Le ragioni di Luhmann: un anticipatore della nuova oggettività
Al tempo in cui ero studente andava di moda lo struttural – funzionalismo.
Luhmann ne era un esponente di spicco.
Egli è stato un sociologo e filosofo tedesco che ha ripreso l’orientamento struttural-funzionalista di T. Parsons, elaborando una teoria della società concepita come un insieme di sistemi logici e sociali integrati, autoreferenziale in quanto costituisce da sé gli elementi di cui è composto, e autopoietico, cioè in grado di riflettere sui propri scopi ed eventualmente modificarli, dando luogo a processi di differenziazione strutturale.
La nuova oggettività in corso (su cui cfr. Foà –Montedoro, Dialogo sulla nuova oggettività, Napoli, 2024) – ossia la trasformazione del mondo che mette al suo centro la tecnica (e non l’uomo) e l’impresa (e non l’imprenditore) e la sopravvivenza dell’organizzazione (e non i benefici che essa può produrre come il profitto o il benessere sociale) – impone un confronto con il suo pensiero, per più aspetti anticipatore.
La teoria sociale di Luhmann è – per certi aspetti – una delle migliori descrizioni disponibili della società contemporanea, non è solo la teoria di un oscuro professore di sociologia che ha operato nel mondo accademico tedesco.
Egli tuttavia è stato sostanzialmente ignorato dal pensiero liberale americano (le ragioni di tale rifiuto o di tale mancato recepimento sono analizzate da Moeller, Per comprendere Luhmann, Milano, 2016) e risiedono in gran parte nel carattere radicale della sua concezione della società.
Egli ha pensato la sua teoria come una forma di radicale antisoggettivismo che tuttavia l’anima liberale fa fatica ad accettare ma che rischia di calzare a pennello al tempo che viene.
La sua finalità non era produrre l’ennesima critica al capitalismo (dopo quella freudiana – francofortese e quella del marxismo) ma di deantropologizzare gli studi sociali adottando una prospettiva di analisi della società radicalmente antiumanistica.
La filosofia politica dell’Occidente è stata connotata da visioni incentrate sull’uomo, come individuo e come collettività, sulla sua volontà o sul contratto dagli uomini stabilito, per edificare istituzioni sociali.
Luhmann depone le aspirazioni alla verità, adotta un atteggiamento ironico, invita a guardare alla società come è, rifiuta la costruzione di filosofie onnicomprensive, si sottrae alla ricerca di una clavis universalis.
Mette al centro delle analisi sociali i fenomeni di comunicazione, superando in un triadismo il tradizionale dualismo cartesiano corpo-mente.
La società è un insieme di sistemi chiusi, autopoietici, capaci di produrre e riprodurre se stessi, emergendo da una situazione caotica sottostante, e tuttavia soggetti a modificazione per effetto della complessa interazione fra sistema ed ambiente circostante.
Una teorica chiaramente debitrice di paradigmi derivati dalle scienze contemporanee ed in particolare dalle scienze biologiche.
Il sistema chiuso autoreferenziale non è un sistema immobile esso è infatti aperto nei confronti dell’ambiente.
Ciò perché i diversi sistemi (ad es. l’economia e la politica, l’università e la scuola ed il mondo del lavoro, lo spettacolo e la cultura ed il turismo, l’informazione ed altri mondi vitali dall’editoria allo sport) interagiscono fra loro e quindi si modificano dando vita ad una sorta di ecologismo delle istituzioni sociali ossia ad un loro adattamento reciproco.
I sistemi sociali però – in questa ottica- non possono progettare alcunché su loro stessi.
L’ecosistema è senza centro. La società è un ecosistema senza centro.
Ogni creazionismo è bandito, come ogni soggettivismo.
Non esiste un Dio creatore, una giustizia a sua misura, l’evoluzione biologica è autogenerata dal fondo misterioso della Natura, autogenerazione costruttiva della vita, la società è parte del meccanismo autogenerativo della vita, di cui costituisce lo sviluppo sul piano comunicativo.
La società si costruisce attraverso la comunicazione nei sistemi che la compongono e nell’interazione fra detti sistemi che produce i diversi effetti di volta in volta di “risonanza”, “perturbazione” ed “irritazione”.
Diverse frizioni fra sistemi sociali producono effetti evolutivi.
Giustizia, libertà e dignità umana non sono realtà ontologiche di tipo teologico ma meri costrutti sociali necessari (o superflui) rispetto al funzionamento di un sistema.
Se il sistema funziona meglio senza presupporle sceglierà la via della loro abolizione.
La democrazia viene radicalmente decostruita.
Non è in crisi per la crisi della religione civile che la dovrebbe accompagnare e che non l’accompagna più per effetto di una cattiva secolarizzazione ma è in crisi perché ha rilevato la sua essenza di mera narrazione di una forma peculiare (fra altre pur possibili) di legittimazione del potere.
Egli ha voluto iniziare una transizione teorica verso una società radicalmente costruttivista (non solo e non tanto perché la società è comunicazione – questo porterebbe ad un umanesimo debole – ma nel senso che è la società che costruisce l’uomo e non l’inverso), radicalmente antiregionalista (nel senso che la struttura sociale – nelle sue dinamiche funzionali – resta la medesima in tutto il globo, essendo presenti solo variazioni locali) e radicalmente antiumanista (nel senso che l’uomo come essere sociale è meno importante di quanto si sia disposti ad ammettere).
Il mondo non è post-moderno ma è ancora moderno, piuttosto, forse, iper-moderno, dominato dalla tecnologia che è parte dell’ambiente in cui operano i sistemi sociali.
Nessuna società per Luhmann è mai stata veramente umana o a misura d’uomo.
I sistemi sociali come sistemi autopoietici o che si producono e riproducono operano come i sistemi biologici (nelle differenziazioni, duplicazioni o moltiplicazioni cellulari).
I sistemi sono sempre operazionali.
Ed anche la moderna I.A. lo è.
Essa è quindi un ambiente tecnologico destinato ad trasformare profondamente i sistemi sociali nei loro processi autopoietici e nelle loro interazioni.
Come Luhmann direbbe solo la comunicazione può comunicare, essendo la comunicazione un fenomeno autopoietico, un sistema sociale, non umano.
Gli uomini sono delle monadi chiuse in se stesse, agite da sistemi sociali.
Così come non ci sono connessioni univoche fra i processi corporei ed i processi psicologici ed i sistemi sociali, questi ultimi non sono guidati dai primi perché gli uomini in quanto tali non sono in grado di esprimere alcun controllo sulle funzioni sociali ossia non esiste un sistema di governo o autogoverno della società intesa come sistema, nemmeno la politica (argomento antiumanista radicale).
Esistono solo complesse interazioni fra i sistemi.
I sistemi guidano se stessi perturbando gli altri come le turbolenze nella navigazione aerea.
Naturalmente i sistemi possono collassare.
Per presentarsi in nuove forme meno perturbabili.
La società quindi non è unitaria : ma è il frutto dell’interazione dei sistemi che la compongono.
La razionalità sociale non è unitaria : ma è il frutto delle interazioni delle diverse rationes che governano i sistemi.
La politica non può avere alcuna reale funzione di rappresentanza perché la società è troppo complessa per esaurirsi o rendere possibile tale funzione (il Parlamento in questa chiave un sogno enciclopedistico tramontato).
Anche le famiglie sono sistemi autopoietici che funzionano fino a quando le intenzioni dei loro membri sono convergenti e non troppo differenziate.
I divorzi possono essere resi più difficili; i figli possono essere sostenuti dalle famiglie, ma se i componenti della famiglia non sentono la funzione sistemica della stessa (ad es. i coniugi o i giovani ed i vecchi) la famiglia collassa o si separa assumendo una nuova forma.
La società non può governare se stessa e ciò significa che le promesse elettorali sono sempre vacue e questo spiega la crescente disaffezione alla democrazia.
L’economia capitalista è chiusa in se stessa e non si fa governare dalla politica.
La pianificazione è un’illusione.
Il sistema economico evolve attraverso il medium del danaro (oggi in tempi in cui la guerra in Europa ha riportato al centro l’economia reale attraverso la disponibilità delle energie).
Non esiste alcun sistema di governo dell’economia.
Ma anche le politiche di promozione della competitività (quale le politiche europee sulla scorta della c.d. agenda Draghi) e del libero mercato (del tipo di quelle del FMI) sono illusorie poiché la politica non ha presa sull’economia.
Gli esseri umani stanno insieme come esseri inermi.
La società che essi producono ecologicamente è essenziale alla loro sopravvivenza ma li condiziona totalmente.
La società non può essere controllata perché il corpo non sfugge alla morte, la mente non sfugge alla malattia mentale, e l’universo sopravanza la Terra.
Di fronte a questa realtà l’uomo sopravvive creando utopie.
L’ordine liberale del libero mercato, la giustizia del benessere socialista, l’economia sociale di mercato, lo stato del welfare.
Le utopie sono le forme attraverso le quali l’incomunicabilità della società (la sua durezza) è inscritta nel sistema politico.
La politica è più o meno una danza della pioggia.
Gli uomini preferiscono pensare di aver fatto qualcosa piuttosto che aspettare che le cose cambino.
Il summit del G 8 o del G 20 è pari ad un gesto di un nativo americano.
In fondo lo sappiamo.
Sappiamo che la storia ha le sue svolte epocali ma che esse sono prima casuali e poi studiate secondo una logica causale.
Stefan Zweig di Momenti fatali vale più di mille libri di storia; libri verso cui il Nietzsche delle Considerazioni inattuali ha espresso una critica definitiva (la storia non è magistra Vitae e gli uomini di azione hanno sempre contato più dei filosofi e l’eterogenesi dei fini domina l’azione umana come Shakespeare sapeva benissimo).
La lezione di Luhmann non è affatto conservatrice tuttavia.
E’ una teoria che abilita a pensare in modo diverso, ad abbandonare le strade consuete a considerare l’oggettività del mondo.
A partire da una concezione realistica della democrazia.
Essa è un sistema di selezione delle élite che funziona perché si legittima con un voto popolare (manipolabile e non sempre informato).
E’ una forma di audience che funziona quando si mantenga umile, conscia dei suoi limiti, e non pretenda di realizzarsi totalmente allora trasformandosi in totalitarismo ossia in governo del popolo senza mediazione.
Con il risultato paradossale che il governo di tutti si converte magari nel governo dell’Uno.
L’illuminismo ci dice Luhmann è un progetto incompiuto, arrivato al suo passaggio più difficile.
Occorre anche la sua ludicità per continuare il cammino.