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Per Nino Longobardi – in memoriam

di - 4 Luglio 2025
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Sabato 21 giugno il Prof. Nino Longobardi ci ha lasciato.

Ordinario di diritto amministrativo, allievo di Guarino, con la rivista aveva rapporti significativi: Aperta Contrada recensì il suo ultimo libro – Il declino italiano. Le ragioni istituzionali (Firenze, Passigli, 2021) – e organizzò un convegno di studi, dedicato a Stato e mercato, che lo vide ospite d’onore; così, qualche tempo dopo, Nino volle che Aperta contrada avesse l’esclusiva della pubblicazione degli atti di un convegno che organizzò per il suo maestro Guarino.

Nino scrisse moltissimo di autorità indipendenti e istituzioni – il tema fondamentale della sua vita scientifica- e su questo tema, oltre a Il declino italiano, ci lascia altre due monografie – Il sistema politico-amministrativo e la riforma mancata (Torino, 1999) e Autorità amministrative indipendenti e sistema giuridico-istituzionale (Torino, 2004), opere che hanno titoli diversi, ma che sono tutte ispirate al medesimo principio: Nino aveva in mente un sistema politico-istituzionale fondato su libertà e indipendenza delle istituzioni. Però dalla lezione istituzionale, ereditata dal suo Maestro, Egli seppe distaccarsi e mai fu un allievo dimesso, tutt’altro. Nino raccontava spesso che in uno dei suoi primi lavori scrisse che gli atti del Commissario liquidatore nominato dalla Banca d’Italia sono atti amministrativi e quindi sono impugnabili davanti al giudice amministrativo – quasi un’eresia per quel tempo e in opposizione alle tesi, note e pubblicate, del suo Maestro; e pare che quando Guarino lesse la bozza si accigliò, si indispettì e poi disse: “non sono d’accordo, ma questa idea va pubblicata.”

Fu così che cominciò il cursus accademico di Nino. Guarino lo spedì a studiare a Parigi e dopo la libera docenza alla Federico II ebbe la cattedra all’Aquila, dove insegnò tutta la vita.

In tutti i suoi scritti, anche in quelli minori o diversi, in materia di giustizia amministrativa, scorre una vena d’ispirazione liberale. Fu senz’altro un teorico del liberalismo. Un liberalismo applicato alle istituzioni pubbliche e alla giustizia amministrativa. Di questo parlavamo spesso e discutevamo, su sponde opposte, di libertà e potere ammnistrativo. Nino detestava i “privilegi” della pubblica Amministrazione: demolì il cd. “diritto privato speciale” della P.A. e stigmatizzò la teoria dell’affievolimento, che, diceva, porta a fondare il riparto di giurisdizione sul potere amministrativo e non sul diritto soggettivo[1]; però, nonostante il nostro disaccordo costante, voleva che la dialettica autorità-libertà fosse uno dei temi portanti delle lezioni del suo dottorato — suo perché aveva creato un dottorato riuscitissimo dal titolo Trasformazioni del diritto amministrativo — e così su questa eterna dialettica si divertiva a provocarmi e mi invitava, ogni anno, a tenere una lezione: ovviamente sceglieva lui il tema e soprattutto era lui a inventare il titolo — sì, Nino era anche un grande titolista e il giornalismo l’aveva nel sangue, gli veniva da suo padre, grande firma del Corriere.

Nel suo ultimo libro, nelle prime pagine, Nino scrive una frase chiave: ci vuole uno “sguardo più libero sulle istituzioni” [2].

E forse è questa la sua ultima lezione.

[1] In particolare, stigmatizzava il fatto che il potere amministrativo fosse inteso come situazione o forza che può sacrificare ogni situazione soggettiva effettualmente antitetica (v. N. LONGOBARDI, Itinerari della giurisdizione amministrativa, Dir e proc. amm., 2013, 687 ss.)

 

[2] v. N. LONGOBARDI, Il declino italiano. Le ragioni istituzionali, Firenze 2021, 53.


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