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Cosa sono le clausole di azione collettiva apposte ai titoli del debito pubblico?

di - 3 Dicembre 2013
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Ci si potrebbe chiedere allora se la restrizione valga per le contestazioni che concernono i vizi formali del procedimento e dunque se, anche in questo caso, l’accesso alla tutela giurisdizionale si debba ritenere precluso ai singoli.
La risposta negativa, al quesito sopra sollevato, mi sembra preferibile.
La disposizione, che detta le condizioni ed i limiti della legittimazione processuale, deve essere interpretata nel contesto della disciplina nella quale si colloca. La finalità dell’apposizione delle clausole di azione collettiva è quella di favorire il coordinamento della azione dei creditori, evitando fenomeni di strenua resistenza da parte dei singoli, rispetto a proposte di modifica delle condizioni e dei termini dei titoli. Finalità rispetto alla quale è del tutto estranea quella di tollerare eventuali abusi a danno della minoranza, che potrebbero essere agevolati ove non fosse consentito ai singoli di contestare in sede giurisdizionale la regolarità del procedimento seguito.

3. Nell’eurozona, l’attenzione per le clausole di azione collettiva è recente. Un primo riferimento alle clausole è contenuto nella Dichiarazione dell’Eurogruppo del 28 novembre 2010[6]. Se ne è poi parlato, più concretamente, con riferimento alla crisi del debito greco[7]. Infine, l’obbligo di introdurre le clausole di azione collettiva è stato sancito con il Trattato istitutivo del Meccanismo Europeo di stabilità, firmato a Bruxelles il 2 febbraio 2012, come già detto.
Se però valutiamo il fenomeno in un contesto più ampio, dobbiamo constatare che  le clausole di azione collettiva non rappresentano una novità, in termini assoluti, e nemmeno una anomalia, propria dei paesi dell’area euro.
Al di fuori dell’eurozona, clausole di questo tipo sono conosciute ed utilizzate da molto tempo.
Fin dalla fine del 1800, i titoli emessi secondo la legge inglese contengono le c.d. majority action clauses. Si tratta di clausole che presentano caratteristiche in tutto analoghe a quelle ora rese obbligatorie nei paesi dell’eurozona. Come queste, consentono alla maggioranza del gruppo degli investitori in titoli del debito pubblico di decidere con effetti vincolanti per la minoranza la modifica di ogni condizione del titolo, ivi incluso il termine di pagamento .
Le majority action clauses non rappresentano peraltro l’unico tipo di collective action clauses[8] conosciute nel diritto inglese. Accanto a queste, l’esperienza anglosassone ha elaborato le collective representation clauses, che servono a coordinare una rappresentanza dei creditori come gruppo; le sharing clauses, le quali prevedono che ogni ricavo ottenuto dai debitori debba essere diviso tra i creditori pro-rata, e le acceleration clauses, per le quali il 25% dei possessori dei bond, dietro comunicazione scritta all’emittente, può dichiarare che i titoli sono immediatamente esigibili e pagabili.
Fino alla fine degli anni ’90, la possibilità di includere nei titoli pubblici clausole del tipo delle majority action clauses ha rappresentato una peculiarità dei titoli soggetti alla legge inglese.
Per i titoli del debito pubblico soggetti alla legge statunitense, l’utilizzo di queste clausole risale a circa un decennio orsono.
La ragione del mancato inserimento delle clausole, fino a quella data, è da rinvenire nella disposizione contenuta nel § 316 della legge federale del 1939, che disciplina l’offerta al pubblico di strumenti finanziari. Il § 316 del Trust Indenture Act del 1939 espressamente esclude che le condizioni dei titoli di stato possano essere modificate senza il consenso di ciascun possessore di titoli (100%). La stessa norma prevede poi che solo un rinvio per un massimo di tre anni può essere stabilito con l’approvazione  del 75% dei possessori dei titoli. Inoltre, sebbene il Trust Indenture Act non si applicasse necessariamente ai titoli di Stato emessi negli Stati Uniti da altri paesi, le clausole, che prevedono modifiche, incluse nei titoli di stato emessi negli Stati Uniti hanno poi di fatto sempre seguito tale modello.
L’inversione di tendenza ha iniziato a manifestarsi negli US, solo nel giugno 1997. In quella data, il Kazakistan emise sul mercato statunitense una serie di titoli, soggetti alla legge di New York, che permettevano al 75% dei possessori dei titoli di modificare i termini delle obbligazioni.
Nel 2003 l’esempio del Kazakistan fu seguito da un altro paese in via di sviluppo, il Messico e poi dall’Uruguay, dal Brasile e da altri paesi ancora. Mentre il caso del Kazakistan era passato quasi inosservato, questa volta l’intero mondo della finanza internazionale commentò la tendenza dei governi dei paesi emergenti ad emettere titoli muniti di tali clausole sui mercati stranieri e quindi in divisa estera. I commenti a volte furono entusiastici, altre estremamente critici[9].
Quel che è certo è che l’utilizzo delle clausole di azione collettiva nei titoli emessi da paesi di economie emergenti sul mercato statunitense e soggetti alla legge statunitense è oggi massiccio.

4. La circostanza per la quale le clausole di azione collettiva sono ampiamente utilizzate nei titoli del debito pubblico dei paesi di economie emergenti solleva un interrogativo e qualche timore.
Che cosa accomuna i paesi emergenti ai paesi dell’area euro? L’economia dei primi è spesso connotata da una certa instabilità e da una certa fragilità. Dobbiamo allora concludere che l’apposizione delle clausole nei titoli dei paesi dell’area euro segni il suggello di un contagio? E soprattutto, l’utilizzo delle clausole aumenta il margine di rischio dei titoli del debito pubblico?

Note

6.  La dichiarazione, che traccia le caratteristiche generali del futuro meccanismo europeo di stabilità, precisa “nell’eventualità inattesa che un paese risulti insolvente, lo Stato membro deve negoziare un piano globale di ristrutturazione con i propri creditori privati, in linea con le prassi del FMI al fine di ripristinare la sostenibilità del debito. Per agevolare questo processo, clausole di azione collettiva standardizzate ed identiche, in modo da tutelare la liquidità dei mercati, saranno inserite tra le modalità e le condizioni di emissione di tutte le nuove obbligazioni di Stato della zona euro a partire da giugno 2013 (termine poi anticipato a gennaio). (…) Ciò consentirà ai creditori di prendere una decisione a maggioranza qualificata su una modifica giuridicamente vincolante dei termini di pagamento (sospensione, proroga della maturità, riduzione del tasso di interesse e/o haircut) nell’eventualità di inadempimento del debitore”.

7.  Peraltro, nel caso Grecia, non essendo fin dall’inizio previsto espressamente l’effetto vincolante per la minoranza delle modifiche accettate dalla maggioranza, la tecnica di ristrutturazione del debito che si è utilizzata è stata diversa. Agli obbligazionisti è stata proposta una offerta di scambio, la quale comporta la accettazione di modifiche peggiorative delle condizioni dei titoli già emessi ed in loro possesso. Nel momento in cui si è raggiunta la maggioranza necessaria per modificare i titoli, questi hanno perso di valore e tutti i possessori sono stati “invogliati” ad accettare lo scambio (c.d. exit consent).

8.  Cfr. L. DIXON e D. WALL, Collective Action Problems and Collective Action Clauses, in Financial Stability Review , 2000 e R. OLIVARES-CAMINAL, Is there a need for an international insolvency regime in the context of sovereign debt? A case for the use of corporate restructuring techniques, in Journal of international Banking Law and Regulation, 2009.

9.  Cfr. A. GELPERN e M.GULATI, Public symbol in Private Contract: a case study, in Washington University Law Review, 2006, cit., 1629.

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