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Un problema irrisolto:
la Cassazione e i giudici speciali

di - 25 Luglio 2009
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Questa è chiaramente un’anomalia del sistema costituzionale. Se il giudice, ammini­strativo o contabile, pronuncia in ordine a posizioni giuridiche o in materie che non sono oggetto di esplicita previsione costituzionale, non è dato comprendere perché le sue sentenze debbano essere assistite dal privilegio dell’insindacabilità. I TAR ed il Consiglio di Stato e la Corte dei conti sono giudici speciali, con copertura costituzio­nale della loro giurisdizione limitatamente alle decisioni relative ad interessi legittimi ed alla contabilità pubblica. Per il resto, sono giudici che, per una ragione o per l’altra, sono stati sostituiti al giudice ordinario, le cui sentenze in grado di appello possono essere impugnate per cassazione.
In altri termini, letto ed interpretato alla lettera, l’art. 111 u.c. attribuirebbe al legi­slatore il potere di sottrarre al controllo della Cassazione tutte le questioni relative a diritti che decida di attribuire al giudice amministrativo o al giudice contabile, sottra­endole al loro giudice naturale, il giudice civile.
2. Una breve cronistoria. Per comprendere la gravità del problema è opportuna una breve cronistoria delle vicende relative alla nostra giustizia amministrativa negli ul­timi dieci anni. In questo decennio si è consumato infatti un rilevante processo di ri­strutturazione del nostro sistema di tutela giurisdizionale, in cui tutti sono intervenuti, le­gislatore, Corte costituzionale, Corte di Cassazione. Si tratta della riforma del processo amministrativo introdotta con la legge 21 luglio 2000, n. 205, dei suoi antefatti e delle vicende giudiziarie che ne sono scaturite.
Il d. l.vo n. 80 del 1998 aveva ampliato l’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativa, attribuendola, come subito si disse, per interi “blocchi di mate­rie” (la formula usata fu “sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministra­tivo tutte le controversie in materia di …”). Questo disponeva l’art. 33, con un seguito nell’art. 34, per le controversie in materia lato sensu edilizia.
Non solo: l’art. 35 dettava poi una norma di straordinario rilievo: “il giudice ammini­strativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto”. Per la prima volta, al giudice amministrativo veniva consentito di disporre il risarcimento del danno.
L’anno successivo, il 1999, vide “il grande pentimento” delle Sezioni Unite della Cassazione. Per oltre un secolo esse avevano affermato che il danno recato con lesione degli “interessi legit­timi” non fosse risarcibile. In centinaia, forse migliaia di sentenze, esse aveva detto che addirittura nessun giudice poteva avere giurisdizione su una domanda di risarci­mento del danno causato da un atto amministrativo. La motivazione era che la tutela degli interessi legittimi era devoluta al giudice amministrativo; poiché questi aveva il potere di annullare gli atti amministrativi – ciò che era interdetto al giudice ordinario -, l’annullamento dell’atto lesivo esauriva la tutela riconosciuta agli “interessi legit­timi”. Sotto la pressione sia di un certa parte della dottrina, sia, forse soprattutto, di una direttiva comunitaria che aveva prescritto agli Stati membri di introdurre sistemi di tutela contro la violazione del diritto comunitario degli appalti che prevedessero anche il risarcimento del danni, con la sent. n. 500 del 1999 le Sezioni Unite ammisero per la prima volta, formalmente ed in termini generali, che il danno ingiusto, anche se recato con lesione di interessi legittimi, doveva essere risarcito. Con il chiaro intento di dare un indirizzo al legislatore, la sent. n. 500/1999 disse che, per il risarcimento del danno, la giurisdizione sarebbe stata del giudice ordinario.
Il 2000 fu poi l’anno della svolta definitiva. Con la legge del 21 luglio, n. 205, a pre­scindere da numerose disposizioni volte a migliorare il processo amministrativo, venne razionalizzato il criterio di attribuire al giudice amministrativo una giurisdizione esclusiva per blocchi di materie; ma soprattutto, grazie ad un singolare ed abile gioco di abrogazioni e modifiche di alcuni articoli della legge sui TAR, del 1971, il potere del giudice amministrativo di disporre il risarcimento del danno ingiusto anche mediante la reintegrazione in forma specifica non fu più limitato alle materie devolute alla giurisdizione esclusiva, ma divenne di applicazione generale. Il danno recato con lesione degli interessi legittimi era insomma definitivamente diven­tato risarcibile; disattendendo l’indicazione della sent. n. 500/1999, il legislatore aveva incorporato la pronuncia sul risarcimento del danno nella giurisdizione amministra­tiva.
Come sempre succede, un’innovazione così profonda, quale la razionalizzazione della giurisdizione esclusiva e l’estensione del risarcimento del danno anche agli inte­ressi legittimi, suscitò entusiasmi e reazioni. Gli entusiasmi si spiegano facilmente. Più difficili da comprendere sono le reazioni. Ci si deve fermare qui alle loro manifesta­zioni formali: con una serie di ordinanze vennero rimesse alla Corte costituzionale due questioni. La prima era se fosse conforme a Costituzione la devoluzione alla giurisdizione esclu­siva del giudice amministrativo di “blocchi di materie”, in cui quindi si poteva discu­tere di questioni relative a diritti anche senza un loro immediato collegamento ad “inte­ressi legittimi”. La seconda, se conforme a Costituzione fosse la devoluzione al giudice amministrativo delle questioni relative al risarcimento del danno recato ad interessi legittimi.
La Corte si pronunciò ben quattro anni dopo, nel 2004. La sua complessa sentenza – nota ormai con il suo numero, 204 del 2004 – si può riassumere in poche parole: è contraria a Costituzione l’attribuzione al giudice amministrativo di blocchi di mate­rie, e non di controversie in singole materie, quando ricorra un collegamento diretto tra “interessi legittimi” e diritti. In positivo, questo significa che, per ammettere una giurisdizione del giudice amministrativo estesa ai diritti, deve comunque preesistere la sua giurisdizione naturale. È viceversa conforme a Costituzione l’attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione sul risarcimento del danno provocato con lesione degli interessi legittimi, perché questa non è una “materia”, ma una necessaria conseguenza che deriva dalla più piena attuazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale. Su questo tema la Corte è tornata anche qualche anno dopo, ad es. con la sent. n. 161 del 2007; la Cassazione ha poi accolto in pieno il dictum della Corte costituzio­nale giungendo a dire che è talmente piena la giurisdizione del giudice ammi­nistrativo sul risarcimento del danno, che esso si deve pronunciare anche se il provve­dimento lesivo non era stato tempestivamente impugnato.
3. E ora? Non ci si può qui fermare sulle conseguenze della pronun­cia secondo cui è incostituzionale disegnare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per “blocchi di materie”. Chi scrive le ritiene semplicemente deva­stanti: basta osservare su quali questioni si sono aperti, quasi scatenati, i problemi di giurisdizione, divenuti fine a se stessi.

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