Commento a V. Visco, La guerra delle tasse, con la collaborazione di Giovanna Faggionato, Laterza, Bari-Roma, 2023, pp. 120.

Mentre il Governo Meloni toglie ai poveri e de-tassa la borghesia piccolo-media, sulle imposte appare un libro importante, per chi lo ha scritto e per ciò che contiene. Visco è uno dei massimi studiosi di scienza delle finanze, la disciplina che ha visto la scuola italiana attingere prestigio internazionale con Pantaleoni, de Viti de Marco, Einaudi, Ricci, Griziotti poi con Steve, Cosciani e loro allievi. Avendo vissuto personalmente quella vicenda, ricordo altresì Visco come il Ministro delle Finanze che nel 1997 insieme con Ciampi al Tesoro contribuì in modo decisivo al taglio del disavanzo pubblico dal 7 al 3% del Pil. Grazie anche all’azione della Banca d’Italia si riuscì ad abbattere l’inflazione, contenere i tassi a lunga, fissare la lira nello SME. Si realizzarono così le quattro condizioni, di bilancio e monetarie, che consentirono di aderire alla moneta unica europea.

Questo libro – alla cui chiarezza di scrittura ha concorso la giornalista Giovanna Faggionato – costituisce la sintesi delle ricerche, delle esperienze, delle azioni riformatrici dell’Autore.

L’analisi muove dalla presa d’atto dei problemi comuni alle principali economie che la fiscalità vive. Mi limito a richiamarne due.

L’imposizione grava sul lavoro più che sul capitale. Si è trattato di una scelta politica, influenzata anche dalla ricchezza finanziaria e dalla sua mobilità internazionale. Sebbene a differenza del passato i lavoratori risparmino e investano in attività finanziarie, ciò ha contribuito a rendere sperequata la distribuzione degli averi nei paesi avanzati, ponendone a rischio le stesse basi democratiche. Il secondo fenomeno è il trasferimento dei profitti da una constituency fiscale all’altra, unito al fatto che i colossi del digitale non hanno sede fisica. Si sono così dischiuse praterie di elusione alle imprese multinazionali.

L’Italia è partecipe di tali problemi con le specificità irrisolte del sistema fiscale. La sua storia, che il libro puntualmente ripercorre, è costellata di occasioni mancate, sin dalla Costituente. L’art. 53 fissa il principio della progressività, che opportunamente nega ogni ipotesi di flat tax, ma non i principi della generalità e della uniformità del prelievo per pari capacità contributiva. La riforma del 1974 introdusse Irpef e Iva, ma – come l’antico allievo Visco lamenta (pg. 20) – non accolse intera la indicazione del professor Cosciani. Essa prevedeva “un’imposta generale progressiva sul reddito con l’inserimento di tutti i redditi di capitale, la riforma del catasto, un’imposta sulle società, un’imposta proporzionale sul patrimonio, la riforma dell’imposizione indiretta”. Gli interventi successivi, dovuti anche allo stesso Visco, hanno solo in parte corretto questi e altri difetti. Nella “guerra delle tasse” si sono dovuti registrare financo sconfitte e ritirate, fino all’ ennesima incompiuta del governo Draghi con la mancata delega di revisione del fisco. I limiti del sistema sono testimoniati da evasione ed elusione oscene, non lontane dal 7/8% del Pil, a vantaggio soprattutto di imprese, artigiani e professionisti, a scapito di lavoratori dipendenti e pensionati.

Alla teoria e alla storia il libro unisce le soluzioni che l’Autore caldeggia. Al centro si situano “tre imposte principali a larga base, due progressive, sul reddito da lavoro e sui patrimoni, una proporzionale, l’imposta sul welfare; oltre all’Iva ridisegnata e le altre imposte minori” (pg. 117). Sono indicati concreti metodi contro l’evasione, sulla scia di quelli con i quali da ministro Visco tolse quasi cinque punti di Pil all’evasione nel 1996-2000.

La proposta è in ampia misura condivisibile. Forse occorre prudenza nel tassare patrimoni e successioni. Il reddito degli italiani è fermo da vent’anni. Resta loro un patrimonio pari a otto/nove volte il reddito disponibile. Le famiglie vi fanno affidamento, per gli anziani e per i giovani che stentano a trovare una occupazione corrispondente alle loro capacità e aspirazioni.

L’imposizione sui patrimoni – che Visco stesso peraltro ipotizza ordinaria e in forma blanda – va rinviata a quando l’economia italiana avrà ritrovato la via della crescita. Potrà contribuirvi il sistema fiscale disegnato in questo bel libro: un sistema che unisca a “effetti redistributivi e perequativi ben più elevati di quello attuale effetti incentivanti sulle attività economiche” (pg. 118).