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Crisi dei mercati e sovranità dello Stato: qualche elemento di discussione

di - 16 Luglio 2012
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A febbraio 2012, poi, il nuovo Governo di unità nazionale guidato da Lucas Papademos ha sostenuto in Parlamento l’approvazione di pesantissime misure di austerità, richieste dall’Europa e dal Fondo monetario internazionale, che oltre a provocare un clima di violentissimi scontri e proteste nelle piazze di molte città greche ha spaccato la tenuta stessa dei partiti di governo, in particolare il Pasok e Nuova Democrazia, che hanno espulso dai rispettivi gruppi parlamentari i deputati contrari all’adozione di un provvedimento che, certo, ha salvato almeno per ora la Grecia dal default, ma che pone enormi problemi di sostenibilità sociale: per questo profilo, si mette in luce un altro rilevantissimo elemento di discussione per il nostro tema, quello appunto di una sovranità statale che, venendo sopraffatta quasi interamente, determina, però, contemporaneamente il collasso dei sistemi di welfare dei Paesi di democrazia pluralista.
Di fronte al rischio che questo accada, il discorso deve proseguire indagando se (e quanto) le Costituzioni possano ancora rappresentare un serio ed efficace argine in questo campo, quelle Costituzioni almeno che collocano i diritti sociali al centro stesso dell’impianto costituzionale e della forma di Stato (come avviene, ad esempio, in Italia, in ragione del collegamento tra art. 3, comma 2, e art. 41, comma 2, Cost., tra uguaglianza sostanziale e utilità sociale: così persuasivamente Luciani 2011, 47 e passim, nonché Ciolli 2012, 17; ma v. subito le conclusioni del punto 6).

6. Alla luce di quanto finora osservato e avviandomi a concludere queste note, la tesi che si può solo abbozzare, pur nella snellezza e agilità richiesta al lavoro, è che la forza normativa delle Costituzioni, nel loro nucleo di principi intangibili e immodificabili, non possa cedere dinanzi a logiche del tutto estranee a essi – frutto del prevalere di poteri extragiuridici, spesso sganciati dal rispetto delle più elementari norme etiche, la cui essenza ben si condensa affermando il primato della natura delle cose e/o il diritto del più forte – se si vuole davvero difendere, non tanto la rigidità di quei testi, per accontentare magari il fine palato dei giuristi costituzionalisti, ma l’intero patrimonio di valori della comunità politica di riferimento.
Peraltro, esiti come quello dell’inserimento in Costituzione di norme sul pareggio di bilancio, “imposte” dall’alto (a seguito delle decisioni prese nelle assise europee), più che autonomamente elaborate dal basso, nelle assemblee parlamentari o con il coinvolgimento del popolo, nello spirito più genuino di quello che dovrebbe essere il percorso di una riforma costituzionale, o di soluzioni come quella greca, basate su un vero e proprio aut aut, che ha privato il governo ellenico di qualsiasi potere di interdizione o almeno di negoziazione, per menzionare soltanto gli aspetti sui quali ci si è maggiormente soffermati in precedenza, sembrano dimostrare esattamente il contrario.
E forse non basta cercare conforto, in controcorrente rispetto all’insieme degli eventi ai quali si è fatto cenno, richiamando quanto accaduto, in conseguenza della crisi economico-finanziaria, in un Paese europeo, non membro peraltro dell’Unione europea, l’Islanda.
Questo Stato aveva accumulato, in particolare attraverso le sue banche, un debito (privato) altissimo, debito che è stato “ripudiato” a seguito di due successivi voti referendari nel marzo del 2010 e nell’aprile 2011; il prestito erogato dal Fondo monetario internazionale è stato contrattato e non subito passivamente dagli organi di governo; la classe politica considerata responsabile del rischio di default (è degli inizi di marzo 2012 la notizia di un processo penale nei confronti dell’ex primo ministro Geir Haarde) si è vista costretta ad avviare un procedimento per l’adozione di una nuova Costituzione, con la creazione di un’apposita Assemblea costituente che ha portato, con una larghissima partecipazione popolare e un ampio dibattito pubblico, anche mediante l’impiego delle più evolute tecnologie informatiche, alla stesura di un innovativo progetto di Costituzione che sarà sottoposto al voto popolare nel corso del 2012 (su quanto sintetizzato nel testo v. ad esempio Björnsonn, Valtýsson 2009; Gylfason 2011).
Tra isole greche e vulcani islandesi, in che modo le Costituzioni possono uscire dalla palude di una realtà che sfugge al controllo della loro valenza prescrittiva, potendo rappresentare, ancora, l’ultimo baluardo della sovranità degli Stati, pure contro le potenziali derive antidemocratiche che la crisi dei mercati (finanziari) rischia ulteriormente di veicolare?
Il punto di snodo implica, per lo studioso di diritto costituzionale, accettare di confrontarsi con un “ripensamento degli assetti istituzionali attraverso cui la democrazia funziona” (come notato, tra gli altri, da Dahrendorf 2003, 4); questo significa che le Costituzioni, senza abdicare mai alle funzioni che storicamente si sono viste assegnare (di rappresentare un limite invalicabile all’esercizio del potere politico, di qualsivoglia natura esso sia, anche garantendo sempre una credibile responsabilità pubblica: così già Pinelli 1997, 62, 90 e passim), devono muoversi realisticamente entro margini sempre più stretti, tra i dogmi della c.d. lex mercatoria e il diritto su cui si reggono quelle che sono state definite “le costituzioni civili della società globale” (Teubner 2005, 105 ss.; ma di questo Autore v. anche il più recente contributo, pubblicato in Kiaer, Teubner, Febbrajo, 2011, 3 ss.), i cui attori fondamentali non sono più gli Stati, “centri focali” delle tradizionali Costituzioni politiche, o altri corpi politici, pur diversamente denominati, ma “le organizzazioni internazionali, le imprese multinazionali, i sindacati internazionali, i gruppi d’interesse e le organizzazioni non governative che partecipano ai processi decisionali globali”, e, solo marginalmente, gli individui titolari di diritti umani inalienabili (così ancora Teubner 2005, 109, nonché Ciolli 2010, 61, che parla di uno “scenario, nel quale convivono in uno spazio globale istituzioni sopranazionali, imprese multinazionali e istituzioni nazionali”, con “assonanze con il Medioevo, dove più istituzioni si trovavano a coesistere in un medesimo territorio”; v. pure Pinelli 1997, 74, che rileva una “carenza di tutela dei diritti fondamentali di lavoratori, consumatori, utenti, azionisti, risparmiatori, nei confronti di imprese, mercati, organizzazioni internazionali e unioni di Stati”; nonché Thornill 2011, 392, secondo il quale “right will continue to support power by offering a reflexivity that curtails and excludes the more estreme inclusionary dimensions and paradoxes of power”).
Quelle Costituzioni, ricorrendo a quella che è soltanto una prima suggestione, rispetto a formidabili domande, per la cui risposta non basterebbe la lettura dei volumi della biblioteca d’Alessandria, potrebbero forse concedere qualcosa in termini di contrazione del potere sovrano dei singoli Stati (la maggioranza dei quali, del resto, non appartiene nemmeno alla famiglia delle democrazie di stampo occidentale), ma dovrebbero contribuire a individuare inediti strumenti di contenimento del potere e di giustificazione dal basso dei soggetti che governano le dinamiche del villaggio globale.
Meno sovranità statale, allora, probabilmente, ma non minore legittimazione democratica dei processi decisionali mondiali.

Il lavoro, con qualche marginale variazione, è destinato alla pubblicazione in Il Diritto dell’Economia, 2012-1, Mucchi Editore, Modena.

Riferimenti bibliografici essenziali (solo opere citate nel testo)

E.J. Björnsonn, K.T. Valtýsson, Financial Crisis in Iceland. Icelandic Monetary Policy, Aarhus School of Business, December 2009.

F. Chesnais, Debiti illegittimi e diritto all’insolvenza. Quando sono le banche a dettare le politiche pubbliche, Roma, 2011.

I. Ciolli, Il territorio rappresentato. Profili costituzionali, Napoli, 2010.

I. Ciolli, I Paesi dell’Eurozona e i vincoli di bilancio. Quando l’emergenza economica fa saltare gli strumenti normativi ordinari, in Rivista telematica giuridica dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, n. 1/2012.

G. Cocco, L’Europa dei tre disincanti, in Politica del diritto, 2000, 197 ss.

R. Dahrendorf, Dopo la democrazia. Intervista a cura di Antonio Polito, Roma-Bari, 2003.

G. Di Gaspare, Teoria e critica della globalizzazione finanziaria. Dinamiche del potere finanziario e crisi sistemiche, Padova, 2011.

T. Gylfason, Dopo la crisi, una nuova Costituzione per l’Islanda, in www.lavoce.info, 28 ottobre 2011.

P.F. Kiaer, G. Teubner, A. Febbrajo (edited by), The Financial Crisis in Constitutional Perspective. The Dark side of Functional Differentiation, Oxford and Portland, Oregon, 2011.

M. Luciani, L’antisovrano e la crisi delle Costituzioni, in Rivista di diritto costituzionale, 1996, 124 ss.

M. Luciani, Unità nazionale e struttura economica. La prospettiva della Costituzione repubblicana, Relazione al Convegno annuale AIC, Costituzionalismo e Costituzione nella vicenda unitaria italiana, Torino, 27-29 ottobre 2011, paper.

C. Pinelli, Cittadini, responsabilità politica, mercati globali, in Rivista di diritto costituzionale, 1997, 43 ss.

G. Teubner, La cultura del diritto nell’epoca della globalizzazione. L’emergere delle Costituzioni civili, Roma, 2005.

C. Thornhill, The Future of the State, in P.F. Kiaer, G. Teubner, A. Febbrajo (edited by), The Financial Crisis in Constitutional Perspective. The Dark side of Functional Differentiation, Oxford and Portland, Oregon, 2011, 357 ss.

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