Vertice NATO 2025 e Difesa europea
CIRCOLO DI STUDI DIPLOMATICI LETTERA DIPLOMATICA
Piazzale della Farnesina, 1 n. 1403 – Anno MMXXV
00135 Roma Roma, 30 giugno 2025
Vertice NATO 2025 e Difesa europea
Le conclusioni del Vertice NATO sono encomiabili innanzitutto per la loro brevità. La conclusione più innovativa, perché concreta e misurabile, è l’impegno dei Paesi Membri a spendere il 5% del loro PIL per la difesa: 3,5% in armamenti, più 1,5% in infrastrutture e reti connesse con la sicurezza. Al di là degli obblighi NATO, questo impegno costituisce un tassello necessario, anche se non sufficiente, per avviare contestualmente la costruzione di una credibile difesa europea. Quest’ultima richiede infatti anche integrazioni produttive, infrastrutture tecnologiche, interoperabilità delle forze e un comando unificato. Il secondo obiettivo (1,5% del PIL) non è irrealizzabile per l’Italia, data l’esigenza di dover modernizzare comunque il nostro Paese. Il primo (3,5% del PIL) richiederà invece sforzi di bilancio molto impegnativi, ma non impossibili se solo il Governo volesse riassorbire l’evasione fiscale che vale più di cento miliardi l’anno. In attesa che ciò si verifichi, per l’Italia diventa indispensabile poter contare su un indebitamento comune europeo, che vada al di là di quanto previsto dal Programma SAFE, se non vogliamo, persi gli Stati Uniti, essere obbligati ad affidarci alla Germania per la difesa convenzionale. Il Governo italiano si sta coerentemente battendo in sede Unione Europea a questo fine.
La riaffermazione nelle conclusioni del Vertice dell’obbligo della solidarietà atlantica in caso di aggressione a uno dei membri mi sembra solo una foglia di fico per nascondere i “distinguo interpretativi” sull’articolo 5 del Trattato espressi a L’Aja da Donald Trump. Del resto gli USA ce lo hanno fatto capire da tempo: dopo ottanta anni dalla fine della seconda guerra mondiale, alla difesa dell’Europa devono e possono provvedere gli europei; gli Stati Uniti hanno altri nemici da cui proteggersi. Trump ha inviato questo messaggio in modo più brutale di quanto avessero fatto le precedenti Amministrazioni USA. Ma il messaggio è lo stesso: per gli USA, la NATO non è più essenziale.
Il linguaggio di Trump è ora diventato anche offensivo nei confronti degli europei e dell’Europa, mentre le sue azioni continuano a essere volutamente improntate a solo apparenti improvvisazioni e contraddizioni. Non ce ne dobbiamo meravigliare. Le caratteristiche della sua personalità sono state esaminate e descritte pubblicamente già al tempo della sua prima presidenza: vedi “The dangerous case of Donald Trump – Editore Lee 2016”. Noi europei siamo comunque obbligati a costatare che gli USA hanno abbandonato negli ultimi cinquanta anni tutti i loro alleati, seguendo le loro priorità del momento. Il catalogo è lungo: vietnamiti del Sud, cinesi di Taiwan (quando gli USA accettarono il principio di una sola Cina), iracheni, curdi, afghani; e ora anche gli ucraini? Gli europei devono trarne le dovute conseguenze.
Nella attuale situazione mondiale gli USA hanno peraltro valide giustificazioni derivanti dalle emergenze alle quali sono confrontati in Asia. Ma l’Alleanza, senza un impegno non dubitativo da parte degli USA, può essere ancora ritenuta credibile da chi minaccia l’Europa? Se la risposta è negativa, come io ritengo, dobbiamo affidarci all’Unione Europea? L’Unione ha già provato la sua inadeguatezza in questo settore. Era nata per altri scopi, come Comunità Economica Europea, quando è fallita in Francia la ratifica della Comunità Europea di Difesa. La CEE ha svolto più che egregiamente la sua funzione, fino a coronarla con la moneta unica. Dopo Maastricht, l’Unione Europea è stata caricata di aspettative e di responsabilità per le quali
non era stata adeguatamente preparata e attrezzata; e non ha potuto offrire ai cittadini europei nessun successo al di fuori del campo economico e monetario. I giovani non ci credono più, come ha dimostrato un recente sondaggio demoscopico.
In materia di difesa, non abbiamo però bisogno di riscoprire l’acqua calda. Abbiamo il precedente dell’alleanza difensiva già elaborata in dettaglio nel passato, la stessa Comunità Europea di Difesa, anche se non è mai entrata in funzione, e dell’Unione Europea Occidentale, che è rimasta in vigore fino a non molti anni fa. Ma si possono immaginare altre soluzioni istituzionali, inclusi il ricorso alle “Cooperazioni strutturate permanenti” previste da Trattato UE o la stessa NATO in una diversa configurazione. Il problema non sono gli strumenti istituzionali ma la volontà politica dei governi.
Come svegliare i governanti europei dalla loro attuale inerzia e indurli a tradurre nei fatti le belle parole di cui sono piene le lunghe – quanto normalmente inutili – conclusioni dei Consigli Europei, incluso l’ultimo? Suggerisco una strada: invitare tutte le personalità che hanno avuto ruoli di governo nei Paesi Membri e nelle Istituzioni Europee, e che hanno contribuito alla costruzione dell’Europa come è oggi, a mobilitarsi per convincere i rispettivi governi a cambiare il corso apparentemente inarrestabile degli eventi che hanno portato gli europei all’irrilevanza; e a promuovere la creazione di una Comunità di Difesa tra quei Paesi che intendono unirsi nel difendere l’Europa da tutti i suoi potenziali aggressori: che provengano da Est, da Sud e eventualmente anche da Ovest.
Resta ovviamente l’enorme problema di come assicurare la deterrenza nucleare in un sistema di difesa collettivo: senza di essa, la difesa convenzionale non è credibile, se l’avversario è un Paese militarmente nucleare. Rimango convinto che l’Italia dovrà rivedere la sua posizione sul Trattato di non Proliferazione. La costruzione di armi nucleari, come di altre armi, può essere il frutto di cooperazioni intergovernative; ma non ritengo credibile il loro impiego su base collegiale. Ce lo hanno spiegato i francesi molti anni fa. La strada verso una efficace difesa europea è ancora molto lunga.
Roberto Nigido
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