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Protezione civile, cittadini, Istituzioni ed interventi emergenziali

di - 6 Marzo 2013
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Ciò, peraltro, è tanto più significativo quanto più l’area colpita è urbanizzata. La devastazione che il sisma produce nei luoghi antropizzati ha indotto gli esperti del settore ad approfondite riflessioni, che lasciano tutt’ora aperto il dibattito in relazione alle modalità, più o meno conservative, che si possono adottare nel processo di ricostruzione degli immobili crollati, ovvero di riparazione degli edifici più o meno danneggiati. In ogni caso, sia per motivi meramente tecnici, sia per la scelta che in Italia predilige nel post-terremoto, generalmente, la conservazione dei centri storici, il processo di ricostruzione è molto lungo.
All’impatto provocato da quanto appena detto, quindi, va ad aggiungersi quello inerente le sistemazioni provvisorie dei senzatetto. Le esperienze passate hanno mostrato con forza che la completa reversibilità degli interventi provvisori è una visione quasi utopica. Tale constatazione, peraltro, può essere basata sui soli aspetti prettamente urbani senza tenere conto di altri fattori che, in modo altrettanto significativo, impattano sull’ambiente, ed anche su altri territori, in conseguenza delle parziali rimozioni, o delle dismissioni, delle strutture temporanee. Riprova di quanto siano definitive, spesso, le soluzioni provvisorie sono i villaggi temporanei che negli anni passati sono stati costruiti a valle di eventi sismici e che, tutt’ora, permangono in esercizio, con utenti spesso diversi dagli aventi diritto della fase post-emergenziale. Casi del genere se ne posso citare tanti e tra questi, sicuramente, il villaggio temporaneo di Bucaletto a Potenza (tutt’ora presente a distanza di oltre 30 anni dalla sua costruzione). Volendo passare a casi più recenti, il villaggio temporaneo costruito a San Giuliano di Puglia in conseguenza del sisma che colpì il paese nel 2002 è tutt’ora alla ricerca di un possibile futuro utilizzo (non dismissione!!). Non diversa è la situazione laddove si sia intervenuto utilizzando container anche per permanenze di lungo termine, come dopo il terremoto umbro-marchigiano del 26 settembre 1997. Frequentemente, dopo lo smantellamento dei container, le aree ormai urbanizzate sono state soppiantate da villette al posto dei container, in sfregio alla temporaneità dell’occupazione di quei suoli.
Auspicando, se non altro, di aver acceso una luce sulla complessità delle operazioni e su quanto effettivamente viene fatto dalla Protezione Civile, è doveroso ricordare che anche nel sisma abruzzese, come in quelli passati ed in quelli più recenti, il Governo ha generalmente individuato nei referenti delle Amministrazioni territoriali, vedi Presidenti delle Regioni, i Commissari a cui ha affidato il compito della ricostruzione, e non già alla Protezione Civile.
Se mai, invece, è opportuno evidenziare che, con l’ultima riorganizzazione del Sistema di Protezione Civile (legge 100/2012), il legislatore ha inteso ridurre non tanto il potere della Protezione Civile, quanto quello del Presidente del Consiglio, trasferendo, direttamente ad un Dirigente Generale dello Stato (nello specifico il Capo Dipartimento della Protezione Civile), il compito di definire ed attuare gli interventi volti a fronteggiare l’emergenza affidando ad esso il potere di ordinanza che in precedenza era una prerogativa del Presidente del Consiglio dei Ministri e, quindi, del potere politico. Per completezza, però, è utile meditare anche sulle possibili conseguenze che una simile scelta può avere sull’incisività dell’azione, anche in relazione all’esposizione cui viene assoggettato il decisore che è chiamato ad intervenire nel modo ritenuto più opportuno e che, per contro, non dispone delle risorse finanziarie la cui gestione, ovviamente, resta invece nell’esclusiva competenza politica.
Infine un piccolo cenno alle potenziali deroghe utilizzabili in emergenza. Spesso si immagina che il potere derogatorio che la norma consente nelle situazioni conseguenti la dichiarazione dello stato di emergenza rappresenti l’elemento che permette il raggiungimento degli obiettivi. Troppo spesso, invece, si trascura l’immane lavoro ed il carico di potenziali responsabilità che, in situazioni di emergenza, si assumono i decisori ad ogni livello quando, in condizioni ordinarie, per le stesse attività ed in assenza di stress e concomitanti urgenze, si adottano innumerevoli cautele che allungano oltremodo i tempi di ogni procedimento amministrativo, senza nulla aggiungere o togliere alla soluzione individuata.

 

 

 

 

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