Crisi della finanza e modelli di governance nell’Unione europea
La giustificazione di una soluzione siffatta viene da più parti rinvenuta ora nei trattati esistenti, ora nella diversità tra i sistemi di vigilanza utilizzati dai vari paesi, che indubbiamente si è stata nel corso dell’ultimo decennio, per via delle adesioni di nuovi Stati membri. Tuttavia, l’osservatore esterno non può non segnalare la complessità derivanti dall’esistenza d’una pluralità di regolatori finanziari, come l’esperienza recente degli Stati Uniti d’America ha dimostrato. Si può aggiungere che in altri ambiti in cui quell’integrazione ha comportato un significativo grado di liberalizzazione del mercato, la spinta verso una regolazione più coerente, più idonea ad assecondare – orientandole – le propensioni degli operatori, non ha esaurito i propri effetti nell’instaurare una più stretta cooperazione tra le autorità nazionali di regolazione, nel richiederne l’indipendenza. È il caso delle comunicazioni elettroniche, per le quali è stato attivato un iter volto alla rettifica dell’orientamento fin qui seguito, che potrebbe dare luogo alla creazione di un’autorità di regolazione a livello europeo, destinata a prendere il posto dell’attuale figura di composizione, l’European Group of Regulators.
4. Un’Alta autorità europea per la finanza privata?
Quanto appena osservato suggerisce di completare l’esercizio di delineazione di nuovi scenari facendo riferimento a un terzo tipo di assetto istituzionale, diverso nei presupposti istituzionali, prima ancora che nelle implicazioni di tipo operativo. La chiave per intenderne l’alterità, rispetto agli assetti prima delineati, è storica. La risposta che, dopo il decennio nel quale si era svolta e conclusa la distruzione dell’Europa, fu escogitata da un manipolo di grands commis e statisti non consistette semplicemente nel sostituire ai mercati nazionali del carbone e dell’acciaio un mercato comune, in prospettiva su scala continentale. Quella soluzione fu integrata sul versante istituzionale dalla creazione di un’autorità indipendente dai governi nazionali e con potestà sovraordinate rispetto a quelle da essi detenute, che perciò fu detta sopranazionale.
Le condizioni politiche sono, ovviamente, assai diverse oggi. Ma ciò non impedisce a quel modello, fondato sul principio della separatezza tra le istanze politiche nazionali e l’autorità incaricata di regolare (anzi, in quel caso, di dirigere) il mercato di continuare a esercitare una suggestione. Trascende l’analisi giuridica, ovviamente, la valutazione dei presupposti politici che dovrebbero sussistere per consentire una ripresa di quel modello, oltre che, a maggior ragione, della capacità dei policy-makers d’interpretarlo nel nostro tempo. Ci si può limitare ad aggiungere che, come sempre accade le decisioni riguardanti l’organizzazione dei pubblici poteri non nascono ex nihilo. Presuppongono un’attività di valutazione e di scelta (alla metà del Novecento fu più semplice fare riferimento modello francese delle administrations de mission). Nel caso di specie, assumono rilievo il modello della FSA inglese e quelli basati sulla specializzazione, che si sono storicamente realizzati in vari paesi dell’Europa continentale.
Nota bibliografica
La natura di questo breve scritto esime dal rendere ragione bibliografica degli studi recenti sulla crisi. Mi limito a richiamare, oltre al rapporto de Larosière (The High-Level Group on Financial Supervision in the EU, Report, Brussels, 25 February 2009, reso pubblico sul sito della Commissione: http://ec.europa.eu/), i contributi di Spaventa, Masera e Sarcinelli in Finanza privata e finanza pubblica, a cura di R. Perez, Rimini, Maggioli, 2008; R. Masera (ed.), The Great Financial Crisis. Economics, Regulation and Risk, Roma, Bancaria, 2009. Sui metodi di sorveglianza utilizzati dalla BCE, F. Merusi, Le leggi del mercato, Bologna, Il Mulino, 2002.
Sullo scarso valore euristico dell’idea d’ingerenza pubblica, restano attuali le belle pagine di M. Keynes, The End of the Laissez-faire (1931), tr. it. in Esortazioni e profezie, Milano, Il Saggiatore, 1994, p. 240. Per un’analisi giuridica, M.S. Giannini, Diritto pubblico dell’economia, Bologna, Il Mulino, 19833, p. 3. Sulle figure di composizione utilizzate dall’ordine giuridico europeo, G. della Cananea, L’Unione europea. Un ordinamento composito, Bari-Roma, Laterza, 2003; L. Saltari, Amministrazioni nazionali in funzione comunitaria, Milano, Giuffrè, 2008.
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