati”.
INDIA Il Ministro degli Esteri Jaishankar mette in evidenza la differenza fra Paesi antioccidentali e Paesi non occidentali ai quali l’India appartiene. L’India intende mantenere la sua capacità di “multiple choices”, una posizione che non va contro alcuno Stato. Sarebbe inappropriato per l’India mantenere una posizione unidirezionale. “La complessa realtà nella quale viviamo e l’attuale livello di sviluppo ci inducono a mantenere la nostra capacità di scegliere fra diverse opzioni”. Poi parla dei BRICS, e del successo che hanno avuto se 30 paesi l’anno scorso hanno chiesto di associarvisi. I BRICS nascono dalla sensazione che il G7 fosse un gruppo esclusivo e che vi fosse bisogno di una alternativa. Si tratta di un gruppo interessante proprio perché composto di paesi molto diversi politicamente e geograficamente, in parte antioccidentali ma anche semplicemente 5 non-occidentali come l’India che ha profondi legami con l’Occidente. L’espansione del G7 nel G20 ha prodotto l’integrazione di gran parte dei BRICS nel G20 con positivi effetti per il dialogo internazionale ed il multilateralismo.
INTELLIGENZA ARTIFICIALE È stata discussa meno che a Davos. Tuttavia, due sono stati gli eventi di un certo rilievo. Un accordo firmato da venti grandi società Hi-tech volto a prevenire la circolazione di contenuti che possano interferire con le prossime numerose elezioni in vista. Ed un Panel dedicato all’AI moderato da Ian Bremmer nel quale è stato ribadito che mai una tecnologia ha evoluto così rapidamente ne è stata così legata alla sicurezza. L’aumento esponenziale della potenza dei computer apre un futuro di incertezza. Dobbiamo essere responsabili, coraggiosi, etici e aperti. L’AI secondo i più esperti creerà delle buone difese contro le minacce cibernetiche. Il maggior problema resterà quello della governance. La sua soluzione richiede che i due giganti dell’IA, gli USA e la Cina, si accordino per una governance condivisa. Un tema centrale sarà come interagire con gli attori non statali. Un partecipante non occidentale ha lamentato il fatto che il sud globale non è stato finora considerato un interlocutore se non come serbatoio di esperti, sviluppatori e designers ma non come attori nella costruzione di una strategia a livello geo-politico. Altro tema da considerare è che molti dei paesi che stanno sviluppando l’IA non sono paesi democratici. Sarà importante trovare una base comune di principi da introiettare nelle coscienze degli individui e delle società private. Anche gli aspetti positivi saranno numerosi nella scienza e nell’accresciuta capacità di tutti nell’accesso alle tecnologie.
L’ATTACCO DI HAMAS: TERRORISMO O PEGGIO? Il Ministro degli Esteri Barboek si sofferma sull’aspetto culturale dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, riguardante la violenza sulle donne che dopo essere state stuprate vengono spesso uccise. Una forma di violenza che va oltre il terrorismo e che nulla ha a che fare con la presa di ostaggi né con la rivendicazione politica. Si tratta di una forma di disumanizzazione che non riguarda solo Gaza, si riferisce anche a molte guerre e regimi fondamentalisti come quello iraniano. Un tema da affrontare in profondità. Uno dei grandi problemi globali di cui occuparsi. Coloro che mettono in atto tali comportamenti non vanno processati solo come terroristi ma prima di tutto come stupratori.
Stefano Ronca
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