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Teorie della complessità, controversie plurisoggettive e contenzioso di serie

di - 3 Giugno 2009
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Tale recupero di efficienza si presenta chiaramente come il risultato dell’applicazione di uno strumento di gestione della complessità: l’azione collettiva a tutela di diritti individuali omogenei produce un effetto ordinante e semplificante, assicurando la standardizzazione della risoluzione del conflitto seriale e l’eliminazione delle ripetizioni. Gli effetti riallocativi, tuttavia, possono essere più o meno drastici a seconda di almeno due variabili della disciplina dell’istituto: a seconda, cioè, se siano o meno possibili rispettivamente il recesso individuale dall’azione collettiva e la conciliazione dell’azione collettiva come tale.

3. – Gli effetti della prima variabile sono stati sperimentati ampiamente negli Stati Uniti: il diritto positivo, infatti, contempla entrambe tali possibilità. Naturalmente l’inammissibilità del recesso individuale sacrifica la garanzia del contraddittorio dei singoli componenti del gruppo, e tale soluzione viene adottata esplicitamente in quelle ipotesi in cui la decisione deve essere unitaria in vista della portata inibitoria del provvedimento richiesto o del rischio di incapienza del convenuto.
Tuttavia l’esame della prassi rivela l’esistenza di un’ulteriore sfera di ipotesi: quelle in cui risulti antieconomica l’azione in via individuale. Laddove infatti le singole pretese siano di ammontare così ridotto da non superare i costi non ripetibili dell’azione in via individuale, la possibilità di recedere in via individuale dall’azione collettiva tende a non essere riconosciuta, o ad esserlo solo formalmente, per esempio prevedendo che gli interessati non siano informati individualmente della pendenza del procedimento; si è suggerito pertanto di denominare queste ipotesi come azioni collettive “olistiche”, da contrapporre alla complementare categoria delle azioni collettive “discrete”[9].
Gli effetti della seconda variabile sono invece ancora tutti da sperimentare: soltanto in dottrina, infatti, si è proposto di stabilire che l’azione collettiva a tutela di diritti individuali omogenei non sia passibile di definizione in via conciliativa[10]; nel diritto positivo, infatti, la conciliazione è efficace nei confronti dei componenti passivi del gruppo, salvo essere subordinata a un’omologazione giudiziale in cui si verifichi la sua equità. È attraverso la conciliazione collettiva, però, che si producono i più drastici cambiamenti della struttura del sistema: si rende possibile la configurazione di azioni collettive “fluide” e persino “virtuali”.
Nella prima ipotesi il gruppo viene definito in modo cronologicamente aperto, sicché la sua composizione soggettiva può variare nel corso del giudizio, e la tutela può giovare a soggetti diversi da quelli danneggiati[11]. Nella seconda, sono ricompresi nel gruppo soggetti non ancora identificabili al momento della conclusione del giudizio, in particolare perché i danni da essi subiti si trovano in fase di latenza, sicché alcune delle vittime possono perdere l’opportunità di agire in via individuale anche in casi in cui tale opzione non sarebbe antieconomica (e si tende pertanto ad ammettere che il diritto di recesso dall’azione collettiva possa esercitarsi, in forma limitata, anche a seguito della effettiva maturazione del danno)[12].
Ai fini dell’introduzione nell’ordinamento italiano dell’azione collettiva risarcitoria a tutela di diritti individuali omogenei, assai dibattuta in tempi recenti[13], occorre dunque tener conto di come gli effetti riallocativi dell’istituto dipendano soprattutto dalla possibilità di conciliare la lite, e di come rispetto a tale eventualità si ponga assai seriamente il problema della protezione delle garanzie individuali dei componenti passivi del gruppo delle vittime della condotta illecita del convenuto. Escludere tale possibilità, e concedere sempre al componente del gruppo il diritto di recedere dall’azione collettiva, sembra essere la maniera migliore per assicurare in modo efficiente pienezza agli effetti di deterrenza delle condotte illecite ascrivibili al sistema della responsabilità civile[14], senza con ciò sacrificare le garanzie processuali fondamentali.

Note

9.  V., per questa scelta lessicale, e per i relativi riferimenti, Giussani, Studi, cit., p. 260 ss.

10.  V. già Giussani, Studi, cit., p. 410 ss., e di recente anche una parte della dottrina americana (cfr., per es., J. Bronsteen e O. Fiss, The Class Action Rule, in 78 Notre Dame Law Review, 2003, p. 1443 ss.; J. Bronsteen, Class Action Settlements: An Opt-In Proposal, in University of Illinois Law Review, 2005, p. 903 ss.).

11.  V. i riferimenti indicati e l’analisi svolta già in Giussani, Studi, cit., p. 269 ss.

12.  V. già le considerazioni compiute in Giussani, Studi, cit., p. 276 ss.; sui più recenti sviluppi della giurisprudenza in materia v. anche R.A. Nagareda, Autonomy, Peace, and Put Options in the Mass Tort Class Action, in 115 Harvard Law Review, 2002, p. 747 ss., e da ult. la ricerca svolta dall’American Law Institute, Principles of the Law of Aggregate Litigation. Discussion Draft No. 2, Philadelphia, 2007, p. 253 ss.

13.  Sulle proposte in tal senso cfr. già, per es., M. Taruffo, La tutela collettiva: interessi in gioco ed esperienze a confronto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, pp. 529 ss.; L.P. Comoglio, Aspetti processuali della tutela del consumatore, in Riv. dir. proc., 2007, p. 307 ss.; S. Chiarloni, Per la chiarezza delle idee in tema di tutele collettive dei consumatori, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, pp. 567 ss.; sui loro più recenti sviluppi v. A. Giussani, L’azione collettiva risarcitoria nel nuovo art. 140 bis c.cons., in Riv. dir. proc., 2008, pp. 1227 ss.

14.  In proposito sia concesso rinviare ad A. Giussani, Azioni collettive, danni punitivi e deterrenza dell’illecito, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2008, pp. 239 ss.

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