Imposta come home page     Aggiungi ai preferiti

 

Uscita dal confinamento e il non facile riavvio : note di inizio percorso

di - 15 Giugno 2020
      Stampa Stampa      

Più in generale, appare colpito un modello di (scarso) sviluppo di un’economia, in cui l’ampliamento di comparti di servizi labour and contact intensive ha compensato, sul piano della domanda di lavoro, carenze di imprenditorialità e risorse in segmenti a più elevata produttività. Certo, i servizi a ‘intensità di contatto umano’ non si limitano al leisure e includono consumi collettivi essenziali, istruzione e sanità. Per questi, gli eventi hanno messo a nudo le sofferenze, per cadute di investimento, mancato reintegro del turnover, ecc., negli istituti pubblici defedati dalle sequenze di restrizione di bilancio.
Il quadro d’insieme diviene drammatico, quando esigenze diverse, egualmente urgenti, sembrano entrare in conflitto per le allocazioni di risorse liquide, per le quali incombono allo sfondo limiti, o peggio, blocchi, per evoluzioni non favorevoli dei contesti istituzionali o dei ‘mercati’. Si assiste allora a faticose mediazioni politiche per le ripartizioni di un budget emergenziale, fra una domanda d’impresa (fiscal relief, sussidi e garanzie di credito) e le necessità per un welfare minimale in contesti di povertà emergente. Mentre scrivo queste note, è sopravvenuta l’ineffabile sentenza della Corte costituzionale di Germania che, in sintesi, sanziona i programmi di acquisto di titoli del debito pubblico della BCE come pratica di ‘monetizzazione’ surrettizia della spesa pubblica, sommo vulnus per i ‘fondamentali’ dei Trattati europei e della Grundgesetz della Repubblica federale.
Nell’accostamento iniziale di ‘pandemia ‘ e ‘guerra’, avevamo sostenuto che la ‘monetizzazione’ diviene opzione obbligata in scenari di prosecuzione di eventi straordinari. La liquidità che fluisce, in un modo o altro, dalla funzione attiva di Central banking, per lo Stato (ma anche per altre istituzioni, banche, ecc.) può allora essere metaforicamente assimilata all’ossigeno per un paziente in debito respiratorio. Un Sudden stop significherebbe la dipartita del paziente; per gli Stati, dopo un default, la storia in qualche modo continua. Come?
Rimane l’auspicio che le ‘micce’ di potenziale innesco di situazioni estreme vengano disinnescate, e che per quanto gravi, gli eventi correnti non saranno alla fine comparabili, per sofferenze finanziarie e umane, alle devastazioni di una grande guerra. Nel frattempo l’affanno appare evidente, nel tamponare le necessità correnti di emergenze sociali, in situazioni ove i ritardi nelle implementazioni e disponibilità effettiva di misure e sussidi alimentano disagio sociale e sfiducia istituzionale.
E in questo stato delle cose, che le declamazioni per il ‘dopo, l’appello agli investimenti, ecc., possono apparire ‘mantra’ evocativi, o espressioni di wishful thinking. Occorrerebbe che i progetti siano definiti, con le priorità e i tempi di avvio. I programmi vanno inquadrati per funzioni di servizio o aree di intervento: infrastrutture sanitarie sul territorio, adeguamento delle risorse umane, messa in sicurezza di strutture ed edifici per rischi naturali, sismici, ecc.; forse anche prima delle opere pubbliche comunemente intese, come infrastrutture materiali, di trasporto, ecc. Per queste ultime andranno specificati ranking di priorità: eventualmente più tardi, ad es. la galleria dove passano pochi treni, o l’ampliamento di un aeroporto con scarsa prospettiva di traffico….La caduta dei costi dei combustibili fossili, il ritorno alla propensione per la mobilità privata, ristrettezze di bilancio che ritardano i cicli di sostituzione di beni durevoli strumentali e di consumo, ecc., possono rallentare la transizione verso un’economia più ecologicamente sostenibile; andranno allora rimodulati incentivi e disincentivi. Molte spese per cui urgono adeguamenti di spesa non sono peraltro statisticamente classificate come ‘investimenti’, essendo acquisti di un consumo pubblico: beni intermedi per cura e ricerca medica (es. ‘reagenti chimici), sussidi informatici per la didattica a distanza, ecc. Last but not least, l’investimento in ‘capitale umano’, per reclutamento, riqualificazione e riorganizzazione territoriale nell’ambito di un’amministrazione pubblica in senso lato, che deve affrontare una vera transizione generazionale…..
Gli investimenti pubblici restano certo il supporto e la fonte di moltiplicazione della domanda effettiva nel breve, e i veicoli di un indispensabile adeguamento delle dotazioni materiali ed immateriali del paese nella più lunga fase della ‘ricostruzione’. Rimane la difficoltà di reperire fonti di finanziamento adeguato, nella persistenza di emergenze che prosciugano le risorse correnti. La ricerca per le fonti rimanda necessariamente, a questo punto, agli strumenti, attivi o attivabili, di linee di credito (o sovvenzioni) a livello di comunità europea.
Su un piano più generale, ad ogni strumento di debito corrispondono forme di condizionalità, che potranno essere eventualmente richiamate da parte degli organi di competenza, o dai Partners; una prima condizionalità investe un giudizio di corrispondenza fra motivazioni del credito ed usi (od eventualmente, mancati usi) delle somme. Il dirottamento per usi diversi da quelli indicati nello strumento non sarebbe ammissibile, o richiederebbe faticose rinegoziazioni.
La ulteriore condizionalità, a livello ‘macro’, investe il giudizio complessivo di ‘solvibilità’, e di comportamento adeguato allo scopo, del Debitore sovrano. Nei Trattati europei, è prevista l’attenzione verso una valutazione di solvibilità, e quindi una ‘condizionalità’ in senso lato, per ogni linea di credito, anche se non si prefigurano poteri d’intervento diretto delle Istituzioni sovranazionali per correzioni dei bilanci nazionali, con la nota eccezione delle sgradevoli clausole del MES in origine. Ma anche senza coercizione diretta sulla sovranità, il peso dei ‘fondamentali’ incombe. Quando il rapporto fra Debito e Prodotto interno raggiunge 160/170 punti, e i fabbisogni di intervento per rotazioni e ulteriori emissioni di debito di un singolo stato raggiungono il terzo ed oltre del totale degli acquisti di titoli sovrani della Banca Centrale, ci si pone dentro un vincolo di fatto per la valutazione del rischio-paese, quantificato peraltro dai mercati attraverso i valori continuamente aggiornati dello spread. Sentieri concordati per contenimento del deficit e debito hanno già subordinato, almeno da un decennio, la redazione annuale dei bilanci e le linee di programma di ‘riforme strutturali’, anche senza la Troika. Quando, ‘dopo’ il passaggio del virus, l’incidenza del debito sarà salita di 30/40 punti, sarà difficile attendere sentimenti più compassionevoli di mercati e di sedi internazionali.
Eppure, una speranza residua per la resilienza e il recupero del nostro paese, dal punto in cui siamo precipitati, risiede forse nell’eventualità che la straordinarietà di questa crisi, e le sofferenze che hanno investito, sia pure in diversa misura, l’insieme dei partners comunitari (e globali), possano alla fine agevolare un percorso di revisione, di diritto o di fatto, di un quadro complessivo di Acquis communautaire, redatto in tempi diversi e più tranquilli. I parametri del ‘Patto di stabilità e (sic) Crescita’ , totem fondante dei Trattati dell’Unione, sono saltati nel giro di un paio di settimane a fronte dei lock-down imposti, paese dopo paese, dall’avanzata del virus. Si assiste, come mai prima, alla espressione di visioni dissidenti fra le sedi della politica e del potere all’interno dell’Unione. Le risposte della BCE e della Corte di Lussemburgo, al ‘colpo basso’ dei giudici di Karlsruhe, segnalano forse la consapevolezza del dover privilegiare lo ‘Essere’ delle pratiche non convenzionali al ‘Dover Essere’ dell’Ideologia tedesca. Potrà quest’ultimo tornare ad imporsi, quando ‘tutto sarà finito’?
Ma quando tutto sarà finito? Non si dovrebbe permettere di parlare di recupero di condizioni di normalità, almeno fino a quando l’ampiezza della caduta del prodotto e dei volumi occupazionali seguita allo shock, non sarà stato colmato. Si tratta, anche nella beneaugurata ipotesi che siano evitati altri knock-down per i colpi di un virus non domato, di un recupero da una caduta recessiva di valore doppio, o oltre, rispetto ai numeri segnati nella recessione precedente. A sette anni circa dal fondo ciclico del double dip recessivo del 2009 e 2012-13, il nostro paese, come noto, non aveva ancora recuperato il livello del ‘picco’ precedente. Ometto, per carità di patria, il calcolo di quanti anni sarebbero necessari per il prossimo recupero, se si dovessero cumulativamente applicare i tassi medi di crescita del passato ventennio…
Nel frattempo, come si evolveranno il quadro istituzionale, i rapporti di forza fra i paesi, gli equilibri di governo? La domanda è chiaramente retorica in contesti di incertezza fondamentale. Le rigidità delle norme costitutive e di attuazione dell’Unione europea, con la regola dell’unanimità che blocca velleità di riforma, sembrano costituire oggi il vincolo di fondo. Ma margini di riformabilità possono scaturire proprio dalla drammaticità degli eventi, e dalla consapevolezza dei rischi di rottura storica.

Pagine: 1 2 3


RICERCA

RICERCA AVANZATA


ApertaContrada.it Via Arenula, 29 – 00186 Roma – Tel: + 39 06 6990561 - Fax: +39 06 699191011 – Direttore Responsabile Filippo Satta - informativa privacy