Nota sul Meccanismo Europeo di Stabilità-MES.

  1. Il Trattato del MES

E’ di nuovo all’attenzione del governo e dell’opinione pubblica la questione della ratifica parlamentare del MES, il cui testo ha subito modifiche.

Lo scopo del Meccanismo e’ quello di concedere, a specifiche condizioni, assistenza finanziaria ai paesi membri dell’area dell’euro  che abbiano difficolta’ a finanziare sul mercato il proprio debito pubblico (art 3).

Nel preambolo del Trattato, si specifica tra l’altro:

che il MES cooperera’ col FMI e con la BCE nel fornire assistenza, sia a livello tecnico che finanziario (punto 8);

che sono previste Clausole di azione collettiva – c.d. Collective Action Clauses-CAC – le quali prevedono la possibilità che, col consenso qualificato di parte dei creditori, detentori di titoli pubblici, lo Stato debitore apporti cambiamenti alle clausole dei titoli stessi [ristrutturi il suo debito, ndr] (11);

che, in casi eccezionali, si applichi una forma adeguata e proporzionata di partecipazione del settore privato [alla ristrutturazione, ndr], ove il sostegno alla stabilità sia fornito in base a condizioni che assumono la forma di un programma di aggiustamento macroeconomico (12).

Nel concedere l’assistenza, sono valutate: l’estensione del rischio di stabilita’ finanziaria all’intera area dell’euro; la sostenibilita’ del debito (se opportuno, insieme al FMI); le esigenze finanziarie del paese richiedente assistenza. Se l’assistenza e’ approvata, la Commissione europea , con il FMI e la BCE, negozia col paese richiedente un Protocollo d’intesa (Memorandum of Understanding). La Commissione monitora il rispetto delle condizioni cui e’ subordinata l’assistenza, col FMI e la BCE (art 13).

L’assistenza puo’ prendere varie forme:

– puo’ essere “precauzionale”, oppure “precauzionale rafforzata”: entrambi accordate con linee di credito, e accompagnate da un Protocollo d’intesa (art 14).

I criteri (guidelines) per valutare tale assistenza sono, tra l’altro, che la situazione economica e finanziaria del paese richiedente sia fondamentalmente sana, che il debito pubblico sia sostenibile, che vi sia evidenza di un accesso agevole al mercato dei capitali, che la posizione verso l’estero del paese sia sostenibile, che siano assenti problemi del sistema bancario di carattere sistemico. Ove tali requisiti siano carenti, ma la situazione del paese risulti comunque sana, occorre passare a valutare l’assistenza “rafforzata”.

-L’assistenza puo’ concedersi anche allo scopo specifico di ricapitalizzare istituti finanziari, parimenti sulla base di un Protocollo d’intesa. (art 15).

-Se l’assistenza concessa prevede un programma di aggiustamento macroeconomico, essa e’ erogata in forma di prestito e formalizzata in un Protocollo d’intesa (art 16).

-L’assistenza puo’ anche esplicarsi con acquisti, da parte del MES, di titoli pubblici sul mercato primario o secondario, sulla base di un’ analisi della BCE, sempre attraverso un Protocollo d’intesa (artt 17 e 18).

 

 

Il potere decisorio e’ conferito al Consiglio dei governatori del MES, che sono i ministri finanziari dei paesi  dell’area.  Per le decisioni da prendere all’unanimita’, e’ sufficiente l’85 percento del totale del capitale, in caso di minaccia alla stabilita’ finanziaria dell’intera area (Germania, Francia e Italia, grazie alla loro quota, hanno potere di veto). Il fondo del Meccanismo ha un capitale di circa 700 mld, e una capacita’ di prestito di 500 mld (preambolo (6)). Il Meccanismo puo’ indebitarsi sui mercati finanziari (art 21).

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Il Trattato prevede, attualmente come “bozza”, severi criteri (draft guidelines) per la concessione delle linee “precauzionali”, adottabili solo dopo la ratifica del Trattato modificato: ad es, soglie di indebitamento, come un deficit pubblico del 3% e un rapporto debito/PIL del 60% o – se superiore – un percorso da seguire per ridurre il differenziale tra deficit attuale e il 60%; l’assenza di procedure di deficit eccessivo; un buon record di accesso ai mercati dei capitali; l’assenza di “vulnerabilita’” nel settore finanziario. Questi criteri dovrebbero essere inclusi, come allegato III, al Trattato.

E’ possibile che quelle cifre e condizioni siano attualmente solo in forma di bozza, al fine di tener conto dell’evoluzione dei negoziati in corso per la revisione del Patto di stabilita’ e crescita (come da contatti da me avuti col Segretariato del MES).

 

 

  1. L’economia politica dell’eurozona.

Il dibattito sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilita’ rinnova il quesito sul se la zona dell’euro continui a configurarsi come un’area di tassi di cambio fissi (ma irrevocabili), piuttosto che come una potenziale entita’ di natura politica, con un sistema fiscale centralizzato e come tale emittente, essa stessa, di titoli di debito sovrano.

Mentre un’entita’ politica unica comporta un’unica politica macroeconomica e trasferimenti in caso di squilibri economici tra le sue parti componenti (le sue “regioni”), una zona a tassi di cambio fissi richiede che i singoli paesi aderenti adottino politiche economiche coerenti col fine di mantenere la stabilita’ dei cambi, e che esista un meccanismo idoneo ad assicurare tale coerenza. Nella forma piu’ semplice, i paesi con deficit nei propri conti esteri devono adottare politiche fiscali e/o monetarie restrittive, mentre quelli in avanzo devono adottare politiche espansive, anche incoraggiando aumenti dei prezzi (politiche “simmetriche”).

Nel caso del gold standard – il caso di scuola dei tassi di cambio fissi – nell’assenza di un meccanismo idoneo ad assicurare politiche coerenti, e’ dubbio, secondo gli storici dell’economia, che quella coerenza sia stata rispettata mediante politiche monetarie simmetriche (essendo la politica fiscale preclusa dall’osservanza del pareggio di bilancio): il sistema ebbe invece una sorta di pregiudizio deflattivo (deflationary bias). La prima guerra mondiale mise in crisi il sistema, tentativi di restaurarlo dopo la guerra confermarono il pregiudizio deflattivo, e il gold standard crollo’ con la Grande Depressione, quando quel pregiudizio si confermo’ intollerabile.

Nel sistema di Bretton Woods, caratterizzato da cambi (quasi) fissi, Keynes aveva proposto un sistema in cui i paesi aderenti adottassero politiche “simmetriche”, e gli Accordi crearono il FMI e la possibilita’ dei suoi prestiti come meccanismo di aggiustamento di quelle politiche.

Il Fondo operò per facilitare l’aggiustamento dei paesi in deficit (il FMI avrebbe potuto accordare linee di credito a singoli paesi in caso di temporanei squilibri; variazioni di parità di cambio erano consentite in caso di “squilibrio fondamentale”). Tuttavia, non operò per esercitare pressioni di comportamento simmetrico sui paesi creditori. Il sistema di B.W. si rivelò malfunzionante quando il paese egemone, emittente moneta di riserva convertibile in oro – gli Stati Uniti – non conformandosi al criterio della simmetria, contribuì a generare in altri paesi deflazione non adottando politiche espansive quando in surplus, e inflazione non adottando politiche restrittive quando in deficit. L’assenza di simmetria fu una delle cause dell’inconvertibilita’ del dollaro e del crollo del sistema, nel 1971.

Nell’area dell’euro, la moneta e la politica monetaria sono uniche, ma diverse – nazionali – sono le politiche fiscali. Gli aggiustamenti operano sulle politiche fiscali – anziché’ sui cambi. Gli aggiustamenti comportano per i paesi con alto debito politiche deflattive: “svalutazioni interne”; ma, come nel gold standard o nel sistema di Bretton Woods, nessuna pressione esiste sul paese egemone – la Germania, nel nostro caso – per seguire politiche di bilancio espansive: assenza di requisiti di “rivalutazioni interne”. Ciò va a vantaggio della propria competitività esterna, la componente più dinamica della sua economia (di “Teutonic self-denial” parla Charles Goodhart).

Come nel gold standard o nel sistema di Bretton Woods il sistema dell’euro ignora dunque l’esigenza della simmetria. Il Meccanismo-MES opera per assistere, a condizioni che possono essere gravose, i paesi in deficit: e’ lo strumento per addossare l’aggiustamento sui paesi dell’area euro ad alto debito: una sorta di assicurazione a carico dei debitori affinché’ tale stabilità sia mantenuta.

Nella misura in cui la politica tedesca smentisca Goodhart, e l’area dell’euro si trasformi – sia pure attraverso piani di volta in volta approvati – in una zona fiscalmente consolidata (ne e’ esempio il PNRR), uno strumento come il MES perde importanza, e diversi commenti di economisti e di esponenti politici propendono per tale opinione (v. da ultimo l’articolo di Alessandro Penati su “Domani” del 21 gennaio). Alla fine, un “fondo monetario” in un’area fiscalmente unica non ha senso. Avrebbe semmai senso una “Cassa per il mezzogiorno europeo”. Se quella tendenza sia effettivamente in atto, o se il Teutonic self-denial sia destinato a continuare, e’ questione opinabile.