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Moneta, potere economico, potere politico

di - 22 Maggio 2013
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Se teniamo presenti tutti questi aspetti della moneta, possiamo concludere che la moneta è anche un particolare credito generico su tutta la ricchezza presente su quel mercato al quale il possessore può accedere, credito pari alla somma di danaro che possiede; il fatto che il possessore di moneta potrebbe essere un debitore in senso proprio verso lo Stato o verso un privato non toglie che la moneta mantenga questa caratteristica di credito generico: infatti il debitore nel pagare il suo debito con moneta legale trasferisce il suo credito generico allo Stato o al privato creditore, che potranno usare a loro volta questo credito generico passato dal primo agli altri. E’ proprio questa possibilità garantita dal diritto dello Stato che giustifica la moneta e permette che funzioni come moneta; in altre parole la moneta non potrebbe funzionare come moneta se effettivamente quel pezzo di carta che lo Stato dice di essere moneta e impone di accettare come moneta non valesse sul mercato quanto dice di valere (ad es. cento euro, mille dollari, e così via).

3. La moneta puramente contabile

A questo punto la cosa sorprendente che deve occuparci (e che però conferma l’analisi precedente e la rende evidente) è la constatazione che la moneta può essere puramente contabile, rappresentata da mere scritture contabili. Già la carta moneta con valore legale, paragonata alle manifestazioni tradizionali della moneta (e cioè l’oro e l’argento, ma anche il sale, il bronzo, il bestiame, ecc.: moneta in latino si diceva pecunia, viene da pecus, e pecus è la pecora), desta meraviglia: come può un pezzo di carta (sia pure stampato in modi complessi per rendere difficili le falsificazioni) fungere da moneta? La risposta che viene data (perché lo Stato ne impone la circolazione, ed in particolare stabilisce che nessun creditore può rifiutare in pagamento quella moneta con valore legale imposta dallo Stato), non è sbagliata rispetto alla carta moneta (il c.d. contante), ma anzitutto non spiega perché oggi sempre più anche la carta moneta sta scomparendo sostituita da pure scritture contabili, e poi non spiega come mai tali scritture contabili conservano nel tempo il valore monetario (sia pure con quello slittamento continuo, piccolo, ma talvolta grande e violento, manifestato dalla inflazione).

Vediamo più da vicino sia le banconote sia le scritture contabili (che sono di vario genere anche se tutte rappresentano e conservano un valore monetario).

Se una persona deposita in banca banconote per un importo x ed apre contestualmente un conto corrente a vista con la stessa banca, il contante scompare perché ritirato dalla banca, ed al suo posto c’è una scrittura contabile che accredita la stessa cifra a favore del depositante. Il depositante può in ogni momento (a vista si dice) ritirare il suo contante che la banca non può rifiutare di restituire, ma egli può anche incaricare la banca (se così dispone il contratto di conto corrente, come in generale accade) di pagare un’altra persona versando la somma sul conto corrente bancario di tale altra persona. Anche in questo caso non si muove neppure una banconota: la banca diminuisce il conto del correntista che ha dato la disposizione e, o direttamente o mediante collegamento con la banca del beneficiario, aumenta contabilmente il conto di quest’ultimo.

Chi possiede un conto corrente bancario può sottoscrivere un assegno bancario e cioè un titolo di credito (una particolare scrittura sottoposta a regole specifiche) che viene materialmente consegnato al beneficiario il quale potrà incassare la somma scritta nell’assegno tramite la sua banca (o direttamente ottenendo contante, sempre che il conto dell’emittente risulti sufficiente, o più comodamente, se ha un conto corrente bancario, chiedendo alla banca di versare la cifra su tale conto).

Il bancomat da qualche anno è una forma ancora più comoda che non costringe ad andare fisicamente in banca: chi compra è titolare di un conto corrente al quale può accedere direttamente mediante una speciale tessera; il venditore è anche lui titolare di un conto corrente e si è dotato, col consenso delle banche interessate, di uno speciale apparecchio; inserendo la tessera in esso e digitando il numero segreto di accesso, il compratore dà “ordine” al suo conto corrente di spostare la cifra indicata dal suo conto a quello del venditore; tutto avviene mediante flussi elettronici per cui in un attimo il conto del compratore diminuisce e di altrettanto aumenta il conto corrente del venditore. Anche in questo caso il contante scompare, ma non scompare affatto, anzi si realizza proprio il potere d’acquisto della moneta.

4. La creazione di moneta (sia in forma di banconote sia in forma di pure scritture contabili) delle banche centrali

Non è il caso di descrivere qui (posto che ne avessi la capacità) tutti gli innumerevoli modi attraverso cui il contante viene sostituito da scritture contabili.

Il caso più clamoroso è quelle delle banche centrali. Esse possono creare dal nulla, o stampando banconote nella misura richiesta dal mercato o più spesso mediante scritture contabili, quanta moneta vogliono, dandola in prestito alle banche, cosicché nella voce debiti della banca centrale figura la somma creata con l’emissione (in generale puramente contabile) di moneta, bilanciata nella parte crediti da quanto le banche si sono impegnate a restituire nei tempi stabiliti. Naturalmente il meccanismo può funzionare soltanto se questo danaro puramente contabile una volta giunto alle banche viene a sua volta dato in prestito a fini produttivi, e nei tempi stabiliti gli ultimi prenditori restituiscono alle banche il capitale più gli interessi, e le banche chiudono il cerchio con la banca centrale, salvo ricominciare da capo il gioco. Insomma, alla base di questo circuito puramente monetario deve esserci una economia reale, che produce quanto è sufficiente per restituire capitali monetari e interessi. Il gioco, se necessario, può essere invertito: la banca centrale aumenta drasticamente il tasso di interesse, pone condizioni più onerose alle banche, il credito complessivo diminuisce, l’economia reale ha una frenata più o meno brusca.

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